LETTERA DI PAOLO AI FILIPPESI -

La gioia nella concordia

 

 

 

Esorto Evodia ed esorto Sintìche a essere concordi nel Signore.

Sì, prego pure te, mio fedele collaboratore,

vieni in aiuto a queste donne,

che hanno lottato per il vangelo insieme a me,

a Clemente e agli altri miei collaboratori i cui nomi sono nel libro della vita.

(Filippesi 4:2-3)

 

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Finora abbiamo visto l’enorme privilegio che abbiamo di partecipare al Vangelo, grazie a Dio che ha iniziato la buona opera della salvezza in noi e che la porterà a compimento e che anche in mezzo alle situazioni difficili (che possono anche sembrare una sconfitta), Dio è al comando e può convertire il male in bene.

Paolo ci ha quindi esortato a comportarci in modo degno di un cittadino del cielo, cioè degno del vangelo di Cristo, durante il tempo che abbiamo qui sulla terra.

Ci ha poi esortato più specificamente ad un comportamento degno e giusto per chi ha ricevuto la grazia di Dio e per chi ha compreso la realtà e la potenza dell’incarnazione e della umiliazione di Gesù Cristo, fino al Sacrificio Totale di sé stesso che è per noi un Sommo esempio da seguire.

Come discepoli di Gesù Cristo siamo chiamati a vivere come cittadini dei cieli e secondo i Suoi insegnamenti e secondo il Suo esempio.

Questo nostro condurci è chiamata la santificazione, ovvero quel processo che porta il credente che matura, a spogliarsi progressivamente della sua natura carnale per esaltare la nuova creatura conforme a Cristo (già in questo mondo) come testimonianza e dimostrazione di quello che è avvenuto nell’interiore, anche con la sofferenza che questo produce, che sarà nulla al confronto con la Gloria di Dio e con il peso della Gloria che sarà manifestata per la Chiesa e per noi individualmente per il giorno di Cristo.

Abbiamo anche visto come la condivisione delle notizie sia anch’essa motivo di Gioia spirituale, in quanto ci si conforta l’uno con l’altro e con il rinnovarsi le reciproche cure ci si sente più uniti in Cristo e si attiva anche una assistenza spirituale, fisica e psichica reciproca.

 

Abbiamo visto anche come la corsa cristiana ha le sue regole:

            - sul come camminare (confidando nella carne o su Cristo)

            - sul tipo di allenamento (chi imitare)

 

E come essa è fonte di gioia, perché fissando gli occhi sul Traguardo glorioso che ci sta davanti e la fatica, gli sforzi passano tutti in secondo piano.

Ora Paolo desidera mostrare ai fratelli di Filippi come anche il ricercare la concordia nel Signore tra fratelli abbia in sé un beneficio di gioia e di incoraggiamento all’interno della Chiesa.

L’amore di Paolo per questi fratelli di Filippi è evidente in tutta questa lettera ed è viva la sua preoccupazione per loro.

Paolo infatti cerca in tutti i modi di prevenire qualsiasi radice di cattiveria e non trascura nulla, nemmeno questa contesa che c’era tra due sorelle che avevano lottato per il vangelo insieme a Paolo, a Clemente e agli altri collaboratori e che (probabilmente per questioni caratteriali) erano in quel momento, discordi.

Possiamo dividere questo breve brano in due sezioni:

 

- ESORTAZIONE ALLA CONCORDIA (4:2)

 

- ESORTAZIONE A VENIRE IN AIUTO PER IL RISTABILIMENTO DELLA CONCORDIA (4:3)

 

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ESORTAZIONE ALLA CONCORDIA

 

“Esorto Evodia ed esorto Sintìche a essere concordi nel Signore.”

Abbiamo qui un bellissimo esempio su come affrontare i conflitti che si possono creare nella chiesa.

E’ assolutamente vero che siamo chiamati ad amarci sempre gli uni gli altri, ma dobbiamo ammettere che capita, in certe occasioni, che (per motivi della nostra carne), questo non avviene.

Può capitare (non deve essere la regola) che alcune volte, anziché amore, ci siano dei conflitti tra di noi; Paolo, in questo brano, ci istruisce sul come dovremmo agire in questi casi.

Queste due donne, Evodia e Sintiche, erano state un esempio di lottatrici cristiane, infatti avevano lottato per il vangelo insieme a Paolo, a Clemente e agli altri collaboratori, e si erano evidentemente distinte per questa loro forza.

