Salmo 32 - Davide e il peccato - Liberazione dal peccato

 

 

Il riferimento al contesto:

 

L'anno seguente, nella stagione in cui i re cominciano le guerre, Davide mandò Ioab con la sua gente e con tutto Israele a devastare il paese dei figli di Ammon e ad assediare Rabba; ma Davide rimase a Gerusalemme.

Una sera Davide, alzatosi dal suo letto, si mise a passeggiare sulla terrazza del palazzo reale; dalla terrazza vide una donna che faceva il bagno.

La donna era bellissima. 

Davide mandò a chiedere chi fosse la donna.

Gli dissero: «È Bat-Sceba, figlia di Eliam, moglie di Uria, l'Ittita». 

Davide mandò a prenderla; lei venne da lui ed egli si unì a lei, che si era purificata dalla sua impurità; poi lei tornò a casa sua. 

La donna rimase incinta e lo fece sapere a Davide dicendo: «Sono incinta».

Allora Davide fece dire a Ioab: «Mandami Uria, l'Ittita». Ioab mandò Uria da Davide. 

Quando Uria giunse da Davide, questi gli chiese come stavano Ioab e il popolo e come andava la guerra. 

Poi Davide disse a Uria: «Scendi a casa tua e lavati i piedi».

Uria uscì dal palazzo reale e gli furono mandate dietro delle vivande del re. 

Ma Uria dormì alla porta del palazzo del re con tutti i servi del suo signore, e non scese a casa sua. Ciò fu riferito a Davide.

Gli dissero: «Uria non è sceso a casa sua».

Allora Davide disse a Uria: «Tu hai fatto un lungo viaggio. Perché dunque non sei sceso a casa tua?» 

Uria rispose a Davide: «L'arca, Israele e Giuda stanno sotto le tende, Ioab mio signore e i suoi servi sono accampati in aperta campagna e io entrerei in casa mia per mangiare, bere e per coricarmi con mia moglie? Com'è vero che il SIGNORE vive e che anche tu vivi, io non farò questo!» 

Davide disse a Uria: «Trattieniti qui anche oggi, e domani ti lascerò partire».

Così Uria rimase a Gerusalemme quel giorno e il giorno seguente. 

Davide lo invitò a mangiare e a bere con sé; lo ubriacò, e la sera Uria uscì per andarsene a dormire sul suo lettuccio con i servi del suo signore, ma non scese a casa sua. 

La mattina seguente, Davide scrisse una lettera a Ioab e gliela mandò per mezzo d'Uria. Nella lettera aveva scritto così: «Mandate Uria al fronte, dove più infuria la battaglia; poi ritiratevi da lui, perché egli resti colpito e muoia». 

Ioab dunque, assediando la città, pose Uria nel luogo dove sapeva che il nemico aveva degli uomini valorosi. 

Gli uomini della città fecero una sortita e attaccarono Ioab; parecchi del popolo, della gente di Davide, caddero e perì anche Uria l'Ittita. 

Allora Ioab inviò un messaggero a Davide per fargli sapere tutte le cose che erano accadute nella battaglia e diede al messaggero quest'ordine: «Quando avrai finito di raccontare al re tutto quello che è successo nella battaglia, può darsi che il re vada in collera e ti dica: "Perché vi siete avvicinati così alla città per dare battaglia? Non sapevate che avrebbero tirato dalle mura? Chi fu che uccise Abimelec, figlio di Ierubbeset? Non fu una donna che gli gettò addosso un pezzo di macina dalle mura, in modo che morì a Tebes? Perché vi siete avvicinati così alle mura?"

Tu allora gli dirai: "Anche il tuo servo Uria, l'Ittita, è morto"».

Il messaggero partì e, giunto, riferì a Davide tutto quello che Ioab l'aveva incaricato di dire. 

Il messaggero disse a Davide: «I nemici avevano avuto del vantaggio su di noi, e avevano fatto una sortita contro di noi nella campagna; ma noi fummo loro addosso fino alla porta della città; allora gli arcieri tirarono sulla tua gente dalle mura e parecchi della gente del re perirono, e Uria, l'Ittita, tuo servo, perì anche lui». 

Allora Davide disse al messaggero: «Dirai così a Ioab: "Non affliggerti per ciò che è accaduto, perché la spada divora ora l'uno ora l'altro; rinforza l'attacco contro la città e distruggila". E tu fagli coraggio».

Quando la moglie di Uria udì che suo marito era morto, lo pianse. 

Dopo che ebbe finito i giorni del lutto, Davide la mandò a prendere in casa sua.

Lei divenne sua moglie e gli partorì un figlio.

Ma quello che Davide aveva fatto dispiacque al SIGNORE. 

Il SIGNORE mandò Natan da Davide e Natan andò da lui e gli disse: «C'erano due uomini nella stessa città; uno ricco e l'altro povero. Il ricco aveva pecore e buoi in grandissimo numero; ma il povero non aveva nulla, se non una piccola agnellina che egli aveva comprata e allevata; gli era cresciuta in casa insieme ai figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Essa era per lui come una figlia. Un giorno arrivò un viaggiatore a casa dell'uomo ricco. Questi, risparmiando le sue pecore e i suoi buoi, non ne prese per preparare un pasto al viaggiatore che era capitato da lui; prese invece l'agnellina dell'uomo povero e la cucinò per colui che gli era venuto in casa».

Davide si adirò moltissimo contro quell'uomo e disse a Natan: «Com'è vero che il SIGNORE vive, colui che ha fatto questo merita la morte; e pagherà quattro volte il valore dell'agnellina, per aver fatto una cosa simile e non aver avuto pietà».

Allora Natan disse a Davide: «Tu sei quell'uomo!

Così dice il SIGNORE, il Dio d'Israele: "Io ti ho unto re d'Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, ti ho dato la casa del tuo signore e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo signore; ti ho dato la casa d'Israele e di Giuda e, se questo era troppo poco, vi avrei aggiunto anche dell'altro. Perché dunque hai disprezzato la parola del SIGNORE, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai fatto uccidere Uria, l'Ittita, hai preso per te sua moglie e hai ucciso lui con la spada dei figli di Ammon. Ora dunque la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, perché tu mi hai disprezzato e hai preso per te la moglie di Uria, l'Ittita". 

