Un Vangelo che ci cambia

 

  

Noi che abbiamo creduto a Gesù Cristo, che l’abbiamo ricevuto, sappiamo che siamo diventati figli di Dio, Giovanni infatti ci dichiara che:

a tutti quelli che l'hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventare figli di Dio, a quelli cioè che credono nel suo nome, i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d'uomo, ma sono nati da Dio. (Giovanni 1:12-13)

 

In virtù di questa promessa, noi possiamo chiamare Dio, nostro Padre!

 

Ma cosa vuole dire, nella realtà avere Dio come nostro Padre?

Noi conosciamo cosa significhi essere un padre, nella nostra imperfezione, ma Dio lo è nella Perfezione!

Il padre non è semplicemente l’uomo che ha messo in cinta nostra madre, almeno non è questo il padre che Dio aveva in mente quando ha costituito il matrimonio, poi la realtà attuale degenerata a causa del peccato si configura oggi più o meno così, ma facciamo attenzione perché questo insano concetto (bene o male) è entrato nella mente di molti che dicono di riconoscere in Dio il loro Padre Celeste, un Padre che gli ha dato la Vita Eterna, ma la Salvezza (guarigione, perfezionamento) che ci ha portato il Padre celeste in Cristo Gesù è molto di più del mero concetto di Vita Eterna!

Il padre secondo il pensiero di Dio è colui che dà la vita, ma che si preoccupa della crescita dei propri figli fino a che siano giunti alla maturità, e questo è quello che Dio è per coloro che sono diventati i Suoi figli.

 

Quando Paolo scrive che il Vangelo è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede; del Giudeo prima e poi del Greco (Romani 1:16), ci sta dichiarando che il Vangelo è quella Buona Notizia potente per mezzo del quale Dio ci dona la Vita Eterna e ci assicura la Sua Paternità, sotto tutti gli aspetti: diritti di nascita, sana alimentazione, disciplina nelle nostre maleducazioni, cura dalle “malattie” che possono impedire una crescita sana, fino a che non giungiamo ad essere perfetti (cfr Matteo 5:48; Giovanni 17:23; Ebrei 12:23; Ebrei 13:21; Giacomo 1:4) e santi (cfr Efesini 1:4; Efesini 2:19; Efesini 3:18; Efesini 4:12; Colossesi 1:12; Colossesi 3:12; Ebrei 3:1; 1 Pietro 1:15-16) come Lui è Perfetto  e Santo!

A questo siamo stati predestinati:

Perché quelli che ha preconosciuti, li ha pure predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, affinché egli sia il primogenito tra molti fratelli; e quelli che ha predestinati li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati. (Romani 8:29-30)

 

E Dio ha provveduto (nella Chiesa) ogni mezzo per assisterci in questo processo di trasformazione:

È lui che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell'opera del ministero e dell'edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all'unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all'altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l'astuzia loro nelle arti seduttrici dell'errore; ma, seguendo la verità nell'amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo.  (Efesini 4:11-15)

 

E questa opera Paterna è garantita dalla fedeltà di Dio:

E ho questa fiducia: che colui che ha cominciato in voi un'opera buona, la condurrà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù (Filippesi 1:6)

 

A volte invece noi pensiamo che nella vita di un figlio di Dio nulla possa realmente cambiare, ci sono difetti, atteggiamenti, modi di pensare, che sono molto radicati ed a noi sembra che niente possa smoverli. Lo stesso è per le persone stesse e per il bagaglio che si portano dietro.

 

Oggi prenderemo come esempio due persone, una delle quali in particolare, per le cui caratteristiche gli apostoli avrebbero detto che sarebbe stato impossibile per lui entrare nel Regno dei cieli (essere salvato) (cfr Matteo 19:25), ed in effetti Gesù disse che:

Io vi dico in verità che difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.

E ripeto: è più facile per un cammello passare attraverso la cruna di un ago, che per un ricco entrare nel regno di Dio. (Matteo 19:23-24)

 

Ma disse anche:     

Agli uomini questo è impossibile; ma a Dio ogni cosa è possibile. (Matteo 19:26)

 

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Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, al caro Filemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo, nostro compagno d'armi, e alla chiesa che si riunisce in casa tua, grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.

Io ringrazio continuamente il mio Dio, ricordandomi di te nelle mie preghiere, perché sento parlare dell'amore e della fede che hai verso il Signore Gesù e verso tutti i santi.

