Di chi è l’immagine?

 

Si misero a osservare Gesù e gli mandarono delle spie che fingessero di essere giusti per coglierlo in fallo su una sua parola e consegnarlo, così, all'autorità e al potere del governatore.

 Costoro gli fecero una domanda: «Maestro, noi sappiamo che tu parli e insegni rettamente, e non hai riguardi personali, ma insegni la via di Dio secondo verità: ci è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?»

 Ma egli, accortosi del loro tranello, disse: «Mostratemi un denaro; di chi porta l'effigie e l'iscrizione?»

 Ed essi dissero: «Di Cesare».

 Ed egli a loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio».

 Essi non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo; e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

( Luca 20:20-26 )

  

Si misero a osservare Gesù e gli mandarono delle spie che fingessero di essere giusti

per coglierlo in fallo su una sua parola e consegnarlo, così, all'autorità e al potere del governatore.

Costoro gli fecero una domanda: «Maestro, noi sappiamo che tu parli e insegni rettamente,

e non hai riguardi personali, ma insegni la via di Dio secondo verità:

ci è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?»

 

Gesù era circondato da persone o gruppi di persone che gli ponevano delle domande.

Alcuni le facevano in buona fede, con la sincera intenzione di avere risposte per la loro vita.

Altri, invece, miravano a mettere Gesù alla prova o, come dice il nostro testo, per coglierlo in fallo.

Luca, nel passo citato più sopra, li chiama "insidiatori che simulassero di essere giusti".

Marco ce ne dà piena conferma, ricordando il tenore del loro linguaggio quando si accostarono a Gesù.

Costoro si avvicinano a Gesù con un parlare rispettoso e lusinghiero.

Molti si avvicinavano a Gesù con questo modo, Gesù incuteva sicuramente rispetto e timore, egli aveva sicuramente tutte le caratteristiche perfette dell’uomo secondo il pensiero di Dio.

Egli applicava alla lettera gli insegnamenti di Suo Padre:

Figlio mio, sta' attento alle mie parole, inclina l'orecchio ai miei detti; non si allontanino mai dai tuoi occhi, conservali in fondo al cuore; poiché sono vita per quelli che li trovano, salute per tutto il loro corpo.

Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa, poiché da esso provengono le sorgenti della vita.

Rimuovi da te la perversità della bocca, allontana da te la falsità delle labbra.

I tuoi occhi guardino bene in faccia, le tue palpebre si dirigano dritto davanti a te.

Appiana il sentiero dei tuoi piedi, tutte le tue vie siano ben preparate.

Non girare né a destra né a sinistra, ritira il tuo piede dal male.

( Proverbi 4:20-27 )

 

È egli lecito di dare il censo a Cesare, o no? Glielo dobbiamo noi dare, o no?

È una domanda provocatoria, perché tutti sapevano che era dovere d'ogni cittadino pagare il tributo [kenson, dal latino census, una tassa annuale pro-capite ] all'imperatore romano.

Era chiamata capitazione, il tributum capitis, che si applicava a tutti, senza distinzione d'età o di condizione di salute.

La riscossione di dazi, gabelle, tributi, era effettuata con metodi feroci.

I funzionari del fisco andavano dappertutto e controllavano i campi, contavano alberi da frutto, vigne, capi di bestiame, registravano il numero delle persone, padri, madri, figli, servi (Lattanzio ne fa una descrizione nella sua opera De mortibus persecutorum 23,1 ss.)

E il censimento di Augusto (Luca 2,1) serviva per avere un capillare controllo anche ai fini fiscali.

I Giudei lo definivano "il dissanguamento del paese".

La domanda è provocatoria anche per il momento e il luogo in cui viene rivolta a Gesù.

Il luogo è nella città di Gerusalemme, davanti al tempio, durante la festa della Pasqua, in un'atmosfera di rievocazione della libertà del popolo, che è aspirazione alla libertà, alla rivolta.

La domanda è sottile e volutamente tendenziosa.

Se Gesù risponderà affermativamente, passerà per un vile collaborazionista dei Romani, per traditore del popolo e della Torà; se risponderà negativamente, lo denunzieranno come ribelle alle leggi, come sobillatore del popolo contro il potere romano.

L'evangelista Luca afferma, infatti, che volevano "coglierlo in fallo su una sua parola" (20,20).

Il "si" o il "no" gli sarebbe stato fatale.