Così dice il SIGNORE: "Ecco, io farò venire addosso a te delle sciagure dall'interno della tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro, che si unirà a loro alla luce di questo sole; poiché tu lo hai fatto in segreto; ma io farò questo davanti a tutto Israele e in faccia al sole"».

Allora Davide disse a Natan: «Ho peccato contro il SIGNORE».

Natan rispose a Davide: «Il SIGNORE ha perdonato il tuo peccato; tu non morrai. 

Tuttavia, siccome facendo così tu hai dato ai nemici del SIGNORE ampia occasione di bestemmiare, il figlio che ti è nato dovrà morire».

Natan tornò a casa sua.

Il SIGNORE colpì il bambino che la moglie di Uria aveva partorito a Davide, ed esso cadde gravemente ammalato. 

Davide quindi rivolse suppliche a Dio per il bambino e digiunò; poi venne e passò la notte disteso per terra. 

Gli anziani della sua casa insistettero presso di lui perché egli si alzasse da terra; ma egli non volle e rifiutò di prendere cibo con loro. 

Il settimo giorno il bambino morì; i servitori di Davide non osavano fargli sapere che il bambino era morto; perché dicevano: «Quando il bambino era ancora vivo, gli abbiamo parlato ed egli non ha dato ascolto alle nostre parole; come faremo ora a dirgli che il bambino è morto? Potrebbe commettere un gesto disperato». 

Ma Davide, vedendo che i suoi servitori bisbigliavano tra di loro, comprese che il bambino era morto e disse ai suoi servitori: «È morto il bambino?»

Quelli risposero: «È morto». 

Allora Davide si alzò da terra, si lavò, si unse e si cambiò le vesti; poi andò nella casa del SIGNORE e vi si prostrò; tornato a casa sua, chiese che gli portassero da mangiare e mangiò. 

I suoi servitori gli dissero: «Che cosa fai? Quando il bambino era ancora vivo digiunavi e piangevi; ora che è morto, ti alzi e mangi!» 

Egli rispose: «Quando il bambino era ancora vivo, digiunavo e piangevo, perché dicevo: Chissà che il SIGNORE non abbia pietà di me e il bambino non resti in vita? Ma ora che è morto, perché dovrei digiunare? Posso forse farlo ritornare? Io andrò da lui, ma egli non ritornerà da me!»

Poi Davide consolò Bat-Sceba sua moglie, entrò da lei e si unì a lei; lei partorì un figlio che chiamò Salomone. 

Il SIGNORE amò Salomone e mandò il profeta Natan che lo chiamò Iedidia, a motivo dell'amore che il SIGNORE gli portava.

(2 Samuele 11:1 / 12:25)

 

***

Il Salmo

 

Di Davide. Cantico.

Beato l'uomo a cui la trasgressione è perdonata, e il cui peccato è coperto!

Beato l'uomo a cui il SIGNORE non imputa l'iniquità e nel cui spirito non c'è inganno!

Finché ho taciuto, le mie ossa si consumavano tra i lamenti che facevo tutto il giorno.

Poiché giorno e notte la tua mano si appesantiva su di me, il mio vigore inaridiva come per arsura d'estate. [Pausa]

Davanti a te ho ammesso il mio peccato, non ho taciuto la mia iniquità.

Ho detto: «Confesserò le mie trasgressioni al SIGNORE», e tu hai perdonato l'iniquità del mio peccato. [Pausa]

Perciò ogni uomo pio t'invochi mentre puoi essere trovato; e qualora straripino le grandi acque, esse, per certo, non giungeranno fino a lui.

Tu sei il mio rifugio, tu mi proteggerai nelle avversità, tu mi circonderai di canti di liberazione. [Pausa]

Io ti istruirò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare; io ti consiglierò e avrò gli occhi su di te.

Non siate come il cavallo e come il mulo che non hanno intelletto, la cui bocca bisogna frenare con morso e con briglia, altrimenti non ti si avvicinano!

Molti dolori subirà l'empio; ma chi confida nel SIGNORE sarà circondato dalla sua grazia.
Rallegratevi nel SIGNORE ed esultate, o giusti!

Gioite, voi tutti che siete retti di cuore!

(Salmo 32)

 

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Di Davide. Cantico.

La vita è piena di problemi e dolori e questo c'era da aspettarselo, perché da quando Adamo ha scelto di non seguire Dio, tutto il creato è sotto la condanna; ricordiamo quello che Dio disse ad Adamo dopo che egli aveva scelto di peccare:

Poiché hai dato ascolto alla voce di tua moglie e hai mangiato del frutto dall'albero circa il quale io ti avevo ordinato di non mangiarne, il suolo sarà maledetto per causa tua; ne mangerai il frutto con affanno, tutti i giorni della tua vita.

Esso ti produrrà spine e rovi, e tu mangerai l'erba dei campi; mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai. (Genesi 3:17-19)

 

Il fatto che non siamo completamente distrutti è già una grazia di Dio; ricordiamoci di cosa dichiarò Geremia:

Ecco ciò che voglio richiamare alla mente, ciò che mi fa sperare: è una grazia del SIGNORE che non siamo stati completamente distrutti; le sue compassioni infatti non sono esaurite; si rinnovano ogni mattina. Grande è la tua fedeltà! (Lamentazioni 3:21-23)

 

Quindi la vita è piena di tanti problemi, a volte dolorosi, ma il nostro problema più grande, quello che in realtà ci pesa di più (anche se non sempre ce ne rendiamo conto) non è un problema di salute, né di difficoltà a lavoro o in casa, non è un problema di rapporti con altri, né un problema economico, né un problema per cui siamo trattati in modo ingiusto.

Il nostro Vero Problema è il nostro stato di peccato con Dio.

Questo enorme ed umanamente irrisolvibile problema, come una malattia sintomatica si manifesta con le varie “colpe”.

