Terzo
ATTI DEGLI APOSTOLI
20:1-16
Cessato il tumulto,
Paolo fece chiamare i discepoli e, dopo averli esortati, li salutò e partì
per la Macedonia.
Attraversate quelle
regioni, rivolgendo molte esortazioni ai discepoli, giunse in Grecia.
Qui si trattenne tre
mesi.
Poi, dato che i Giudei
avevano ordito un complotto contro di lui mentre stava per imbarcarsi per la
Siria, decise di ritornare attraverso la Macedonia.
Lo accompagnarono
Sòpatro di Berea, figlio di Pirro, Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio
di Derba, Timoteo e, della provincia d'Asia, Tichico e Trofimo.
Questi andarono avanti
e ci aspettarono a Troas.
Trascorsi i giorni
degli Azzimi, partimmo da Filippi e, dopo cinque giorni, li raggiungemmo a
Troas, dove ci trattenemmo sette giorni.
Il primo giorno della
settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il pane, Paolo, dovendo
partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso
fino a mezzanotte.
Nella sala di sopra,
dov'eravamo riuniti, c'erano molte lampade; un giovane di nome Eutico, che
stava seduto sul davanzale della finestra, fu colto da un sonno profondo,
poiché Paolo tirava in lungo il suo dire; egli, sopraffatto dal sonno,
precipitò giù dal terzo piano, e venne raccolto morto.
Ma Paolo scese, si
gettò su di lui e, abbracciatolo, disse: «Non vi turbate, perché la sua
anima è in lui».
Poi risalì, spezzò il
pane e prese cibo; e dopo aver ragionato lungamente sino all'alba, partì.
Il giovane fu
ricondotto vivo, ed essi ne furono oltremodo consolati.
Quanto a noi, che
eravamo partiti con la nave, facemmo vela per Asso, dove avevamo intenzione
di prendere a bordo Paolo; perché egli aveva stabilito così, volendo fare
quel tragitto a piedi.
Quando ci raggiunse ad
Asso, lo prendemmo con noi, e arrivammo a Mitilene.
Di là, navigando,
arrivammo il giorno dopo di fronte a Chio; il giorno seguente approdammo a
Samo, e il giorno dopo giungemmo a Mileto.
Paolo aveva deciso di
oltrepassare Efeso, per non perdere tempo in Asia; egli si affrettava per
trovarsi a Gerusalemme, se gli fosse stato possibile, il giorno della
Pentecoste.
***
Cessato il tumulto,
Paolo fece chiamare i discepoli e, dopo averli esortati, li salutò e partì
per la Macedonia.
…Cessato il tumulto
Il tumulto da un motivo in
più per confermare l’apostolo sui suoi propositi di lasciare queste regioni
per intraprendere il viaggio di
ritorno verso Gerusalemme per portare quel conforto materiale che ha in
cuore di raccogliere, come
frutto d’amore presso i fratelli greci e macedoni, indirizzato ai
fratelli giudei in difficoltà economiche.
Paolo è ormai una persona ingombrante ad Efeso, probabilmente
non più indispensabile per la Chiesa in crescita e troppo pericoloso per
loro stessi.
Con l'aiuto del testo
degli atti e delle lettere paoline, cerchiamo di comprendere il contesto e
gli itinerari di Paolo e dei suoi collaboratori:
- Stefana, Fortunato ed Acaico vanno da Paolo,
Apollo, Aquila e Priscilla ad Efeso da Corinto
e ritornano con la prima lettera ai corinzi che preannuncia il probabile
arrivo di Timoteo con l’obiettivo di raccogliere i fondi per la colletta:
Quanto poi alla colletta per i santi,
come ho ordinato alle chiese di Galazia, così fate anche voi.
Ogni primo giorno della settimana
ciascuno di voi, a casa, metta da parte quello che potrà secondo la
prosperità concessagli, affinché, quando verrò, non ci siano più collette da
fare.
E le persone che avrete scelte, quando sarò giunto, io le manderò con delle
lettere a portare la vostra liberalità a Gerusalemme; e se converrà che ci
vada anch'io, essi verranno con me.