Si tratta probabilmente di due sorelle dal carattere forte e risoluto che non si risparmiavano per la causa del Signore; non appartenevano sicuramente a quella tipologia di donne che Paolo stesso descrive in altra occasione:

“…imparano anche a essere oziose, andando attorno per le case; e non soltanto a essere oziose, ma anche pettegole e curiose, parlando di cose delle quali non si deve parlare.”  (1 Timoteo 5:13)

 

Sono piuttosto di questa categoria:

“…conosciute per le sue opere buone: per aver allevato figli, esercitato l'ospitalità, lavato i piedi ai santi, soccorso gli afflitti, concorso a ogni opera buona.” (1 Timoteo 5:10)

Ed è importante considerare che Paolo ricorda queste due sorelle, non per la loro “litigiosità” ma per il loro zelo per la causa del Signore!

Purtroppo noi le avremmo più facilmente ricordate per la loro litigiosità (che ha caratterizzato solo un breve periodo della loro comunione) piuttosto che per la loro lotta a favore del Vangelo!

Che strano modo di valutare le cose il nostro…

 

Nulla viene quindi rimproverato a queste sorelle per il loro servizio, ma quello che preoccupa Paolo è questa temporanea situazione di discordia, che può rovinare quell’armonia spirituale che caratterizza la Chiesa.

Paolo non fa finta di non vedere, non è superficiale, egli ama profondamente la Chiesa e non sottovaluta nulla.

Purtroppo non è sempre così, tante volte vediamo come certi problemi caratteriali vengono minimizzati, tollerati, sottovalutati, ma poi diventano questioni difficili che dividono i fratelli, rovinano i rapporti ed ostacolano la crescita stessa della chiesa!

Un sorvegliante (vescovo, anziano) che si possa definire tale ha il dovere di accorgersene!

Pensiamo in questo al ministerio dei diaconi; essi sono un valido aiuto nel risolvere queste situazioni, come avvenne nella primitiva chiesa di Gerusalemme:

 

In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell'assistenza quotidiana.

I dodici, convocata la moltitudine dei discepoli, dissero: «Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle mense.

Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico.

Quanto a noi, continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola».

Questa proposta piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia.

Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani.

La Parola di Dio si diffondeva, e il numero dei discepoli si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede.  (Atti 6:1-7)

 

Se gli apostoli avessero trascurato questi mormorii “carnali”, la chiesa si sarebbe probabilmente divisa tra gli ebrei e gli ellenisti.

Essi ebbero invece la attenzione per la causa e proposero di nominare dei fratelli dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, al fine di risolvere queste situazioni in modo da dedicarsi alla diffusione della Parola di Dio serenamente e la Chiesa stessa si moltiplicava grandemente in Gerusalemme; e anche un gran numero di sacerdoti ubbidiva alla fede (che probabilmente notavano anche l’amore che contraddistingueva la Chiesa rispetto alle divisioni che conoscevano esistere nel tempio).

 

Tornando al nostro caso specifico, la parola greca che qui è tradotta con “concordi” viene tradotta anche come segue:

…rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento.  (Filippesi 2:2)

Il Dio della pazienza e della consolazione vi conceda di aver tra di voi un medesimo sentimento secondo Cristo Gesù  (Romani 15:5)

 

Il senso è che bisogna avere gli stessi pensieri.

Ma quando “non abbiamo gli stessi pensieri”, come dovremmo fare?

Paolo da lui stesso la soluzione: siate concordi nel Signore.

La concordia non la troveremo mai nella nostra personale posizione, non era nella posizione di Sintiche e nemmeno in quella di Evodia (entrambe sono esortate individualmente da Paolo), ma esse potevano entrambe trovarla nel Signore (che non può avere, evidentemente, due pensieri contemporaneamente).

 

Questa soluzione Paolo l’aveva già (in qualche modo)  proposta e descritta ai fratelli di Corinto:

In realtà, sebbene viviamo nella carne, non combattiamo secondo la carne; infatti le armi della nostra guerra non sono carnali, ma hanno da Dio il potere di distruggere le fortezze, poiché demoliamo i ragionamenti e tutto ciò che si eleva orgogliosamente contro la conoscenza di Dio, facendo prigioniero ogni pensiero fino a renderlo ubbidiente a Cristo.  (2 Corinzi 10:3-5)

 

Dio ci comanda di rendere ogni pensiero ubbidiente a Cristo, non dovremmo mai decidere di testa nostra quale sia il comportamento giusto!