La differenza tra un figlio di Dio ed un incredulo è sostanzialmente quella che:

- il figlio di Dio è perdonato in Cristo, del proprio stato di peccato e trova redenzione (libertà dal suo stato) e perdono per le colpe che, nella sua debolezza carnale, commette e confessa a Dio.

- l’incredulo è sotto la condanna di Dio e non ha alcuna possibilità di redimersi in quanto completamente schiavo e schiavizzato dal potere che il suo stato di peccato esercita su di lui.

 

Ma se il figlio di Dio, che gode di questo rapporto con Dio, commette il peccato (fallisce lo scopo di essere portatore di benedizione e presta così le sue membra al peccato) e non confessa le sue colpe trova la sua vita cristiana pesante, ostacolata, infelice; di questo stato di “sofferenza” ci parla Davide in questo salmo che, come figli di Dio, faremmo bene a tenerne conto.

Davide, avendo fatta l’esperienza del perdono di Dio, con questo salmo vuole incoraggiare coloro che hanno timore di Dio, a cercarLo per ricercare il perdono che è nella Sua Bontà e nella Sua Grazia, il perdono che può ristabilire quella comunione che il peccato interrompe e la nostra resistenza al ravvedimento ostacola.

 

Possiamo dividere questo salmo in sette sezioni:

 

 - LA DICHIARAZIONE DI BEATITUDINE (Versi 1-2)

- GLI EFFETTI DEL PECCATO NON CONFESSATO (Versi 3-4)

- GLI EFFETTI DELLA CONFESSIONE DEL PECCATO (Verso 5)

- L’ASPETTO  DIDATTICO (Verso 6)

- IL RIFUGLIO DEL PECCATORE CHE HA CONFESSATO IL PECCATO (Verso 7)

 - L’ESORTAZIONE (Versi 8-10)

 - MOTIVI DI ESULTANZA DEI GIUSTI (Verso 11)

 

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LA DICHIARAZIONE DI BEATITUDINE

 

Beato l'uomo a cui la trasgressione è perdonata, e il cui peccato è coperto!

Beato l'uomo a cui il SIGNORE non imputa l'iniquità e nel cui spirito non c'è inganno!

Interessante questa espressione di Davide, non dice “beato l’uomo che è giusto, che non pecca”, questo sappiamo bene noi come lui che è letteralmente impossibile; egli dichiara “beato l'uomo a cui la trasgressione è perdonata, e il cui peccato è coperto”.

Beato l'uomo a cui il SIGNORE non imputa l'iniquità e nel cui spirito non c'è inganno.

Se è vero (come è vero) che tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio (cfr Romani 3:23), nessun uomo è beato!

Ma l’apostolo Paolo, nella sua lettera ai romani, cita proprio questa espressione di Davide nel suo mirabile discorso circa la giustificazione per Grazia di Dio per tutti gli uomini (giudei e gentili, cfr Romani 4:6-8).

E’ pertanto una iniziativa di Dio (come abbiamo visto nello studio del salmo 51, il perdonare la trasgressione (non addebitare il danno), il coprire il peccato (l’estinguere il debito), il non imputare coma capo d’accusa (rendere giusto) l’uomo colpevole nei Suoi confronti.

In pratica la beatitudine dell’uomo dipende da quattro “effetti” di cui:

- tre opere di Dio:

  1.  la trasgressione perdonata

  2.  il peccato coperto

  3. il SIGNORE che non imputa l'iniquità

 - una dipendente dall’uomo:

    1. uno spirito in cui non c'è inganno

 

Le prime tre condizioni non dipendono quindi dall’uomo, sono un atto unilaterale di Dio; è il Signore stesso che perdona la trasgressione, che copre il peccato, che non imputa l’iniquità.

L’uomo non è nelle condizioni di fare nulla di tutto questo, è in uno stato tale di peccato che non può nemmeno sognare di redimersi da solo, il suo debito verso Dio è incolmabile, non basterebbe tutta la ricchezza del mondo, non basterebbe la sua stessa vita:

Il riscatto dell'anima sua è troppo alto, e il denaro sarà sempre insufficiente, perché essa viva in eterno ed eviti di veder la tomba. (Salmo 49:8-9)

 

E questo è lo stato di tutti gli uomini, come scrive Paolo:

…infatti non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio… (Romani 3:22-23)

 

Per questo Gesù disse:

…come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna.   (Giovanni 3:14-15)

 

E Pietro ci dà conferma dell’esclusività di Gesù in questo senso:

In nessun altro è la salvezza; perché non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati. (Atti 4:12)

 

E’ quindi Dio che compie queste tre azioni che fanno dell’uomo peccatore un beato, a condizione che, da parte dell’uomo, non ci sia inganno!

L’unica cosa che viene richiesta all’uomo è quella di avere un cuore sincero, senza inganno, proprio come i piccoli fanciulli, come disse Gesù:

Lasciate che i bambini vengano da me; non glielo vietate, perché il regno di Dio è per chi assomiglia a loro. (Matteo 10:14)

 

Un piccolo bambino sa di non poter nascondere nulla ai suoi genitori, sa benissimo che essi sanno tutto, e prova una fiducia cieca per loro, non trama inganni nei loro confronti, questo cuore permette all’uomo di realizzare lo stato di beatitudine, altrimenti se si nasconde da Dio, se non si fida di Dio, se cerca di cancellare le prove del suo peccato o “svia le indagini”, nel suo spirito c’è l’inganno, e non gode della beatitudine, ed è travagliato dal suo peccato.

 

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GLI EFFETTI DEL PECCATO NON CONFESSATO

 

Finché ho taciuto, le mie ossa si consumavano tra i lamenti che facevo tutto il giorno.

Poiché giorno e notte la tua mano si appesantiva su di me, il mio vigore inaridiva come per arsura d'estate. [Pausa]

 

Il silenzio di colui che pur avendo timore di Dio non confessa le proprie colpe a Dio, intacca la sua giustizia (le sue ossa), che si consumano tra i suoi lamenti quotidiani, ripetuti, continui…

Non sappiamo molto del periodo di Davide intercorso tra il peccato di Uria e l’arriivo del profeta Natan: probabilmente la via vita nell’apparenza quotidiana sembrava scorrere bene, ma questa espressione di Davide ci parla di quello che era il suo vissuto reale.