Io verrò da voi quando sarò passato per la Macedonia, poiché passerò per la
Macedonia; ma da voi forse mi fermerò alquanto, o ci trascorrerò addirittura
l'inverno, affinché voi mi facciate proseguire per dove mi recherò.
Perché, questa volta, non voglio vedervi di passaggio; anzi spero di
fermarmi qualche tempo da voi, se il Signore lo permette.
Rimarrò a Efeso fino
alla Pentecoste,
perché qui una larga porta mi si è
aperta a un lavoro efficace, e vi sono molti avversari.
Ora se viene Timoteo, guardate
che stia fra voi senza timore, perché lavora nell'opera del Signore come
faccio anch'io. Nessuno dunque lo disprezzi; ma fatelo proseguire in pace,
perché venga da me; poiché io
l'aspetto con i fratelli.
Quanto al fratello Apollo, io l'ho molto esortato a recarsi da voi con i
fratelli; ma egli non ha alcuna intenzione di farlo adesso; verrà però
quando ne avrà l'opportunità.
Mi rallegro della venuta di Stefana,
di Fortunato e di Acaico, perché
hanno riempito il vuoto prodotto dalla vostra assenza; poiché hanno dato
sollievo allo spirito mio e al vostro; sappiate dunque apprezzare tali
persone.
Le chiese dell'Asia
vi salutano. Aquila e Prisca, con la chiesa che è in casa loro, vi
salutano molto nel Signore. Tutti i fratelli vi salutano.
(tratto da
1 Corinzi 16:1-20)
- Timoteo ed Erasto sono mandati a Corinto, per poi
raggiungere Paolo
in Macedonia:
Mandati in Macedonia due dei suoi aiutanti,
Timoteo ed Erasto, egli si fermò
ancora per qualche tempo in Asia.
(Atti 19:22)
- Paolo vuole visitare
Corinto ma dopo aver valutato l’impatto che avrebbe avuto una sua visita
(dopo l’invio della prima lettera), va direttamente in Macedonia:
Or alcuni si sono gonfiati d'orgoglio, come se io non dovessi più venire da
voi; ma, se il Signore vorrà, mi
recherò presto da voi, e conoscerò non il parlare ma la potenza di
coloro che si sono gonfiati; perché il regno di Dio non consiste in parole,
ma in potenza. Che volete? Che venga da voi con la verga o con amore e con
spirito di mansuetudine?
(1 Corinzi 4:18-21)
Avevo infatti deciso in
me stesso di non venire a rattristarvi una seconda volta. Perché, se io vi rattristo, chi mi
rallegrerà, se non colui che sarà stato da me rattristato?
Vi
ho scritto a quel modo affinché, al mio arrivo, io non abbia tristezza da
coloro dai quali dovrei avere gioia; avendo fiducia, riguardo a voi
tutti, che la mia gioia è la gioia di tutti voi.
Poiché
vi ho scritto in grande afflizione e
in angoscia di cuore con molte lacrime, non già per rattristarvi, ma per
farvi conoscere l'amore grandissimo che ho per voi.
Or se qualcuno è stato causa di tristezza, egli ha rattristato non tanto me
quanto, in qualche misura, per non esagerare, tutti voi. Basta a quel tale
la punizione inflittagli dalla maggioranza; quindi ora, al contrario,
dovreste piuttosto perdonarlo e confortarlo, perché non abbia a rimanere
oppresso da troppa tristezza. Perciò
vi esorto a confermargli il vostro
amore; poiché anche per questo vi ho scritto: per vedere alla prova se
siete ubbidienti in ogni cosa.
A chi voi perdonate qualcosa, perdono anch'io; perché anch'io quello che ho
perdonato, se ho perdonato qualcosa, l'ho fatto per amor vostro, davanti a
Cristo, affinché non siamo raggirati da Satana; infatti non ignoriamo le sue
macchinazioni. Giunto a Troas per il
vangelo di Cristo, una porta mi fu aperta dal Signore, ma non ero
tranquillo nel mio spirito perché non
vi trovai Tito, mio fratello;
così, congedatomi da loro, partii per la Macedonia.
(2 Corinzi 2:1-13)
E’ in questo contesto
che ci troviamo nel racconto di Luca!