Il regnante imperatore (A. D. 14-37) era Tiberio, figliastro e successore di Augusto, il quale aveva adottato il titolo di Cesare qual distintivo dei fregiati della porpora imperiale.

Gli assalitori formularono la loro domanda con la categorica brevità di un sì o no, esigeva una risposta breve ed esplicita, senza qualificazioni o spiegazioni.

 

Ma egli, accortosi del loro tranello, disse: «Mostratemi un denaro; di chi porta l'effigie e l'iscrizione?» Ed essi dissero: «Di Cesare».

 

Ciascuno dei sinottici usa una parola diversa per esprimere quel che Gesù ebbe a discernere nei cuori dei suoi assalitori.

L'epiteto usato da Marco, ipocrisia, è il più mite; l'astuzia di Luca aggiunge più fosca tinta al loro carattere; mentre la malizia di Matteo, l'odio mortale che nutrivano nei loro cuori contro di Cristo, ne completa il tetro ritratto.

Marco riporta: Perché mi tentate?

Matteo aggiunge: "O ipocriti".

Con la sua risposta il Signore mostrò loro immediatamente ch'Egli sapeva benissimo che quella domanda era soltanto un pretesto per tendergli un tranello.

Le parole: "Perché mi tentate?" sono un'intimazione della futilità completa di qualunque tentativo di tal genere.

“portatemi un denaro, ch'io lo veda.”

Gesù non chiese di vedere la moneta, come s'ei non l'avesse, mai avuta in mano prima; ma perché sapeva che quando la moneta fosse lì visibile a tutti, la risposta che Egli stava per dare sarebbe senza replica.

“Ed essi glielo portarono.   Ed egli disse loro: Di chi è questa figura, e questa soprascritta? Ed essi gli dissero: Di Cesare.”

 

Era un dogma rabbinico notissimo che colui che coniava la moneta d'un paese ne era il dominatore.

Gesù chiede di visionare una moneta, un denaro, per osservarne l'effigie (eikon, immagine] e l'iscrizione.

Su una faccia della moneta c'è l'effigie di Tiberio Cesare (regnante dal 14 al 37 d.C.], raffigurato con una corona d'alloro sulla testa, segno della dignità divina, e l'iscrizione "Tiberius Caesar Augustus, figlio del divino Augusto".

Sull'altra faccia c'è la scritta Pontefix Maximus, Pontefice Massimo, che è l'esaltazione del culto dell'imperatore e della sua divinizzazione.

 

Ed egli a loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio».

Essi non poterono coglierlo in fallo davanti al popolo; e, meravigliati della sua risposta, tacquero.

 

Se Gesù avesse risposto di no alla loro domanda, i mandanti del tranello avrebbero potuto denunciarlo a Pilato in quanto ribelle contro Cesare.

Se avesse risposto di , i mandanti del tranello avrebbero potuto denunciarlo al popolo quale traditore verso la legge e la libertà giudaica.

Gesù, ripieno dello Spirito Santo, non solo da una risposta che gli evita qualsiasi tipo di accusa, ma lascia a loro un insegnamento che rimarrà impresso nella storia e nelle coscienze di tutta l’umanità!

Gesù risponde ad una domanda provocatoria con una risposta dolce, assennata e altrettanto provocatoria ma tesa a risvegliare le coscienze.

Alla loro ipocrisia, malizia, astuzia, risponde con la realtà della loro immagine falsificata dal peccato, dominata da un valore marchiato da un dominio che non doveva essere su di loro, erano loro che dovevano avere dominio ( erano ad immagine di Dio ) ed ora dovevano pagare un tributo ad un altro dominatore ed erano soggetti alla sua moneta.

Il Comando di rendere a Cesare "le cose" che appartengono a Cesare, dichiarava non solamente esser lecito ai Giudei il pagare il testatico, che, dalla costituzione dell'impero romano, ora imposto ad ogni cittadino, ma indicava inoltre manifestamente esservi altri doveri (come per esempio l'ubbidienza alla legge civile, la difesa dell'ordine e della moralità, in una parola tutte le obbligazioni del cittadino di uno stato), i quali essi erano pure tenuti di rendere a Cesare, siccome cose che gli appartenevano.

 

“e a Dio le cose di Dio.”

"le cose di Dio", nella bocca del Salvatore, significano di più che non semplicemente il tributo;

esse includono il cuore con le sue affezioni, la coscienza, la volontà, l'influenza, le ricchezze degli individui, in una parola la consacrazione a Dio di tutto intero l'uomo, del corpo non meno che dello spirito.