Possiamo quindi considerare come anche la nostra vita, nonostante esteriormente “può andare bene”, finché abbiamo un peccato non confessato, non avremo la gioia di Dio, non avremo la Pace nel cuore, anzi, la mano di Dio peserà su di noi.

Perché la mano pura di Dio è contro tutti quelli che fanno il male, giustificati compresi.

Potremmo rimanere perplessi davanti a questa espressione ma se riflettiamo bene non è così fuori luogo.

Il fatto che il Signore ci ha riscattato non significa che possiamo fare tranquillamente il male e il Signore assiste inerme a tutto quello che combiniamo e la sua mano continua ad “accarezzarci”, anzi siamo sotto la Sua diretta disciplina!

Proviamo a leggere sotto questa luce cosa scriveva Paolo ai fratelli di Tessalonica:

Del resto, fratelli, avete imparato da noi il modo in cui dovete comportarvi e piacere a Dio ed è già così che vi comportate.

Vi preghiamo e vi esortiamo nel Signore Gesù a progredire sempre di più. 

Infatti sapete quali istruzioni vi abbiamo date nel nome del Signore Gesù. 

Perché questa è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che vi asteniate dalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia possedere il proprio corpo in santità e onore, senza abbandonarsi a passioni disordinate come fanno gli stranieri che non conoscono Dio; che nessuno opprima il fratello né lo sfrutti negli affari; perché il Signore è un vendicatore in tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e dichiarato prima. Infatti Dio ci ha chiamati non a impurità, ma a santificazione. 

Chi dunque disprezza questi precetti, non disprezza un uomo, ma quel Dio che vi fa anche dono del suo Santo Spirito. (1 Tessalonicesi 4:1-8)

 

Dobbiamo capire che finché abbiamo un peccato non confessato nel nostro cuore, non potremo godere della pienezza dello Spirito Santo, del frutto dello Spirito:

Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo… (Galati 5:22)

 

Finché abbiamo un peccato non confessato nella nostra vita, non avremo la vera gioia perché la mano di Dio si appesantisce su di noi per correggerci e spingerci a ravvedimento.

Di questa disciplina che il Signore esercita su tutti i Suoi figli, ne parla l’autore della lettera agli ebrei:

Voi non avete ancora resistito fino al sangue nella lotta contro il peccato, e avete dimenticato l'esortazione rivolta a voi come a figli: «Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d'animo quando sei da lui ripreso; perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli».

Sopportate queste cose per la vostra correzione.

Dio vi tratta come figli; infatti, qual è il figlio che il padre non corregga? Ma se siete esclusi da quella correzione di cui tutti hanno avuto la loro parte, allora siete bastardi e non figli. 

Inoltre abbiamo avuto per correttori i nostri padri secondo la carne e li abbiamo rispettati; non ci sottometteremo forse molto di più al Padre degli spiriti per avere la vita? 

Essi infatti ci correggevano per pochi giorni come sembrava loro opportuno; ma egli lo fa per il nostro bene, affinché siamo partecipi della sua santità. 

È vero che qualunque correzione sul momento non sembra recare gioia, ma tristezza; in seguito tuttavia produce un frutto di pace e di giustizia in coloro che sono stati addestrati per mezzo di essa. (Ebrei 12:4-11)

 

Purtroppo, a volte, anziché confessare il nostro peccato, cerchiamo di “stare meglio in qualche altro modo”, cerchiamo una soluzione che in realtà non è una soluzione.

Cerchiamo di stare meglio nel modo sbagliato, cerchiamo di stare bene senza veramente risolvere il vero problema del nostro peccato non confessato.

Possiamo considerare alcuni esempi di modi che usiamo per “cercare di stare meglio” quando il nostro cuore è abbattuto a causa di un peccato non confessato:

 

- il lamento ed il mormorio        

Quando le cose “vanno male” a causa di un nostro peccato non confessato, anziché riconoscere il peccato e confessarlo di cuore Dio, cominciamo a lamentarci e brontolare delle nostre difficoltà.

Ci lamentiamo delle nostre circostanze, di quanto la vita è pesante, di come gli altri ci trattano, di qualsiasi cosa che rende la vita difficile.

Ma se analizziamo obiettivamente questa attitudine peccaminosa, il nostro lamentarci è una forma di orgoglio, crediamo di meritare meglio.

Finché continuiamo a lamentarci, anziché confessare il nostro peccato, non conosceremo il perdono, e non conosceremo la pace e la gioia di Dio.

 

- l’autocommiserazione 

Facilmente, quando sentiamo la vita è pesante, ci vediamo come dei “poverini”, e ci focalizziamo su quanto la nostra situazione sia difficile, ci “piangiamo addosso” evidenziando tutto il nostro scoraggiamento, tutta la nostra incapacità di sopportazione.

Ma anche in questo caso, c'è un subdolo orgoglio, perché pensiamo di “meritare di più” e ci scoraggiamo perché non abbiamo quello che crediamo di meritare.

In qualche modo stiamo addebitando a Dio una colpa di incuranza nei nostri confronti anziché confessare il suo peccato a Dio.

 

- gli impegni e gli svaghi

C'è un altro modo in cui spesso reagiamo quando la vita è pesante a causa di peccati non confessati: cerchiamo di non pensarci, in tanti modi, moltiplichiamo gli impegni, e se non basta riempiamo il nostro tempo con gli svaghi, ogni cosa è buona per cercare di non pensarci.

Quando viviamo così, è come se stessimo correndo, per non dover pensare alla realtà della nostra situazione, corriamo, non volendo fermarci, perché non vogliamo pensare veramente alla nostra situazione; non vogliamo pensare al nostro peccato, non vogliamo pensare al fatto che non stiamo in stretta comunione con Dio… chiaramente, vivere così non risolve nulla.

Per quanto possiamo correre, e riempire la vita e la mente con tante impegni, e non pensare al nostro peccato, il nostro problema con Dio rimane.