Dio non ci lascia decidere di testa nostra quale sia il comportamento che Lo glorifica, ma vuole che noi esaminiamo ogni cosa alla luce delle Scritture, e comprendiamo cosa Gli sia veramente gradito:

…in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore.

Comportatevi come figli di luce - poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità - esaminando che cosa sia gradito al Signore. (Efesini 5:8-10)

Dovremmo quindi studiare sempre diligentemente le Scritture (possibilmente insieme al fratello o la sorella con la quale abbiamo un problema di discordia), per esaminarle attentamente e comprenderle nel modo giusto.

 

Se la Parola di Dio dimora in noi, tante situazioni possono essere risolte:

La parola di Cristo abiti in voi abbondantemente; istruitevi ed esortatevi gli uni gli altri con ogni sapienza. (Colossesi 3:16)

Anziché “fare finta di non vedere i problemi”, siamo chiamati ad istruirci ed esortarci con sapienza a vicenda.

Invece, per esperienza, la scelta spesso più adottata davanti ai conflitti è l’isolamento (attivo o passivo) ma questo è una degli atteggiamenti più distruttivi!

Il nostro Signore ha “unito i fratelli” e la Chiesa è un Corpo, il Corpo di Cristo  e tutto ciò che cerca di dividere il corpo è peccato.

Anche isolare un membro (a meno che non sia per un motivo disciplinare che porti a ravvedimento), farlo deperire, atrofizzare, è un peccato perché rovina una parte del Corpo!

Se i credenti non si vedono fra di loro, non si confrontano nel Signore, non si esortano e non si istruiscono a vicenda, non possono ubbidire al Signore.

La discordia crea un impedimento anche alla comunione con Dio, infatti possiamo anche vedere questo in un rapporto matrimoniale:

Anche voi, mariti, vivete insieme alle vostre mogli con il riguardo dovuto alla donna, come a un vaso più delicato.

Onoratele, poiché anch'esse sono eredi con voi della grazia della vita, affinché le vostre preghiere non siano impedite. (1 Pietro 3:7)

Pietro sta parlando (nello specifico) del rispetto che i mariti devono alle proprie mogli, ma se leggiamo questo verso parla dell’onore che bisogna avere per i coeredi della Grazia della Vita, quindi siamo autorizzati ad applicare questo principio anche verso tutti i fratelli e le sorelle; e se non onoriamo i coeredi della Grazia della Vita le nostre preghiere sono impedite.

Se non cerchiamo la concordia nel Signore tra fratelli, difficilmente potremmo crescere, e non si arriva ad essere concordi nel Signore isolandosi in una stanza con la Bibbia.

È fondamentale crescere sempre di più in questa ricerca di concordia, dobbiamo, a tutti i costi, evitare il pericolo di avere dei gruppetti nella chiesa che hanno un certo modo di vedere le cose; essi interrompono ogni contatto con chi la pensa in un altro modo e aprono piccole crepe che provocano, con il tempo, le divisioni.

Quindi quando vediamo qualcosa di piccolo che non ci permette di essere concordi con gli altri, impegniamoci subito a trovare la concordia nel Signore, ma questo desiderio deve essere reciproco, la ricerca della concordia nel Signore deve essere per entrambi, nel nostro caso, sia Evodia che Sintiche erano esortate singolarmente a prendere l’iniziativa per essere concordi.

Perché non facciamo così?  Cosa impedisce questo?

L’orgoglio!

Quando siamo frenati dal nostro orgoglio in questa ricerca di concordia, ricordiamoci che non ci stiamo adoperando per il bene della cosa più preziosa agli occhi di Gesù Cristo: la Chiesa!

 

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Sì, prego pure te, mio fedele collaboratore, vieni in aiuto a queste donne, che hanno lottato per il vangelo insieme a me, a Clemente e agli altri miei collaboratori i cui nomi sono nel libro della vita.

 

Abbiamo visto come Paolo sapeva che la discordia tra due persone in una chiesa poteva creare gravi danni a tutta la chiesa e non si tirava indietro facendo “finta di non vedere”.

E’ significativo che non troviamo, nelle parole di Paolo, un espresso rimprovero verso queste due sorelle, egli le vede in difficoltà, per questo le esorta individualmente e invoca soccorso ad un fratello a venire loro in aiuto in questa situazione che le vede “arenate” e distratte nella lotta spirituale che le aveva, fino a quel momento, caratterizzate.

