“Sfòrzati di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato,
un operaio che non abbia di che vergognarsi, che tagli rettamente la parola
della verità.”
(2 Timoteo 2:15)
Le due lettere di Paolo a Timoteo e la lettera a Tito, sono lettere molto
intime e rivelano l’affetto fraterno vivo che Paolo nutriva per questi suoi
due figli spirituali, ai quali egli intende lasciare ( in quanto dichiara di
essere pienamente consapevole della sua partenza imminente ) il suo
testamento spirituale.
In queste lettere possiamo quindi trovare veramente gli insegnamenti
fondamentali che Paolo voleva rimanessero bene impressi nella vita dei suoi
“eredi”.
Possiamo quindi fare nostri, nel modo più completo questi insegnamenti, in
quanto ispirati dallo Spirito Santo e trasmessi da un apostolo di Cristo
nella sua piena maturità, dopo aver sviluppato una completa esperienza umana
e spirituale, dopo aver vissuto esperienze storico-culturali impensabili,
anche ai giorni nostri.
Consideriamo che Paolo, nella sua vita si è confrontato direttamente con
quelle scuole di pensiero che ancora oggi si studiano nelle facoltà
umanistiche odierne e ne è uscito con una piena convinzione della
superiorità indiscussa del Vangelo e della Sapienza di Cristo rispetto alle
altre culture e filosofie di vita.
Nella sua testimonianza resa davanti al re Agrippa, raccontò della sua
educazione giovanile ricevuta secondo i più rigidi precetti dei farisei, la
parte più influente del suo popolo, inoltre si confrontò con la filosofia e
la cultura greca e ne usci, perfettamente ed ancora più convinto di quanto
fosse potente la predicazione del Vangelo di Cristo.
In tutto il suo percorso Paolo, subì gli attacchi feroci di chi non
approvava la sua missione, di chi voleva denigrare ed annichilirlo
spiritualmente esprimendogli la sua disapprovazione perché l’apostolo
insegnava e predicava un Vangelo di ravvedimento, conversione e
santificazione per mezzo ed in funzione di Gesù Cristo uomo, figlio di Dio
offerto come riscatto per tutti gli uomini.
Scrivendo ai fratelli della Galazia, che stavano vacillando davanti
alla predicazione di un Vangelo “diverso” che riportava il popolo di Dio
verso l’osservanza delle leggi ebraiche ai fini del raggiungimento della
“perfezione”, Paolo dichiarò:
“Vado
forse cercando il favore degli uomini, o quello di Dio?
Oppure cerco
di piacere agli uomini? Se
cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servo di Cristo.”
(Galati 1:10)
Scrivendo ai fratelli della chiesa di
Tessalonica, che invece
tolleravano all’interno della Chiesa un disordine ed un lassismo non degno
della Chiesa di Dio, disse:
“Voi stessi,
fratelli, sapete che la nostra venuta tra voi non è stata vana; anzi, dopo
aver prima sofferto e subìto oltraggi, come sapete, a Filippi, trovammo il
coraggio nel nostro Dio, per annunciarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte
lotte.
Perché la nostra predicazione non
proviene da finzione, né da motivi impuri, né è fatta con inganno; ma come
siamo stati approvati da Dio che ci ha stimati tali da poterci affidare il
vangelo, parliamo in modo da piacere non agli uomini, ma a Dio che prova i
nostri cuori.
Difatti, non abbiamo mai usato un
parlare lusinghevole, come ben sapete, né pretesti ispirati da
cupidigia; Dio ne è testimone.
E non abbiamo cercato gloria dagli
uomini, né da voi, né da altri, sebbene, come apostoli di Cristo,
avessimo potuto far valere la nostra autorità; invece, siamo stati mansueti
in mezzo a voi, come una nutrice che cura teneramente i suoi bambini.
Così, nel nostro grande affetto per voi, eravamo disposti a darvi non
soltanto il vangelo di Dio, ma anche le nostre proprie vite, tanto ci
eravate diventati cari.
Perché, fratelli, voi ricordate la nostra fatica e la nostra pena; infatti è
lavorando notte e giorno per non essere di peso a nessuno di voi, che vi
abbiamo predicato il vangelo di Dio.
Voi siete testimoni, e Dio lo è pure, del modo santo, giusto e
irreprensibile con cui ci siamo comportati verso di voi che credete; sapete
pure che, come fa un padre con i suoi figli,
abbiamo esortato, confortato e
scongiurato ciascuno di voi a comportarsi in modo degno di Dio, che vi
chiama al suo regno e alla sua gloria.”
(1 Tessalonicesi 2:1-12)
“Del resto, fratelli,
avete imparato da noi il modo in cui
dovete comportarvi e piacere a Dio ed è già così che vi comportate. Vi
preghiamo e vi esortiamo nel Signore Gesù a progredire sempre di più.”