Possiamo correre quanto vogliamo, ma questo non ci farà mai avere la pace e la gioia che il nostro cuore desidera, solo quando guarderemo in faccia la realtà della nostra colpa e la confesseremo a Dio, potremo conoscere il meraviglioso dono del perdono ed i suoi effetti.

 

Possiamo constatare come tutti questi tentativi di eliminare i sintomi del nostro problema, siano tutti “estranei alla persona di Dio”, non riusciamo a “guardarLo negli occhi” sapendo che il Suo sguardo ci metterebbe in estrema difficoltà e quindi concentriamo tutte le nostre attenzioni su noi stessi, illudendoci, ingannandoci, cercando di auto-convincerci che è meglio così!

Se la mano di Dio pesa su di noi, non importa quanto bene vadano le circostanze, non avremo pace nel cuore e il nostro vigore si inaridisce.

Un cuore sotto la pressione del peso della mano di Dio va in sofferenza e questa sofferenza coinvolge tutto il nostro corpo (solo negli ultimi anni anche la scienza sta scoprendo le cosiddette “malattie psicosomatiche”).

Ma il credente deve riconoscere che anche quando cade in una colpa, Dio non lo abbandona.

Notiamo che Davide dichiara Dio era all'opera in lui (con la Sua mano pesante), per spingerlo al ravvedimento.

Egli è all'opera in noi anche quando abbiamo un peccato non confessato, noi siamo testardi, pieni di orgoglio, ma Dio opera in noi rendendo la vita pesante, per farci tornare a Lui… beato l'uomo che torna presto a Dio!

 

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GLI EFFETTI DELLA CONFESSIONE DEL PECCATO

 

Davanti a te ho ammesso il mio peccato, non ho taciuto la mia iniquità.

Ho detto: «Confesserò le mie trasgressioni al SIGNORE», e tu hai perdonato l'iniquità del mio peccato. [Pausa]

 

Finalmente la soluzione:

Davanti a te ho ammesso il mio peccato, non ho taciuto la mia iniquità.

 

L’ammissione del peccato (del danno) si fa direttamente davanti al danneggiato, non davanti ad una terza persona e la dichiarazione di colpa si deve fare in modo palese, verbale (non ho taciuto).

Tutto questo l’uomo può farlo presentandosi davanti a Dio in preghiera, come ci insegna Gesù stesso:

Disse ancora questa parabola per certuni che erano persuasi di essere giusti e disprezzavano gli altri: «Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l'altro pubblicano. Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: "O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo". Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: "O Dio, abbi pietà di me, peccatore!" 

Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s'innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato». (Luca 18:9-14)

 

L’ammettere il proprio peccato non è un atto spontaneo dell’uomo naturale, è un atto volontario:

Ho detto: «Confesserò le mie trasgressioni al SIGNORE», e tu hai perdonato l'iniquità del mio peccato.

 

E Davide, che ha preso volontariamente questa decisione sotto il peso della mano di Dio, avendo visto gli effetti benefici del perdono ci incoraggia a trovare il nostro rifugio in Lui.

 

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L’ASPETTO DIDATTICO

 

Perciò ogni uomo pio t'invochi mentre puoi essere trovato; e qualora straripino le grandi acque, esse, per certo, non giungeranno fino a lui.

 

Come abbiamo già visto e come vedremo ancora, Davide di ogni sua esperienza ne trae un insegnamento, per se e per gli altri.

Per uomo pio non si intende l’uomo giusto (non ci sarebbe alcun pio), ma l’uomo che ha il timore di Dio, l’uomo (come Davide) che ha un cuore per Dio!

Davide quindi ci incoraggia, come uomini che hanno timore di Dio, a cercare Dio mentre può essere trovato, perché ci sarà un tempo quando questo non sarà più possibile, allora sarà inutile cercarLo.

L’uomo che è sotto la protezione di Dio non temerà le grandi acque che straripano (le calamità che colpiscono l’uomo in mano a satana), perché egli, sa per certo, che gode della Sua protezione.

Alla luce di questo verso possiamo comprendere meglio il caso disciplinare dello scandalo di Corinto:

Si ode addirittura affermare che v'è tra voi fornicazione; e tale fornicazione, che non si trova neppure fra i Gentili; al punto che uno di voi si tiene la moglie di suo padre.

E siete gonfi, e non avete invece fatto cordoglio perché colui che ha commesso quell'azione fosse tolto di mezzo a voi!

Quanto a me, assente di persona ma presente in spirito, ho già giudicato, come se fossi presente, colui che ha perpetrato un tale atto.

Nel nome del Signore Gesù, essendo insieme adunati voi e lo spirito mio, con la potestà del Signor nostro Gesù, ho deciso che quel tale sia dato in man di Satana, a perdizione della carne, onde lo spirito sia salvo nel giorno del Signor Gesù. (1 Corinzi 5:1-5)

 

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IL RIFUGLIO DEL PECCATORE CHE HA CONFESSATO IL PECCATO

 

Tu sei il mio rifugio, tu mi proteggerai nelle avversità, tu mi circonderai di canti di liberazione. [Pausa]

 

Basandosi sulla certezza della protezione che Dio dà a tutti coloro che sono stati perdonati, Davide loda il Signore con questa espressione di fede.

L’uomo che, nello stato di beatitudine che dà il perdono di Dio, gode della Sua protezione può avere la certezza di dire:

Tu sei il mio rifugio, tu mi proteggerai nelle avversità, tu mi circonderai di canti di liberazione.

Il Signore protegge i Suoi e questa protezione dà loro una altra occasione per lodarlo ed innalzare a Lui canti di liberazione!

 

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L’ESORTAZIONE

 

Io ti istruirò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare; io ti consiglierò e avrò gli occhi su di te.

Non siate come il cavallo e come il mulo che non hanno intelletto, la cui bocca bisogna frenare con morso e con briglia, altrimenti non ti si avvicinano!

Molti dolori subirà l'empio; ma chi confida nel SIGNORE sarà circondato dalla sua grazia.