Per molto tempo questa frase è entrata nel gergo popolare e erroneamente citata con "Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio".

 

Ma cosa intendeva dire esattamente Gesù?

Innanzi tutto Gesù non dice “Date” ma “Rendete”, l’uomo, l’immagine di Dio va resa a Dio.

La parola chiave per comprendere il senso della risposta di Gesù è effigie o immagine.

E immagine è il termine chiave anche nel racconto della creazione: "Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio" (Genesi 1,27).

 

Se l'immagine di Cesare è incisa sulla moneta, ciò significa che la moneta appartiene a Cesare.

E l'iscrizione che divinizza l'imperatore è blasfema, perché un uomo non può farsi adorare come Dio.

Gesù conosceva bene la Torà e tutta la Scrittura è un divieto a farsi immagini o sculture (Esodo 20,4; Deuteronomio 4, 16.23.25; 5,8) che materializzano ciò che è spirituale.

Dunque, quella moneta bisogna restituirgliela per vari motivi.

Ma l'affermazione di Gesù è la premessa per qualcosa di più grande e più profondo, perché l'insegnamento che intende dare ai presenti e a tutti noi è che l'essere umano, in cui c'è l'immagine di Dio, deve essere restituito a Dio.

In effetti, l'uomo appartiene a Dio, perché Dio ha creato l'uomo.

Il nostro intero essere è di Dio, Dio ha creato l’uomo a Sua immagine e somiglianza, l’uomo Gli è debitore della sia vita, del suo corpo del suo essere.

Nell’uomo è impressa l’immagine di Dio!

Ma chi vive con la consapevolezza di questa appartenenza a Dio?

Ognuno di noi può esaminare se stesso per capire a quale Cesare sta obbedendo, a cominciare dal nostro "io".

 

Questi Cesari tentano di coniarci e plasmarci a loro immagine e somiglianza con strategie, schemi, tempi e modi che appartengono ad un mondo che ha rimosso Dio dal proprio campo d'azione.

La conseguenza è una vita senza riferimenti e nella piena libertà di fare ciò che si vuole, senza comprendere ciò che è bene e ciò che è male, o addirittura chiamando bene il male, come ai tempi del profeta Isaia, che disse: "Guai a quelli che chiamano bene il male, e male il bene, che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre, che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro!" (Isaia 5:20).

La conseguenza è che la nostra fede è sempre in tensione, sempre messa alla prova, perché si muove tra la chiamata a vivere nella gioia dell'ubbidienza al Signore e l'attrazione esercitata dal potere di seduzione che altri esercitano su di noi, distraendoci dal compito che ci è stato assegnato.

Dunque, Gesù attribuisce grande importanza alla seconda parte della sua risposta: "…rendete a Dio quel che è di Dio".

Dunque, Gesù ci richiama ad una scelta radicale nella nostra vita dettata dalla consapevolezza di appartenere a qualcuno.

La nostra umanità porta in sé i segni della debolezza e del peccato, ma Gesù con il Suo dono della Nuova Vita in Lui desidera da noi un impegno a precise scelte di campo per vivere come figli di Dio, che gli appartengono per sempre, perché acquistati col suo prezioso sangue, versato alla croce.

Le esortazioni degli apostoli sono molte:

Non v'illudete; né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio.

E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e mediante lo Spirito del nostro Dio.

Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è utile.

Ogni cosa mi è lecita, ma io non mi lascerò dominare da nulla.

Le vivande sono per il ventre, e il ventre è per le vivande; ma Dio distruggerà queste e quello.

Il corpo però non è per la fornicazione, ma è per il Signore, e il Signore è per il corpo; Dio, come ha risuscitato il Signore, così risusciterà anche noi mediante la sua potenza.

Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?

Prenderò dunque le membra di Cristo per farne membra di una prostituta? No di certo!

Non sapete che chi si unisce alla prostituta è un corpo solo con lei? «Poiché», Dio dice, «i due diventeranno una sola carne».

Ma chi si unisce al Signore è uno spirito solo con lui.

Fuggite la fornicazione. Ogni altro peccato che l'uomo commetta, è fuori del corpo; ma il fornicatore pecca contro il proprio corpo.

Non sapete che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete ricevuto da Dio?

Quindi non appartenete a voi stessi.

Poiché siete stati comprati a caro prezzo.