***
Attraversate quelle
regioni, rivolgendo molte esortazioni ai discepoli, giunse in Grecia.
Il viaggio di Paolo attraverso le
regioni della macedonia, fu un viaggio di
esortazioni ai discepoli, esortazioni circa il perseverare nella
fede in mezzo alle grandi tribolazioni presenti ed imminenti.
Paolo giunge quindi in
Grecia, a Troas, proprio dove già
una volta ebbe la visione del macedone che chiedeva soccorso (cfr Atti
16:9).
In realtà
a Troas; Paolo è molto
preoccupato sia per Tito e sia perché è in attesa delle notizie da Corinto;
e l'ansietà gli scuote la salute psico-fisica fino a metterlo in pericolo di
morte:
Giunto a Troas per il
vangelo di Cristo, una porta mi fu aperta dal Signore, ma non ero tranquillo nel mio
spirito perché non vi trovai Tito,
mio fratello; così, congedatomi da
loro, partii per la Macedonia.
(2 Corinzi 2:12-13)
Fratelli, non vogliamo
che ignoriate, riguardo all'afflizione che ci colse in Asia, che
siamo stati molto provati, oltre le nostre forze, tanto da farci
disperare perfino della vita. Anzi,
avevamo già noi stessi pronunciato la nostra sentenza di morte, affinché
non mettessimo la nostra fiducia in noi stessi, ma in Dio che risuscita i
morti.
(2 Corinzi 1:8-9)
Malgrado il suo pessimo
stato di salute, Paolo si affretta ad andare in Macedonia dove, dopo un
periodo di preoccupazione, incontra finalmente Tito, che gli porta buone
notizie dello stato della chiesa di Corinto, dove finalmente la chiesa
sembra uscire da quella crisi che l’aveva oppressa, e da lì scrive, insieme
a Timoteo, la seconda lettera ai corinzi:
Da quando siamo giunti in Macedonia, infatti,
la nostra carne non ha avuto nessun sollievo, anzi, siamo stati
tribolati in ogni maniera; combattimenti di fuori, timori di dentro.
Ma Dio, che consola gli afflitti,
ci consolò con l'arrivo di Tito;
e non soltanto con il suo arrivo, ma
anche con la consolazione da lui ricevuta in mezzo a voi.
Egli ci ha raccontato il vostro vivo desiderio di vedermi,
il vostro pianto, la vostra premura per me;
così mi sono più che mai rallegrato.
Anche se vi ho rattristati con la mia lettera, non me ne rincresce; e se
pure ne ho provato rincrescimento (poiché vedo che quella lettera,
quantunque per breve tempo, vi ha rattristati),
ora mi rallegro, non perché siete
stati rattristati, ma perché questa tristezza vi ha portati al ravvedimento; poiché siete
stati rattristati secondo Dio, in modo che non aveste a ricevere alcun danno
da noi.
Perché la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla
salvezza, del quale non c'è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo
produce la morte.
Infatti, ecco quanta premura ha prodotto in voi questa vostra tristezza
secondo Dio, anzi, quante scuse, quanto sdegno, quanto timore, quanto
desiderio, quanto zelo, quale punizione! In ogni maniera avete dimostrato di
essere puri in questo affare.
Se dunque vi ho scritto, non fu a motivo dell'offensore né dell'offeso, ma
perché la premura che avete per noi si manifestasse in mezzo a voi, davanti
a Dio.
Perciò siamo stati consolati; e oltre a questa nostra consolazione ci siamo
più che mai rallegrati per la gioia di Tito, perché il suo spirito è stato
rinfrancato da voi tutti. Anche se mi ero un po' vantato di voi con lui, non
ne sono stato deluso; ma come tutto ciò che a voi abbiamo detto era verità,
così anche il nostro vanto con Tito è risultato verità. Ed egli vi ama più
che mai intensamente, perché ricorda l'ubbidienza di voi tutti, e come
l'avete accolto con timore e tremore. Mi
rallegro perché in ogni cosa posso aver fiducia in voi.