E Paolo chiede aiuto, una collaborazione fedele e chiama in soccorso una persona matura nella chiesa, pregandolo di adoperarsi personalmente e direttamente per aiutare queste due donne ad essere concordi nel Signore, per uscire così da una situazione di stallo spirituale.

Non sappiamo chi è la persona a cui Paolo si riferisce, sappiamo che era un suo fedele collaboratore, forse lo stesso Epafrodito, che apparteneva a questa chiesa e aveva assistito Paolo a Roma, e ora tornava a Filippi portando questa lettera.

Ma quello che possiamo notare e che Paolo riteneva talmente importante risolvere questa situazione che prega questa persona di intervenire per aiutare queste due donne.

Notiamo che Paolo non dice di imporre una soluzione (la concordia non si impone); dice di “venire in aiuto”.

Quando abbiamo una discordia con dei fratelli, possiamo avere bisogno di aiuto nel risolverla, in quanto ognuno è convinto della propria posizione e non riesce a vedere la posizione dell’altro.

 

Nello stesso modo anche noi dovremmo essere disposti ad intervenire per portare concordia nel Signore nella chiesa.

Quando due persone non sono concordi, è un problema per tutta la chiesa e può diventare una grave piaga che ostacola la crescita comune; non è “una questione privata”, per questo dobbiamo cercare di risolvere queste situazioni.

È importante “essere concordi nel Signore”, oggi c’è molto impegno da parte di tanti per essere concordi, ma non necessariamente “nel Signore”.

Questo non è quello che sta chiedendo Paolo.

Dio ci chiama ad essere concordi nel Signore.

Notiamo in ultimo come Paolo parla di coloro i cui nomi sono scritti nel libro della vita.

Gesù stesso parla di questo privilegio come un motivo di grande gioia:

Or i settanta tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni ci sono sottoposti nel tuo nome».

Ed egli disse loro: «Io vedevo Satana cadere dal cielo  come folgore.

Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e su tutta la potenza del nemico; nulla potrà farvi del male.

Tuttavia, non vi rallegrate perché gli spiriti vi sono sottoposti, ma rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli.   (Luca 10:17-20)

Il fatto che i nomi dei credenti siano tutti scritti nel libro della vita, dovrebbe darci già da solo un motivo comune di trovare la concordia nel Signore: i nostri nomi sono tutti scritti in uno stesso Libro, il Libro della Vita!

Questo è un meraviglioso motivo di cui poterci rallegrare nel Signore ed uno stimolo a cercare la concordia nel Signore.

Abbiamo bisogno di crescere sempre di più nell’immagine e nella mente di Cristo e per fare questo Dio ci comanda di istruirci, ammonirci ed esortarci reciprocamente.

Se fossimo già arrivati a capire tutta la volontà di Dio, non sarebbe necessario insegnarci ed esortarci l’uno all’altro, perchè saremmo automaticamente già concordi nel Signore.

Abbiamo ancora bisogno l’uno dell’altro, e abbiamo bisogno di impegnarci a cercarci l’un l’altro, quindi, per essere sempre più concordi nel Signore, abbiamo bisogno di passare tempo insieme parlando insieme delle cose di Dio, non di isolarci ognuno nella propria stanza o nel proprio gruppo dove riusciamo ad essere semplicemente “concordi”.

Ricordiamoci che la concordia nel Signore è una concordia aperta verso il prossimo e verso il fratello!

La concordia nel Signore è una enorme risorsa di gioia, mette veramente in luce come l’Opera dello Spirito Santo vince sulla nostra carnalità!

Rende visibile l’Amore di Dio tra gli uomini (che per loro natura carnale non sono e non possono essere concordi nel Signore).

Impariamo poi a vedere il meglio dei nostri fratelli, la loro posizione spirituale in Cristo (Evodia e Sintiche, lottatrici per il Vangelo e collaboratrici di Paolo hanno il nome scritto nel libro della vita); non ricordiamoli per le loro cadute, impariamo a ricordarli per il loro buon esempio di fede e di lotta spirituale.

 

Nello stesso tempo impariamo a superare le nostre discordie incontrandoci nel Signore e rendiamoci disponibili ad aiutare i fratelli intorno a noi che possono cadere in queste situazioni, andiamo loro in aiuto con umiltà e supportandoli nel loro rialzarsi, adoperiamoci per la Pace e avremo così opportunità di gioire e fare gioire il Corpo di Cristo.

  Gianni Marinuzzi