 

Io ti istruirò e ti insegnerò la via per la quale devi camminare; io ti consiglierò e avrò gli occhi su di te…

 

Questa espressione sembra essere un intervento diretto di Dio in questo salmo, ma possiamo anche vedere come Davide stesso (diventato Scrittura) è un esempio per tutti coloro che leggono; essi troveranno in queste parole:

- istruzione (cfr. Romani 15:4)

- una via (un esempio, una strada già tracciata) dove camminare

- un consiglio, una luce 

- una protezione a vista (avrò gli occhi su di te)

 

Troviamo nel salmo 119 una espressione che sintetizza tutto questo:

La tua parola è una lampada al mio piede e una luce sul mio sentiero. (Salmo 119:15)

 

Lo scopo di questa disciplina del Signore è farci avvicinare a Lui (in quanto il nostro stato di colpa ci allontana da Lui e noi stessi tendiamo ad allontanarci per cercare di non vedere il nostro stato alla luce della Sua Santità) e per farci riflettere sulla nostra ostinatezza ci prende l’esempio di due animali, il cavallo ed il mulo, due animali a servizio dell’uomo che dovevano essere addestrati con durezza a causa della loro mancanza di intelletto, la cui bocca bisogna frenare con morso e con briglia.

Il Signore non vuole trattarci così, Egli ci vuole donare la Saggezza affinché impariamo noi stessi, per esperienza personale, a servire volontariamente il Signore e compiere la Volontà di Dio, per questo Paolo scrive:

Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale. 

Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà. (Romani 12:1-2)

 

Ma il primo passo per ottenere il perdono è riconoscere il nostro peccato come peccato. 

La tendenza naturale dell’uomo traviato davanti all’evidenza del suo peccato è infatti cercare di “alterare la verità”; possiamo vedere come nel suo processo diabolico di continue “mutazioni” l’uomo malvagio arriva ad approvare l’ingiustizia:

Essi, pur conoscendo che secondo i decreti di Dio quelli che fanno tali cose sono degni di morte, non soltanto le fanno, ma anche approvano chi le commette.  (Romani 1:32)

 

Questo è l’atteggiamento dell’uomo ignorante e instabile, come ci insegna Pietro:

Perciò, carissimi, aspettando queste cose, fate in modo di essere trovati da lui immacolati e irreprensibili nella pace; e considerate che la pazienza del nostro Signore è per la vostra salvezza, come anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; e questo egli fa in tutte le sue lettere, in cui tratta di questi argomenti.

In esse ci sono alcune cose difficili a capirsi, che gli uomini ignoranti e instabili travisano a loro perdizione come anche le altre Scritture. (2 Pietro 3:14-16)

 

E come ci avverte anche Paolo:

Noi siamo infatti davanti a Dio il profumo di Cristo fra quelli che sono sulla via della salvezza e fra quelli che sono sulla via della perdizione; per questi, un odore di morte, che conduce a morte; per quelli, un odore di vita, che conduce a vita. E chi è sufficiente a queste cose? 

Noi non siamo infatti come quei molti che falsificano la parola di Dio; ma parliamo mossi da sincerità, da parte di Dio, in presenza di Dio, in Cristo. (2 Corinzi 2:15-17)

 

Quando tendiamo a giustificare i nostri peccati, oppure, ammettiamo che abbiamo fatto qualcosa di sbagliato, ma ci scusiamo, come se fosse dovuto alle circostanze, e non al peccato nel nostro cuore, stiamo assomigliando all’uomo malvagio, ignorante, instabile e non mosso da sincerità (nel cui spirito c’è inganno) e quindi non godiamo della beatitudine (cfr verso 2).

Invece, Gesù dichiara che è proprio dal cuore dell’uomo che nasce il male, ciò che contamina l’uomo:

…ciò che esce dalla bocca viene dal cuore, ed è quello che contamina l'uomo.

Poiché dal cuore vengono pensieri malvagi, omicidi, adultèri, fornicazioni, furti, false testimonianze, diffamazioni. Queste sono le cose che contaminano l'uomo… (Matteo 15:18-20)

 

Quando noi cadiamo in una colpa, non è mai perché le circostanze ci hanno fatto peccare e il primo passo per ricevere il perdono è di riconoscere il nostro peccato come peccato, come il nostro peccato, come una offesa a Dio, alla Sua Santità… ma noi dobbiamo confessarlo, come ci insegna Giovanni:

Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità.  (1 Giovanni 1:9)

 

Anche perché questo peccato non confessato ci procura (come abbiamo visto) uno stato di disagio, di tristezza.

 

Esistono due tipi di tristezza per il peccato:

- la tristezza del mondo è quella tristezza dovuta al fatto che i nostri peccati ci portano problemi.

Un esempio della tristezza del mondo è quando uno parla male di se stesso dopo aver peccato.

Sicuramente ci è capitato di cadere in espressioni del tipo: “non valgo nulla”, oppure “sono un disastro”.

A prima vista, questo modo di parlare potrebbe sembrare una forma di umiltà, ma in realtà, è orgoglio.

Quando parliamo così stiamo in realtà dicendo che vogliamo “apparire bene” e la nostra tristezza è perché la nostra immagine è stata compromessa.

Non siamo tristi per il peccato, siamo tristi perché il nostro orgoglio è stato ferito.

Un altro esempio della tristezza del mondo è quando uno è triste per le brutte conseguenze che arrivano a causa del peccato (che ha sempre le sue conseguenze), ma quando siamo tristi per questo in realtà non siamo tristi perché abbiamo offeso Dio, ma solo a causa delle brutte conseguenze dovute al suo peccato.

 

- la tristezza secondo Dio è invece quella tristezza che proviene dal comprendere che abbiamo offeso Dio, e che il nostro peccato ci allontana da Dio.

 

Alla luce di queste considerazioni possiamo comprendere le parole di Paolo quando scrisse la sua seconda lettera ai corinzi, circa la tristezza che aveva prodotta in loro la sua prima lettera alquanto “dura”:

Anche se vi ho rattristati con la mia lettera, non me ne rincresce; e se pure ne ho provato rincrescimento (poiché vedo che quella lettera, quantunque per breve tempo, vi ha rattristati), ora mi rallegro, non perché siete stati rattristati, ma perché questa tristezza vi ha portati al ravvedimento; poiché siete stati rattristati secondo Dio, in modo che non aveste a ricevere alcun danno da noi.