(2 Corinzi
7:5-16)
Dalla Macedonia
scrive dunque la seconda lettera ai
corinzi e la manda per mezzo di Tito e di due altri fratelli per
raccogliere altri fondi per la colletta in favore dei fratelli poveri di
Gerusalemme:
Ringraziato sia Dio che ha messo in cuore a Tito lo stesso zelo per voi;
infatti Tito non solo ha
accettato la nostra esortazione, ma mosso da zelo anche maggiore
si è spontaneamente messo in cammino per venire da voi.
Insieme a lui abbiamo mandato il fratello il cui servizio nel vangelo è
apprezzato in tutte le chiese; non solo, ma egli è anche stato scelto dalle
chiese come nostro compagno di viaggio in quest'opera di grazia, da noi
amministrata per la gloria del Signore stesso e per dimostrare la prontezza
dell'animo nostro.
Evitiamo così che qualcuno possa biasimarci per quest'abbondante colletta
che noi amministriamo; perché ci preoccupiamo di agire onestamente non solo
davanti al Signore, ma anche di fronte agli uomini.
E con loro abbiamo mandato quel nostro fratello del quale spesso e in molte
circostanze abbiamo sperimentato lo zelo; egli è ora più zelante che mai per
la grande fiducia che ha in voi.
Quanto a Tito, egli è mio compagno e collaboratore in mezzo a voi; quanto
ai nostri fratelli, essi sono gli inviati delle chiese, e gloria di Cristo.
Date loro dunque, in presenza delle chiese, la prova del vostro amore e
mostrate loro che abbiamo ragione di essere fieri di voi.
(2 Corinzi
8:16-24)
Paolo intende andare a
Corinto, dopo che i fratelli hanno predisposto la colletta, ed andrà
probabilmente accompagnato da alcuni fratelli macedoni:
Quanto alla sovvenzione destinata ai
santi, è superfluo che io ve ne scriva, perché conosco la prontezza
dell'animo vostro, per la quale mi vanto di voi presso i Macedoni, dicendo
che l'Acaia è pronta fin dall'anno
scorso; e il vostro zelo ne ha stimolati moltissimi.
Ma ho mandato i fratelli
affinché il nostro vantarci di voi non abbia ad essere smentito a questo
riguardo; e affinché, come dicevo, siate pronti; non vorrei che, venendo con
me dei Macedoni e non vedendovi pronti, noi (per non dire voi) abbiamo a
vergognarci di questa nostra fiducia.
Perciò ho ritenuto necessario
esortare i fratelli a venire da voi prima di me e preparare la vostra già
promessa offerta, affinché essa sia pronta come offerta di generosità e
non d'avarizia.
(2 Corinzi 9:1-5)
In Macedonia visita,
probabilmente, Berea, Tessalonica, Filippi e forse va anche fino nell'Illiria
(alta Grecia, balcani e Albania):
Non oserei infatti parlare di cose che Cristo non avesse operato per mio
mezzo allo scopo di condurre i pagani all'ubbidienza, con parole e opere,
con la potenza di segni e di prodigi, con la potenza dello Spirito Santo.
Così da Gerusalemme e dintorni fino
all'Illiria ho predicato dappertutto il vangelo di Cristo,
avendo l'ambizione di
predicare il vangelo là dove non era ancora stato portato il nome di Cristo, per non costruire sul fondamento
altrui, ma com'è scritto: «Coloro
ai quali nulla era stato annunciato di lui, lo vedranno; e coloro che non ne
avevano udito parlare, comprenderanno».
(Romani 15:18-21)
***
Qui si trattenne tre
mesi.
Questi
tre mesi Paolo li passa,
probabilmente, in gran parte a Corinto.
In questi tre mesi,
Paolo scrive la lettera ai romani,
mentre era ospite di Gaio che
ospitava in casa sua la chiesa:
Gaio, che ospita me
e tutta la chiesa, vi saluta.
(Romani 16:23)
Gaio fu uno dei
convertiti di Corinto ed uno dei pochi ad essere stato battezzato da Paolo:
Ringrazio Dio che non ho battezzato nessuno di voi, salvo Crispo e
Gaio; perciò nessuno può
dire che foste battezzati nel mio nome.