(1 Tessalonicesi 4:1)
Paolo era quindi ben consapevole dell’importanza di rimanere fedele
all’insegnamento ed al mandato conferitogli e rivelatogli da Dio stesso,
senza temere la disapprovazione degli uomini, anzi davanti a tale incarico
ricevuto da Dio egli disse:
“Vi dichiaro, fratelli, che il vangelo da me annunciato non è opera d'uomo;
perché io stesso non l'ho ricevuto né l'ho imparato da un uomo, ma l'ho
ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo.
Infatti voi avete udito quale sia stata la mia condotta nel passato,
quand'ero nel giudaismo; come perseguitavo a oltranza la chiesa di Dio, e la
devastavo; e mi distinguevo nel giudaismo più di molti coetanei tra i miei
connazionali, perché ero estremamente zelante nelle tradizioni dei miei
padri.
Ma Dio che m'aveva prescelto fin dal seno di mia madre e mi ha chiamato
mediante la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché
io lo annunciassi fra gli stranieri.
Allora io non
mi consigliai con nessun uomo, né salii a Gerusalemme da quelli che erano
stati apostoli prima di me, ma me ne andai subito in Arabia; quindi
ritornai a Damasco.”
(Galati 1:11-17)
Addirittura Paolo sta dicendo che davanti alla sua esplicita chiamata da
Dio, non ha ritenuto utile nemmeno confrontarsi con i suoi fratelli più
maturi, per ricevere la loro approvazione.
Attenzione, qui Paolo non sta disprezzando l’autorità spirituale che egli
riconosceva negli altri apostoli, ma che davanti al mandato di Dio, non
abbiamo bisogno di sentirci approvati da altri uomini.
Possiamo fare un esempio semplice, noi tutti sappiamo che è nostro dovere
testimoniare della nostra fede, difatti sta scritto:
“Siate
sempre pronti a render conto della speranza che è in voi a tutti quelli che
vi chiedono spiegazioni.”
(1 Pietro 3:15 )
Davanti ad un insegnamento così chiaro, lapidario ed universale, abbiamo
ancora bisogno di ricevere l’approvazione degli uomini?
E se riteniamo di averne bisogno… …chiediamoci perchè!
Probabilmente scopriremo nel nostro intimo che stiamo cercando una
vanagloria che in qualche modo soddisfi il nostro orgoglio, la nostra
autostima.
L’approvazione di Dio non ci basta?
Anche Pietro e Giovanni si trovarono in una situazione difficile.
All’inizio della loro predicazione si dovettero subito scontrare con le
autorità religiose di allora, che imponevano loro il divieto di parlare ed
insegnare nel nome del Signore Gesù, davanti a questo divieto, loro
risposero:
“Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio.
Quanto a noi, non possiamo non parlare delle cose che abbiamo viste e
udite.”
(Atti 4:19-20)
Torniamo ora al passo che Paolo scrisse a Timoteo per cercare di
comprenderne, se possibile, il più intimo significato:
“Sfòrzati
di presentare te stesso davanti a
Dio come un uomo approvato, un operaio che non abbia di che vergognarsi,
che tagli rettamente la parola della verità.”
(2 Timoteo 2:15)
Notiamo subito questo ordine preciso: sforzati!
Evidentemente questo atteggiamento non ci è naturale, occorre impegno e
determinazione.
Presentarci davanti a Dio come uomini approvati richiede evidentemente uno
sforzo! Ci è sicuramente più naturale presentarci davanti agli uomini come
uomini approvati, ci dà una soddisfazione più materiale, più “presente”, più
familiare ai nostri istinti naturali… …ma non dura… …non vale… …non merita!
E’ sicuramente un’opera che nel
giorno del giudizio sarà arsa e noi ne avremmo il danno! (cfr 1 Corinzi
3:12-15)
Lo sforzo di Timoteo è finalizzato a presentare
davanti a Dio se stesso.
I nostri sforzi non fanno cambiare necessariamente gli altri, siamo
chiamati tutti a fare questo sforzo individualmente.
Certo la nostra condotta potrà essere un esempio, ma non possiamo pretendere
o pensare di riuscire, con il nostro sforzo a presentare altri… …solo Gesù
Cristo può fare questo, mediante la Sua Opera Egli presenta davanti a Dio
i riscattati, ma questa è una Sua prerogativa, non pretendiamo di farla
nostra!
Ne rimarremo sicuramente delusi e molto probabilmente non avremmo
l’approvazione di Dio!
Facciamo quindi attenzione anche ad identificarci e riposarci nello sforzo
di altri fratelli, ricordiamoci che
nel giorno del giudizio sarà valutata l’opera di ciascuno individualmente!