Perché la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, del quale non c'è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo produce la morte.

Infatti, ecco quanta premura ha prodotto in voi questa vostra tristezza secondo Dio, anzi, quante scuse, quanto sdegno, quanto timore, quanto desiderio, quanto zelo, quale punizione! (2 Corinzi 7:8-11)

 

La tristezza del mondo porta alla morte, perché non produce vero ravvedimento.

La tristezza secondo Dio invece porta al ravvedimento, in quanto realizziamo di aver offeso Dio e il nostro peccato ha creato una barriera fra noi e Dio.

Questo deve essere il nostro peso davanti alle cadute!

La reazione fondamentale che dobbiamo avere per poter ricevere il perdono, è guardare a Cristo Gesù come Salvatore e fonte del perdono.

La salvezza è per fede in Cristo.

Dio ci offre perdono, perché Cristo ha pagato il prezzo del nostro peccato.

L'unico perdono che ci è possibile è il perdono per mezzo di Gesù Cristo.

 

Ricordiamoci dell’esempio di Israele nel deserto e di come Gesù applicò questo a se stesso:

Il popolo parlò contro Dio e contro Mosè, e disse: «Perché ci avete fatti salire fuori d'Egitto per farci morire in questo deserto? Poiché qui non c'è né pane né acqua, e siamo nauseati di questo cibo tanto leggero».

Allora il SIGNORE mandò tra il popolo dei serpenti velenosi i quali mordevano la gente, e gran numero d'Israeliti morirono.

Il popolo venne da Mosè e disse: «Abbiamo peccato, perché abbiamo parlato contro il SIGNORE e contro di te; prega il SIGNORE che allontani da noi questi serpenti».

E Mosè pregò per il popolo.

Il SIGNORE disse a Mosè: «Fòrgiati un serpente velenoso e mettilo sopra un'asta: chiunque sarà morso, se lo guarderà, resterà in vita».

Mosè allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra un'asta; e avveniva che, quando un serpente mordeva qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita. (Numeri 21:5-9)

 

…come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato, affinché chiunque crede in lui abbia vita eterna. (Giovanni 3:14-15)

 

Possiamo qui comprendere come quando uno riconosce che è nel peccato, colpevole davanti a Dio e guarda a Cristo come Colui che è morto sulla croce per pagare la sua condanna, umiliandosi davanti a Dio, Dio perdona quella persona, per i meriti di Gesù Cristo.

Il perdono arriva guardando a Cristo.

Bisogna guardare a Cristo come il Salvatore, l'unico Salvatore.

Bisogna guardare a Cristo come l’Avvocato e Sacerdote, Colui che sta alla destra di Dio, e si presenta per portare la nostra salvezza.

Guardare a Cristo è guardare a Cristo come Avvocato, Colui che ci ottiene il perdono dal Padre, in base al suo sacrificio:

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto.

Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo. (1 Giovanni 2:1-2)

 

Guardare a Cristo è guardare a Cristo come Sommo Sacerdote, Colui che presenta Se stesso al Padre per noi:

Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo.

Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato.

Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovare grazia ed essere soccorsi al momento opportuno. (Ebrei 4:14-16)

 

Quindi, per ricevere il prezioso dono del perdono, dobbiamo guardare a Cristo, fissare gli occhi su Lui, sperare in Lui.

Questa è la Via della salvezza.

Cristo, e solo Cristo, può salvarci. Senza di Lui, siamo senza speranza.

 

Dopo aver ascoltato tutto questo e fissato lo sguardo su Gesù Cristo, manca ancora una cosa, per potere avere la gioia che viene dal perdono.

Occorre un passo importante e fondamentale, ma che spesso manchiamo di fare.

La mancanza di questo passo lascia tanti credenti ancora con il cuore aggravato, anziché con la gioia del perdono, e la pace di Dio.

Che cos'è che manca, quando uno ha capito il proprio peccato, ha la tristezza secondo Dio, confessa il peccato e poi, guarda veramente a Gesù per il suo perdono?

Cosa potrebbe ancora mancare?

Per avere la gioia della salvezza, manca solo una cosa: credere e accettare il perdono.

Una leggerezza che commettiamo spesso per quanto riguarda il perdono è che non accettiamo il perdono che Dio ci dà in Cristo.

Per questo leggiamo attentamente cosa insegna Giovanni:

Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. (1 Giovanni 1:8)

 

Non dobbiamo dubitare di Dio.

Dobbiamo prendere Dio in parola, e credere che Dio ci ha perdonato.

A quel punto, è giusto ringraziare Dio per il Suo perdono che è un dono prezioso e immenso.

Il perdono non è qualcosa di visibile, ma non è per quello meno reale.

 

L’empio subirà molti dolori, questa è l’alternativa al ravvedimento ed alla conversione, colui che si oppone ostinatamente a rimanere nel peccato e quindi sotto la condanna di Dio subirà tutto il peso della mano di Dio, possiamo ricordare, per esempio, cosa succederà nel tino dell’Ira di Dio:

Dal libro di Isaia:

Chi è costui che giunge da Edom, da Bosra, vestito splendidamente?

Costui, magnificamente ammantato, che cammina fiero della grandezza della sua forza? «Sono io, che parlo con giustizia, che sono potente a salvare».

Perché questo rosso sul tuo mantello e perché le tue vesti sono come quelle di chi calca l'uva nel tino?

«Io sono stato solo a calcare l'uva nel tino, e nessun uomo di fra i popoli è stato con me; io li ho calcati nella mia ira, li ho calpestati nel mio furore; il loro sangue è spruzzato sulle mie vesti, ho macchiato tutti i miei abiti. Poiché il giorno della vendetta, che era nel mio cuore, e il mio anno di redenzione sono giunti. (Isaia 63:1-4)

 

Dal libro dell’Apocalisse:

L'angelo lanciò la sua falce sulla terra e vendemmiò la vigna della terra e gettò l'uva nel grande tino dell'ira di Dio. 