Chiedo a lui che la fede che ci è comune diventi efficace nel farti riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere, alla gloria di Cristo.

Infatti ho provato una grande gioia e consolazione per il tuo amore, perché per opera tua, fratello, il cuore dei santi è stato confortato.

Perciò, pur avendo molta libertà in Cristo di comandarti quello che conviene fare, preferisco fare appello al tuo amore, semplicemente come Paolo, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù; ti prego per mio figlio che ho generato mentre ero in catene, per Onesimo, un tempo inutile a te, ma che ora è utile a te e a me.

Te lo rimando, lui, che amo come il mio cuore.

Avrei voluto tenerlo con me, perché in vece tua mi servisse nelle catene che porto a motivo del vangelo; ma non ho voluto fare nulla senza il tuo consenso, perché la tua buona azione non fosse forzata, ma volontaria.

Forse proprio per questo egli è stato lontano da te per un po' di tempo, perché tu lo riavessi per sempre; non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello caro specialmente a me, ma ora molto più a te, sia sul piano umano sia nel Signore!
Se dunque tu mi consideri in comunione con te, accoglilo come me stesso.

Se ti ha fatto qualche torto o ti deve qualcosa, addebitalo a me.

Io, Paolo, lo scrivo di mia propria mano: pagherò io; per non dirti che tu mi sei debitore perfino di te stesso.

Sì, fratello, io vorrei che tu mi fossi utile nel Signore; rasserena il mio cuore in Cristo.

Ti scrivo fiducioso nella tua ubbidienza, sapendo che farai anche più di quel che ti chiedo.

Al tempo stesso preparami un alloggio, perché spero, grazie alle vostre preghiere, di esservi restituito.

Epafra, mio compagno di prigionia in Cristo Gesù, ti saluta.

Così pure Marco,  Aristarco, Dema, Luca, miei collaboratori.

La grazia del Signore Gesù Cristo sia con il vostro spirito.

(Lettera di Paolo a Filemone)

 

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Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, al caro Filemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo, nostro compagno d'armi, e alla chiesa che si riunisce in casa tua, grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.

 

La lettera a Filemone (scritta da Paolo con l’aiuto di Timoteo è indirizzata anche alla sorella Apfia e ad Archippo), è una lettera scritta dall’apostolo Paolo nella sua prigionia (probabilmente a Roma), in seguito ai vari processi che aveva subito circa le false accuse mosse dai giudei che lo perseguitavano di città in città (proprio come faceva lui prima della sua conversione) e che lo avevano portato ad essere arrestato e custodito in carcere.

Filemone, nello specifico è un fratello (sicuramente ricco e benestante) che molto probabilmente ospita la chiesa di Colosse nei locali di casa sua ed Apfia è probabilmente sua moglie.

 

Paolo scrive a Filemone definendolo “nostro collaboratore” e ad Archippo (forse il figlio di Filemone ed Apfia) definendolo “nostro compagno d'armi”.

In queste prime parole della lettera abbiamo quindi “un prigioniero di guerra” (Paolo) che scrive ai suoi collaboratori e compagni d’armi che sono fuori dalla prigione ma chiamati a continuare a combattere la medesima guerra.

 

Ma di quale guerra si tratta?

Non si tratta sicuramente di una guerra per l’indipendenza politica, nemmeno per il riconoscimento di diritti umani, tantomeno una guerra contro altri uomini, Paolo è ben esercitato a combattere in questa guerra e ce lo insegna in molti punti dai quali possiamo imparare che:

 

- il nostro combattimento non è contro sangue e carne, ma è un combattimento spirituale:

Del resto, fortificatevi nel Signore e nella forza della sua potenza.

Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate stare saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti. (Efesini 6:10-12)

 

- il nostro combattimento non è con armi fisiche (carnali) ma con armi spirituali:

In realtà, sebbene viviamo nella carne, non combattiamo secondo la carne; infatti le armi della nostra guerra non sono carnali, ma hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze, poiché demoliamo i ragionamenti e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo (2 Corinzi 10:3-5)

 

Con questa immagine militare Paolo richiama l’attenzione sul combattimento che i cristiani del primo secolo stavano affrontando per proclamare la buona notizia di Gesù Cristo in un mondo che li disprezzava e li perseguitava fino al punto di metterli in prigione (proprio come Paolo in quel momento) o ucciderli.