Glorificate dunque Dio nel vostro corpo.       (1 Corinzi 6:9-20)

Or il Dio della pace vi santifichi egli stesso completamente; e l'intero essere vostro, lo spirito, l'anima e il corpo, sia conservato irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo.    (1 Tessalonicesi 5:23)

Non imporre con troppa fretta le mani a nessuno, e non partecipare ai peccati altrui; consèrvati puro.   (1 Timoteo 5:22)

Se dunque uno si conserva puro da quelle cose, sarà un vaso nobile, santificato, utile al servizio del padrone, preparato per ogni opera buona.   (2 Timoteo 2:21)

 

I tentatori di Gesù si allontanano insoddisfatti, delusi e confusi.

Luca dice: "si tacquero"; Matteo: "e lasciatolo, se ne andarono"; Marco riporta: “si meravigliarono di lui”.

La sua risposta era così saggia e mise così bene a nudo la loro malvagità, che rese vano il loro intento e li lasciò impotenti a fare alcuna replica.

Così l’uomo davanti alle sue responsabilità, davanti alla descrizione del suo stato non può aprire la bocca, non può più controbattere, deve solo riconoscere la sua situazione, trarne le giuste conseguenze e fare le scelte fondamentali di vita.

 

Insegnamento per i non credenti:

-          Guardati allo specchio della Parola di Dio e riconosci che se stato a creato a Sua immagine e il tuo destino era essere simile a Lui, ed ora a causa del peccato sei purtroppo destinato a portare l’immagine di una bestia malefica.

-          Riconosci che la tua immagine è falsata dal peccato e Gesù ti può dare quello che ti manca per ritornare in Vita all’immagine di Dio.

-          Riconosci che sei dominato da uno straniero e da valori sbagliati, rendi a Dio ciò che Gli è dovuto riconoscendo in Gesù il Salvatore e l’Autore di questa grande Salvezza.

 

Insegnamento per i credenti:

-          Guardiamoci allo specchio della Parola di Dio e riconosciamo che l’uomo spirituale che è in noi è all’immagine di Dio e ringraziamo Dio Padre per l’Opera di Gesù Cristo che per mezzo dello Spirito Santo sta compiendo in noi.

-          Adoriamo Dio Padre e l’Agnello di Dio per aver compiuto quest’Opera di salvezza irreversibile, sicura ed inattaccabile.

-          Onoriamo Dio con la nostra vita, santifichiamola per Lui, riconosciamolo come Signore, diventiamo Suoi discepoli, Suoi servi, sottomettiamoci volontariamente alla Sua Volontà.

-          Accettiamo la Sua Volontà nella nostra vita, non come un’imposizione ma come la migliore soluzione per ogni aspetto della nostra vita:

Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno.

( Romani 8:28 )

-          Contempliamo la gloria del Signore, mediante questa contemplazione faremo agire lo Spirito Santo in noi che produrrà una splendida trasformazione:

E noi tutti, a viso scoperto, contemplando come in uno specchio la gloria del Signore, siamo trasformati nella sua stessa immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione del Signore, che è lo Spirito.

( 2 Corinzi 3:18 )

-          Viviamo la nostra vita, guardando alle cose di lassù non lasciandoci dominare dal valori di un tempo, rendiamo a Dio ciò che Gli è dovuto, e come ci insegna Paolo:

Non che io abbia già ottenuto tutto questo o sia già arrivato alla perfezione; ma proseguo il cammino per cercare di afferrare ciò per cui sono anche stato afferrato da Cristo Gesù.  Fratelli, io non ritengo di averlo già afferrato; ma una cosa faccio: dimenticando le cose che stanno dietro e protendendomi verso quelle che stanno davanti, corro verso la mèta per ottenere il premio della celeste vocazione di Dio in Cristo Gesù.

Sia questo dunque il sentimento di quanti siamo maturi; se in qualche cosa voi pensate altrimenti, Dio vi rivelerà anche quella.  Soltanto, dal punto a cui siamo arrivati, continuiamo a camminare per la stessa via.

( Filippesi 3:12-16 )

 

Così anche voi fate conto di essere morti al peccato, ma viventi a Dio, in Cristo Gesù.

Non regni dunque il peccato nel vostro corpo mortale per ubbidire alle sue concupiscenze; e non prestate le vostre membra al peccato, come strumenti d'iniquità; ma presentate voi stessi a Dio, come di morti fatti viventi, e le vostre membra come strumenti di giustizia a Dio; infatti il peccato non avrà più potere su di voi; perché non siete sotto la legge ma sotto la grazia.

( Romani 6:11-14 )

Gianni Marinuzzi