Il tino fu pigiato fuori della città e dal tino uscì tanto sangue che giungeva fino al morso dei cavalli, per una distesa di milleseicento stadi. (Apocalisse 14:19-20)

 

Dalla bocca gli usciva una spada affilata per colpire le nazioni; ed egli le governerà con una verga di ferro, e pigerà il tino del vino dell'ira ardente del Dio onnipotente. (Apocalisse 19:15)

 

Se la fine dell’empio è terribile (subirà molti dolori), il destino di chi confida nel Signore è uno stato di completa beatitudine, egli sarà circondato dalla Grazia del Signore, una Grazia che ci garantisce che la nostra trasgressione è perdonata, il nostro peccato è coperto e il Signore non ci porterà sul banco degli imputati (non imputa l’iniquità), questa è esattamente l’Opera che è venuto a compiere il Signore Gesù:

Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna. 

Infatti Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. 

Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.   (Giovanni 3:16-18)

 

E Paolo lo dichiara:

Ora però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata la giustizia di Dio, della quale danno testimonianza la legge e i profeti: vale a dire la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù Cristo, per tutti coloro che credono - infatti non c'è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio - ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù. 

Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza; e per dimostrare la sua giustizia nel tempo presente affinché egli sia giusto e giustifichi colui che ha fede in Gesù. (Romani 3:21-26)

 

Giustificati dunque per fede, abbiamo pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore, mediante il quale abbiamo anche avuto, per la fede, l'accesso a questa grazia nella quale stiamo fermi; e ci gloriamo nella speranza della gloria di Dio… (Romani 5:1-2)

 

Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù. (Romani 8:1)

 

L’uomo spirituale, creato ad immagine di Dio e rigenerato dallo Spirito Santo, non aspira a rimanere nel peccato, Paolo lo chiede espressamente:

Che diremo dunque? Rimarremo forse nel peccato affinché la grazia abbondi? 

No di certo! Noi che siamo morti al peccato, come vivremmo ancora in esso? (Romani 6:1-2)

 

Ma nel cammino cristiano capita di cadere, la nostra natura carnale (che non è stata rigenerata ma della quale dobbiamo imparare a spogliarci sempre più progressivamente) ci influenza ed è ancora soggetta all’influenza del peccato che facilmente ci avvolge nelle sue spire da serpente (cfr. Ebrei 12:1); ebbene quando questo capita dobbiamo ricordarci che se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità (1 Giovanni 1:9).

E ancora Giovanni ci conforta così:

Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; e se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. 

Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo. (1 Giovanni 2:1-2)

 

***

MOTIVI DI ESULTANZA DEI GIUSTI

 

Rallegratevi nel SIGNORE ed esultate, o giusti!

Gioite, voi tutti che siete retti di cuore!

 

La realizzazione del perdono di Dio è un motivo di enorme esultanza!

Colui che è perdonato è giusto, è retto di cuore!

Non possiamo fare altro che esultare e glorificare il nostro Dio!

Chi è partecipe della Grazia di Dio è dichiarato giusto, retto di cuore, e quindi destinatario di tutte le beatitudini che Dio riserva a coloro che sono così.

Questo è motivo di grande Allegrezza e Gioia, o come dice Pietro, di esultanza, che da vigore a tutto il nostro corpo ottenendo il fine della fede: la salvezza (la guarigione) delle anime:

Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una eredità incorruttibile, senza macchia e inalterabile.

Essa è conservata in cielo per voi, che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi.

Perciò voi esultate anche se ora, per breve tempo, è necessario che siate afflitti da svariate prove, affinché la vostra fede, che viene messa alla prova, che è ben più preziosa dell'oro che perisce, e tuttavia è provato con il fuoco, sia motivo di lode, di gloria e di onore al momento della manifestazione di Gesù Cristo. 

Benché non l'abbiate visto, voi lo amate; credendo in lui, benché ora non lo vediate, voi esultate di gioia ineffabile e gloriosa, ottenendo il fine della fede: la salvezza delle anime. (1 Pietro 1:3-9)

 

***

CONCLUSIONE

 

Il motivo per cui possiamo ricevere il perdono è che Dio è all'opera in noi, e noi siamo beati se confidiamo in Lui!

Il primo passo per ottenere il perdono è di riconoscere il nostro peccato come peccato. 

Per ricevere il perdono, dobbiamo riconoscere il nostro peccato, dobbiamo avere la tristezza secondo Dio, dobbiamo guardare a Cristo come nostro Salvatore, Avvocato e Sommo Sacerdote e dobbiamo credere nella fedeltà di Dio e nella Sua promessa.

 

Non dobbiamo poi dimenticarci di ringraziare del perdono ricevuto per certificarne la avvenuta realizzazione sia nei confronti della nostra coscienza e sia come testimonianza della Bontà di Dio!

 

Fino a che tacciamo, non confessiamo il nostro peccato, il nostro cuore è appesantito.

Quando finalmente confessiamo il nostro peccato, Dio lo perdona e da quel momento possiamo sperimentate la Gioia ed il Riposo nella protezione di Dio.

 

Lo spettacolare è che noi siamo abituati a pensare che tutto questo sia un qualcosa che ci pesa, che chissà a cosa rinunciamo, chissà quante possibilità di essere felici ci perdiamo (credendo alle menzogne di satana che fin dal principio ha insinuato questo pensieri nell’uomo – cfr Genesi 3:4-5); no! Non è così, quello che produce quest’atto di umiliazione davanti al Signore è uno stato di completa beatitudine.

 

Affidiamoci totalmente e senza riserve al Signore in questo cammino di fede, ascoltiamo la Sua Voce e fidiamoci di Lui che dice:

Cercate il SIGNORE, mentre lo si può trovare; invocatelo, mentre è vicino.

Lasci l'empio la sua via e l'uomo iniquo i suoi pensieri; si converta egli al SIGNORE che avrà pietà di lui, al nostro Dio che non si stanca di perdonare.

«Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie», dice il SIGNORE.

«Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri». (Isaia 55:6-9)

 

…Infatti io so i pensieri che medito per voi", dice il SIGNORE: pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza.  (Geremia 29:11)

 

  Gianni Marinuzzi