In questo combattimento, Paolo ci fa capire che tutti i cristiani sono in qualche modo coinvolti, quali collaboratori, quali soldati armati che fronteggiano “corpo a corpo” il nemico sulla linea di battaglia.

Ed è strano, visto il tenore della lettera (chiedere il perdono verso un servo ribelle che ora si era convertito al Signore), che Paolo introduce questa epistola con un richiamo alla guerra spirituale, forse anche il perdono rientra in questa lotta!

Infatti Paolo sta per chiedere a Filemone un passo decisivo in questa guerra spirituale, perdonare ed accogliere Onesimo come un fratello in Cristo, riconoscere che la conversione al Vangelo di Cristo può cambiare le persone.

Se consideriamo che:

- probabilmente Onesimo era uno schiavo dello stesso Filemone (ed in senso esteso anche di Apfia ed Archippo);

- prima di convertirsi attraverso la testimonianza di Paolo, Onesimo era fuggito dal suo padrone in qualche momento imprecisato del passato creando sicuramente un danno sotto tanti punti di vista a Filemone (consideriamo che la schiavitù era assolutamente normale e il perdono verso uno schiavo che era fuggito era assolutamente fuori luogo);

 

…ci rendiamo conto che la richiesta di Paolo era molto difficile da recepire per Filemone che si sarebbe trovato a fare una scelta che avrebbe destato clamore nella società in cui viveva e, probabilmente anche parecchie critiche, pensiamo all’influenza che un simile precedente avrebbe potuto avere sui futuri rapporti tra padroni e schiavi della città di Colosse.

Il fatto che Paolo inizi questa lettera con il richiamo alle funzioni di collaboratori e compagni d’armi è quindi essenziale per comprendere questa lettera, Filemone:

- condivideva e collaborava allo stesso progetto;

- aveva la stessa visione del mondo e gli stessi obiettivi;

 

Paolo sta qui chiedendo a Filemone di sconfiggere i ragionamenti e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo.

E Paolo confida nel fatto che il suo collaboratore non lo deluderà, ma sorprenderà le linee nemiche con un attacco a sorpresa, mostrando in maniera pratica la trasformazione che l’evangelo è in grado di operare nel cuore dell’uomo, portandolo addirittura ad accogliere uno schiavo come un fratello in Cristo e perdonargli persino un’offesa che i più consideravano degna di morte.

 

Siamo chiamati a combattere la malvagità con gesti come questi… con armi di questo tipo!

 

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Io ringrazio continuamente il mio Dio, ricordandomi di te nelle mie preghiere, perché sento parlare dell'amore e della fede che hai verso il Signore Gesù e verso tutti i santi.

Chiedo a lui che la fede che ci è comune diventi efficace nel farti riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere, alla gloria di Cristo.

Infatti ho provato una grande gioia e consolazione per il tuo amore, perché per opera tua, fratello, il cuore dei santi è stato confortato.

 

Il ricordo di Filemone, collaboratore del progetto divino, è un ricordo continuo nelle preghiere di Paolo.

Le nostre preghiere sono spesso molto egoistiche, incentrate su noi stessi, sui nostri problemi, su ciò di cui abbiamo bisogno.

A volte ci comportiamo come se tutto dipendesse da noi, come se il progetto divino dovessimo svolgerlo tutto noi o quelli che fisicamente gravitano intorno a noi, che visione limitata, siamo così concentrati su noi stessi da non accorgerci di come Dio sta operando intorno a noi, anche attraverso gli altri.

Un aspetto importante della preghiera, spesso trascurato, è proprio il ringraziamento verso il Signore per le cose positive che Dio sta facendo attraverso gli altri, saper gioire per ciò che gli altri stanno facendo di buono con l’aiuto di Dio.

 

In questi versi Paolo dichiara proprio di provare una grande gioia e consolazione perché sentiva parlare dell’amore e della fede di Filemone.

Filemone stava mostrando la sua fede nel modo in cui agiva con amore nel proprio servizio, mettendosi a disposizione degli altri ed essendo quindi di conforto agli altri.  

La gioia di Paolo era talmente grande che egli non poteva fare a meno di ringraziare Dio continuamente per Filemone e per la sua collaborazione al progetto divino.