(cfr 1 Corinzi 3:12-15)
“Sfòrzati
di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato,
un operaio che non abbia di che
vergognarsi, che tagli rettamente la parola della verità.”
(2 Timoteo 2:15)
Paolo parla di “operaio”, non parla di “imprenditore”.
L’operaio non dispone dei capitali, della potenzialità di poter condurre
l’azienda, altrimenti non sarebbe l’operaio.
L’operaio è colui che ha il compito di collaborare al compimento dell’opera
secondo il disegno di Colui che ha concepito l’opera, ne ha stabilito le
modalità di esecuzione per poterla ultimare nel modo che ha ritenuto più
utile.
Spesso l’operaio non ha neanche la visione completa dell’opera, conosce
solamente la mansione che deve compiere.
L’operaio non conoscendo profondamente il progetto, le modalità costruttive
complete e la finalità dell’opera, si guarderà quindi bene dal pensare di
modificare le sue mansioni, se non avvita i bulloni giusti ma compie
operazioni non richieste provocherà un danno, intralcerà il processo
produttivo.
Un operaio che non si attiene alle sue mansioni, ai suoi orari a quello che
gli è chiesto di compiere, è un operaio che ha di che vergognarsi!
Paolo parla dei “cattivi operai”:
“Del
resto, fratelli miei, rallegratevi nel Signore.
Io non mi stanco di scrivervi le
stesse cose, e ciò è garanzia di sicurezza per voi.
Guardatevi
dai cani, guardatevi dai cattivi
operai, guardatevi da quelli che si fanno mutilare; perché i veri
circoncisi siamo noi, che offriamo il nostro culto per mezzo dello Spirito
di Dio, che ci vantiamo in Cristo Gesù, e non mettiamo la nostra fiducia
nella carne; benché io avessi motivo di confidarmi anche nella carne.”
(Filippesi
3:1-2)
Abbiamo nella Parola diversi esempi di
cattivi operai:
«Udite un'altra parabola: C'era un padrone di casa, il quale piantò una
vigna, le fece attorno una siepe, vi scavò una buca per pigiare l'uva e vi
costruì una torre; poi l'affittò a dei vignaiuoli e se ne andò in viaggio.
Quando fu vicina la stagione dei frutti, mandò i suoi servi dai
vignaiuoli per ricevere i frutti della vigna. Ma i vignaiuoli presero i
servi e ne picchiarono uno, ne uccisero un altro e un altro lo lapidarono.
Da capo mandò degli altri servi, in numero maggiore dei primi; ma quelli li
trattarono allo stesso modo.
Finalmente, mandò loro suo figlio, dicendo: "Avranno rispetto per mio
figlio". Ma i vignaiuoli, veduto il figlio, dissero tra di loro: "Costui è
l'erede; venite, uccidiamolo, e facciamo nostra la sua eredità". Lo presero,
lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.
Quando verrà il padrone della vigna, che farà a quei vignaiuoli?» Essi gli
risposero: «Li farà perire malamente, quei malvagi, e affiderà la vigna ad
altri vignaiuoli i quali gliene renderanno il frutto a suo tempo».
Gesù disse loro: «Non avete mai letto nelle Scritture:
"La pietra che i
costruttori hanno rifiutata è diventata pietra angolare; ciò è stato fatto
dal Signore, ed è cosa meravigliosa agli occhi nostri"?
Perciò vi dico che il regno di Dio vi sarà tolto, e
sarà dato a gente che ne faccia i frutti. Chi cadrà su questa pietra sarà
sfracellato; ed essa stritolerà colui sul quale cadrà». I capi dei sacerdoti
e i farisei, udite le sue parabole, capirono che parlava di loro; e
cercavano di prenderlo, ma ebbero paura della folla, che lo riteneva un
profeta.”
(Matteo 21:33-46)
I cattivi operai descritti in questa parabola sono coloro che aspirano a
usurpare a impadronirsi, a sfruttare… …non a compiere il loro lavoro
fedelmente a presentarsi davanti al loro signore senza vergognarsi!
«Poiché avverrà come a un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i
suoi servi e affidò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro
due e a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità; e partì.
Subito, colui che aveva ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e
ne guadagnò altri cinque. Allo stesso modo, quello dei due talenti ne
guadagnò altri due. Ma colui che ne aveva ricevuto uno, andò a fare una buca
in terra e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo, il padrone di quei servi ritornò a fare i conti con loro.
Colui che aveva ricevuto i cinque talenti venne e presentò altri cinque
talenti, dicendo: "Signore, tu mi affidasti cinque talenti: ecco, ne ho
guadagnati altri cinque".
Il suo padrone gli disse: "Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele
in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo
Signore".
Poi, si presentò anche quello dei due talenti e disse: "Signore, tu mi
affidasti due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri due".