 

Ma ora Paolo chiede a Filemone di fare qualcosa che richiedeva davvero un amore straordinario, Paolo sapeva che Filemone era proprio la persona giusta a cui fare questa richiesta perché aveva già mostrato di avere un grande amore che lo portava a servire gli altri!

L’amore che Filemone stava mostrando costituisce

proprio la base sulla quale Paolo costruirà il resto della lettera.

 

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Perciò, pur avendo molta libertà in Cristo di comandarti quello che conviene fare, preferisco fare appello al tuo amore, semplicemente come Paolo, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù; ti prego per mio figlio che ho generato mentre ero in catene, per Onesimo, un tempo inutile a te, ma che ora è utile a te e a me.

Te lo rimando, lui, che amo come il mio cuore.

Avrei voluto tenerlo con me, perché in vece tua mi servisse nelle catene che porto a motivo del vangelo; ma non ho voluto fare nulla senza il tuo consenso, perché la tua buona azione non fosse forzata, ma volontaria.

 

Paolo fa appello all’amore di Filemone, un amore già manifestato e che è l’oggetto della gioia, della consolazione e dei ringraziamenti dell’apostolo.

Ora Paolo chiede a Filemone di esercitare la Fede nella potenza del Vangelo, affinché la fede che ci è comune diventi efficace nel farti riconoscere tutto il bene che noi possiamo compiere, alla gloria di Cristo.

 

La fede va dimostrata!

Così diventa efficace, altrimenti è per se stessa morta (cfr Giacomo 2:14-26).

 

Filemone era un buon collaboratore di Paolo, aveva già dimostrato grande amore per Dio e per il prossimo nel suo servizio, ora Paolo gli sta proponendo una sfida che avrebbe permesso a Filemone di mostrare il suo amore in maniera ancora più evidente esercitando la fede nella potenza di Dio!

Paolo vede Filemone come un atleta già forte nella sua specialità, ma ora chiamato a battere il proprio record personale... lo esorta, lo incita, fratello sali ancora un gradino, cresci, perfezionati!

In cosa consisteva questa sfida? Filemone avrebbe dovuto accogliere l’ultima persona che avrebbe voluto ritrovarsi davanti: Onesimo.

 

Onesimo era molto probabilmente uno schiavo, scappato qualche tempo prima da Filemone, e che si era successivamente convertito attraverso la testimonianza di Paolo mentre quest’ultimo si trovava in carcere.

Onesimo da “ονινημι” significa utile.

Paolo usa questo gioco di parole sul significato di questo fratello per esprimere la sua stessa funzione spirituale, egli era stato un servo inutile (aveva peccato, mancato la sua vocazione), ma ora in Cristo e per la Sua potenza era stato rigenerato, reso degno del nome che portava, ora Onesimo può veramente essere utile al Vangelo!

Paolo avrebbe voluto tenere con sé questo figlio spirituale utile, perché Onesimo poteva rendergli un servizio utile mentre lui continuava ad essere in carcere, ma non volle farlo senza il permesso di Filemone, per questo motivo lo rimanda dal suo legittimo padrone, probabilmente con questa lettera in mano.

Ora Filemone avrebbe dovuto accogliere e perdonare quell’uomo che aveva tradito la sua fiducia, Paolo gli stava chiedendo tra le righe non solo di accoglierlo come un fratello in Cristo, ma anche di lasciarlo ritornare da lui, lasciandolo, di fatto, andare libero, invece di punirlo (come avrebbe fatto qualunque altro padrone del suo tempo), donargli la libertà!

 

Filemone aveva mostrato amore verso molte persone, facendo del bene a tanti ma (per una serie di coincidenze guidate da Dio), sarebbe stato in Onesimo che la sua fede si sarebbe mostrata in tutta la sua efficacia, facendogli riconoscere tutto il bene che poteva compiere per onorare Cristo.

Con l’aiuto di Dio, avrebbe scoperto che poteva fare molto di più di quanto avesse mai immaginato!

 

Quando si parla di esercitare la fede e l’amore fraterno, non bisogna “comandare”, e Paolo per primo non esercita la sua autorità apostolica, Paolo confida nel fatto che Filemone, collaboratore dello stesso progetto divino, avrebbe compreso da solo quale era la cosa giusta da fare, per il vangelo Paolo era finito in prigione, il suo collaboratore Filemone per il medesimo vangelo non avrebbe liberato Onesimo?

 

Pensiamo forse di aver già imparato molto sull’amore?

Pensiamo di aver già fatto molto di più di quanto altri avrebbero fatto?

Il Signore prima o poi ci metterà davanti proprio l’ultima persona che vorremmo amare, proprio il nostro “Onesimo”.


Cosa faremo?

Come reagiremo alla sfida?

Fin dove siamo disposti ad arrivare nel fare il bene?

Risponderemo: “chiedimi tutto ma non questo”?

Riverseremo su “Onesimo” tutto il nostro rancore per le cose passate…

…o lo lasceremo andare libero diventando così anche noi “utili” alla causa del Vangelo?

Fin dove siamo disposti a credere nella Potenza di Dio?

Ricordiamoci che l’Amore crede ogni cosa! (cfr 1 Corinzi 13:7)

 

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Avrei voluto tenerlo con me, perché in vece tua mi servisse nelle catene che porto a motivo del vangelo; ma non ho voluto fare nulla senza il tuo consenso, perché la tua buona azione non fosse forzata, ma volontaria.

Forse proprio per questo egli è stato lontano da te per un po' di tempo, perché tu lo riavessi per sempre; non più come schiavo, ma molto più che schiavo, come un fratello caro specialmente a me, ma ora molto più a te, sia sul piano umano sia nel Signore!
Se dunque tu mi consideri in comunione con te, accoglilo come me stesso.

Se ti ha fatto qualche torto o ti deve qualcosa, addebitalo a me.

Io, Paolo, lo scrivo di mia propria mano: pagherò io; per non dirti che tu mi sei debitore perfino di te stesso.

Sì, fratello, io vorrei che tu mi fossi utile nel Signore; rasserena il mio cuore in Cristo.

Ti scrivo fiducioso nella tua ubbidienza, sapendo che farai anche più di quel che ti chiedo.

 

1)    BISOGNA SAPER RISOLVERE LE PROPRIE PENDENZE

 

La parte del debitore

Onesimo aveva certamente un problema in sospeso, un debito verso Filemone, che anche dopo la sua conversione non lo lasciava tranquillo

 

Onesimo nella sua fuga da Filemone aveva sicuramente portato del danno, probabilmente un furto, la legge prevedeva punizioni severe ed esemplari.

 

Onesimo, dopo essere fuggito, era andato dall’apostolo Paolo, mentre quest’ultimo era in carcere, probabilmente i due si conoscevano già in precedenza visto che Paolo aveva frequentato la casa di Filemone ed è quindi possibile che Onesimo sia andato da Paolo proprio per questo motivo, per cercare aiuto e consiglio dopo essersi reso conto del suo errore, non possiamo saperlo con certezza, ma tra Paolo e Onesimo (che si era convertito al Vangelo) si era  creato un legame molto forte, come tra un padre e un figlio.

 

Perché Paolo vuole che Onesimo risolva la sua situazione debitoria verso Filemone?

 Perché rinuncia a tenere con sé Onesimo, nonostante la sua autorità apostolica?

 

Paolo sa vedere al di là della opportunità del momento, egli sa che quei conti in sospeso sarebbero sempre stati un problema per Onesimo, un ostacolo per la sua crescita spirituale.

Dopo la sua conversione, Onesimo aveva già dato prova della sua fede servendo Paolo, ma Paolo gli sta offrendo la possibilità di liberarsi dai propri sensi di colpa una volta per tutte in modo da poter essere veramente libero.

 

Questa per Onesimo sarebbe stata una grande opportunità di crescita.

 

C’era un conto aperto nella vita di Onesimo, per poter crescere nella fede, era necessario che fosse saldato.

Onesimo doveva assumersi la responsabilità del suo gesto, tornando da Filemone e mettendosi a disposizione di quest’ultimo, pronto a pagare i propri debiti, e non era cosa facile…

…chi poteva garantirgli che il suo padrone non lo avrebbe punito come meritava? 

…chi poteva garantirgli che non avrebbe perso nuovamente la propria libertà?

 

Questa lettera é giunta fino a noi a testimonianza del fatto che Onesimo accettò la sfida che gli era stata proposta, costretto dalla sua nuova fede in Cristo.

 

Onesimo era pronto a rinunciare alla sua vita…

Onesimo era pronto a rinunciare alla libertà…

…pur di essere approvato da Cristo!