Il suo padrone gli disse: "Va bene, servo buono e fedele, sei stato fedele
in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo
Signore".
Poi si avvicinò anche quello che aveva ricevuto un talento solo, e disse:
"Signore, io sapevo che tu sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato
e raccogli dove non hai sparso; ho avuto paura e sono andato a nascondere il
tuo talento sotto terra; eccoti il tuo".
Il suo padrone gli rispose: "Servo malvagio e fannullone, tu sapevi che io
mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; dovevi dunque
portare il mio denaro dai banchieri; al mio ritorno avrei ritirato il mio
con l'interesse.
Toglietegli dunque il talento e datelo a colui che ha i dieci talenti.
Poiché a chiunque ha, sarà dato ed egli sovrabbonderà;
ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha. E quel servo inutile,
gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor dei denti".
(Matteo 25:14-30)
Il cattivo operaio della parabola dei talenti è colui
che vede nel Signore un uomo duro, ingiusto, un signore del quale avere
paura… …una paura che lo rende codardo fino al punto di non partecipare al
processo produttivo… …e
di vergognarsi!
Mentre camminavano per la via, qualcuno gli disse: «Io ti seguirò dovunque
andrai». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno delle tane e gli uccelli del
cielo dei nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». A un
altro disse: «Seguimi». Ed egli rispose: «Permettimi di andare prima a
seppellire mio padre». Ma Gesù gli disse: «Lascia che i morti seppelliscano
i loro morti; ma tu va' ad annunciare il regno di Dio». Un altro ancora gli
disse: «Ti seguirò, Signore, ma lasciami prima salutare quelli di casa mia».
Ma Gesù gli disse: «Nessuno che abbia messo la mano all'aratro e poi volga
lo sguardo indietro, è adatto per il regno di Dio».
(Luca 9:57-62)
Gesù porta questi tre esempi di “cattivi operai”, che non sentono l’urgenza
e la priorità del servizio del Signore. Hanno il desiderio… …ma prima c’è
altro!
Per questo Paolo, sempre scrivendo a Timoteo lo esorta dicendo:
“Uno che va
alla guerra non s'immischia in faccende della vita civile, se vuol piacere a
colui che lo ha arruolato.”
(2 Timoteo 2:4)
Ricordiamoci di quello che scrisse il profeta Geremia:
“Maledetto
colui che fa l'opera del SIGNORE fiaccamente,
maledetto colui che trattiene la spada dallo spargere il sangue!”
(Geremia 48:10)
L’apostolo Giovanni,
parlando degli uomini animati dallo spirito dell’anticristo che si annidano
per un certo tempo nella Chiesa di Dio esorta i Figli di Dio in
questo modo:
“E ora, figlioli, rimanete in lui
affinché, quand'egli apparirà, possiamo aver fiducia e
alla sua venuta non siamo costretti
a ritirarci da lui, coperti di vergogna.”
(1 Giovanni 2:28)
“Sfòrzati
di presentare te stesso davanti a Dio come un uomo approvato, un operaio che
non abbia di che vergognarsi, che
tagli rettamente la parola della verità.”
(2 Timoteo 2:15)
Questa è la responsabilità affidata agli operai del Signore, distribuire la
Parola della Verità, in modo fedele.
L’operaio non è quindi responsabile della Parola, né è in suo potere la
completa comprensione del progetto dell’opera. Egli è responsabile di
trasmetterla fedelmente.
Paolo scrisse difatti:
“Del
resto, quel che si richiede agli
amministratori è che ciascuno sia trovato fedele.”
(1 Corinzi 4:2)
Il nostro impegno sia quindi quello di attenerci scrupolosamente a quanto ci
è stato chiesto, non aggiungendo nulla né togliendo nulla sapendo:
Che abbiamo un Signore che conosce
a fondo l’intero disegno benevolo che egli ha concepito dentro di sé;
Che Egli porterà a compimento l’opera
come Egli vuole;
Che abbiamo la Sua totale approvazione
circa il nostro operato se svolto in modo fedele;
Che una volta ultimata l’opera vedremo finalmente realizzato l’intero
progetto
che un operaio non è in grado di comprendere (chi avvita il bullone che
regge un singolo pezzo del motore di una splendida auto da corsa, non
conosce tutta la complessità della vettura, ma una volta ultimata potrà
vantarsi di aver contribuito anche lui alla vittoria del gran premio!)
Ringraziamo quindi il Signore di averci ritenuti degni di poter in qualche
modo partecipare al compimento della Sua splendida Opera e sfòrziamoci
di presentare noi stessi singolarmente davanti a Dio come degli uomini e
donne approvate, degli operai che non abbiano di che vergognarsi, che
taglino rettamente la parola della verità.