 

2)    BISOGNA SAPER RISOLVERE LE PROPRIE PENDENZE

 

La parte del creditore

Tutti noi abbiamo fatto l’esperienza di esserci lasciati in malo modo con qualcuno, magari dopo un litigio, un torto ricevuto, un affronto…, e poi non lo abbiamo più incontrato per tanto tempo, conserviamo probabilmente un pessimo ricordo di quella persona!

Mettiamoci per un attimo nei panni di Filemone, egli era stato probabilmente molto deluso da Onesimo nel passato... Filemone avrebbe avuto tutte le ragioni “carnali” per non perdonarlo, per fargli pagare il torto ricevuto fino all’ultimo centesimo... avrebbe potuto ucciderlo!

 

Paolo dice che Onesimo era cambiato per la potenza del Vangelo

…”il lupo perde il pelo ma non il vizio” avremmo magari detto noi…

…ma anche Filemone è consapevole del cambiamento che il Vangelo ha prodotto in sè

…come Filemone era cambiato a suo tempo, anche Onesimo non era più lo stesso. 

 

Siamo consci che il Vangelo ha prodotto in noi una completo cambiamento?

Siamo pronti a credere che anche nel cuore degli altri possa avvenire questo?

 

Pensiamo a persone che non vediamo da molto tempo e, con le quali, magari non ci siamo lasciati bene.

Pensiamo a qualcuno che ci abbia fatto un torto e poi sia sparito.

Immaginiamo di ritrovarceli un giorno davanti alla nostra porta, disposti ad essere riconciliati con noi. Come reagiremmo?

Forse come Onesimo, sono cambiati davvero, probabilmente potrebbe venirci il dubbio che non sia cambiato niente e potremmo aver paura di dargli fiducia un’altra volta.

Purtroppo a volte potrebbe davvero essere così e potremmo essere nuovamente delusi, ma ricordiamoci che, come Cristo è in grado di cambiare la nostra vita, è perfettamente in grado di trasformare la vita di coloro che ci hanno offeso.

 

Chi siamo noi per non dare loro un’altra possibilità?

 

Certo dobbiamo essere prudenti nel valutare se c’è stato un vero cambiamento oggi, ma certamente non possiamo limitarci a giudicarlo solo per quello che è stato ieri.

 

Ricordiamoci che, per la grazia di Dio, come noi possiamo cambiare…

…anche gli altri cambiano.

 

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CONCLUSIONE

 

L’Opera del Padre non è quindi “semplicemente” donarci la Vita, ma con Essa donarci la Salvezza (guarigione, perfezionamento).

 

Il Vangelo non è una teoria, è una Potenza rigeneratrice che ci cambia!

 

Questa lettera ci mostra come le nuove energie che Cristo ha create nella “nuova creazione” siano reali e come tali devono essere credute e vissute.

 

Ma credere alla potenza del Vangelo è un combattimento contro i nostri pensieri carnali, incapaci di cambiare ed incapaci di credere nel cambiamento dei nostri simili.

 

La nostra crescita spirituale non è mai sufficiente in questo mondo, noi possiamo servire la Chiesa, proprio come Filemone, con generosità, attitudine, fedeltà, ma il Signore ci metterà davanti altre sfide, più difficili per poter salire ancora un altro gradino, Onesimo, Filemone doveva crescere nell’Amore credendo ogni cosa rispetto alla potenza di Dio!

 

Nello stesso tempo dobbiamo riconoscere che non potremo crescere sani nella nostra fede se non risolviamo i nostri debiti, Onesimo è stato capace di tornare sui suoi passi, era rischioso, molto rischioso, ma lo ha fatto come atto di obbedienza al Vangelo.

 

Non sappiamo con certezza come è finita la storia, la tradizione dice che Filemone perdonò Onesimo e lo rimandò a Paolo come uomo libero, impariamo a vivere così il Vangelo!

 

Sappiamo che sia Filemone che Onesimo hanno dovuto affrontare una bella sfida contro se stessi, contro i propri pensieri carnali, hanno dovuto distruggere le fortezze, demolire i loro ragionamenti e tutto ciò che (in loro) si elevava orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo(cfr 2 Corinzi 10:3-5)

 

…hanno imparato che l’Amore crede ogni cosa! (cfr 1 Corinzi 13:7)

 

E NOI?

Gianni Marinuzzi