(1 Corinzi 1:14-15)
Nel cuore di Paolo
era sempre ferma l’intenzione di
andare a Gerusalemme con una offerta che rappresentava una prova d’amore
fraterna da parte dei cristiani provenienti dal paganesimo, questo suo
desiderio, maturato alla fine del suo soggiorno ad Efeso (cfr Atti 19:21), è
confermato anche nella lettera ai romani scritta proprio in questo contesto:
Per questa ragione appunto sono stato tante volte impedito di venire da voi; ma
ora, non avendo più campo d'azione in queste regioni, e avendo già da molti
anni un gran desiderio di venire da voi, quando
andrò in Spagna, spero, passando, di vedervi e di essere aiutato da voi a
raggiungere quella regione, dopo aver goduto almeno un po' della vostra
compagnia.
Per ora vado a Gerusalemme, a rendere un servizio ai santi, perché
la Macedonia e l'Acaia si sono compiaciute di fare una colletta per i poveri
che sono tra i santi di Gerusalemme.
(Romani 15:22-26)
Si propone di partire
per la Siria con i soccorsi finanziari delle varie chiese e con i delegati
che portavano il denaro:
Sopatro di Berea; Aristarco e
Secondo di Tessalonica;
Gaio di Derba; Timoteo di Listra;
Tichico e Trofimo.
***
Poi, dato che i Giudei
avevano ordito un complotto contro di lui mentre stava per imbarcarsi per la
Siria, decise di ritornare attraverso la Macedonia.
Lo accompagnarono
Sòpatro di Berea, figlio di Pirro, Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio
di Derba, Timoteo e, della provincia d'Asia, Tichico e Trofimo.
Questi andarono avanti
e ci aspettarono a Troas.
L'apostolo si ferma
poco in Grecia (tre mesi), perché
oltre ad avere il forte desiderio di recarsi a Gerusalemme, i giudei
congiurano contro di lui.
I giudei di Corinto
avevano ordito un complotto contro di
lui al momento dell'imbarco
per la Siria.
Scoperto il complotto,
mentre gli amici dell'apostolo vanno per mare, egli, invece, per andare in
Macedonia, prende la lunga via
di terra.
La comunità giudaica di
Corinto aveva in forte avversione Paolo, per diversi motivi:
-
Non si era
dimenticata della umiliazione patita davanti a Gallione (cfr Atti 18:12-17)
-
Due dei loro
eminenti capi (Crispo e Sostene) si erano convertiti (cfr Atti 18:8; 18:17)
Avvertendo il pericolo,
Paolo rivede i suoi piani che prevedevano la navigazione dalla Grecia alla
Siria e decise di dirigersi a nord verso la Macedonia, attraversare il mare
Egeo fino in Asia minore e da qui salpare per Gerusalemme.
Luca non ci riporta i
dettagli del complotto ordito dai giudei, che senza dubbio prevedeva
l’assassinio di Paolo, l’apostolo sarebbe stato un facile bersaglio su di
una nave gremita di pellegrini giudei.
Dei sette compagni di
viaggio di Paolo qui nominati (probabilmente anche delegati di raccogliere
nelle varie chiese, le offerte per i fratelli di Gerusalemme), tre erano
macedoni e quattro venivano dall'Asia Minore, possiamo elencare quello che
sappiamo di loro:
- Sopatro era
di Berea e, come aggiungono i
codici più autorevoli, era figlio
di Pirro.
- Aristarco
era di
Tessalonica e sarà uno dei
compagni di Paolo nel suo viaggio a Roma:
Quando fu deciso che noi salpassimo per
l'Italia, Paolo con altri
prigionieri furono consegnati a un centurione, di nome Giulio, della coorte
Augusta.
Saliti sopra una nave di Adramitto, che doveva toccare i porti della costa
d'Asia, salpammo, avendo con noi
Aristarco, un macedone di Tessalonica.
(Atti 27:1-2)
E lo troviamo citato
nelle lettere ai colossesi ed a Filemone, come un compagno di prigionia di
Paolo ed uno dei pochi rimasti al suo fianco:
Vi salutano Aristarco, mio compagno
di prigionia, Marco, il cugino di Barnaba (a proposito del quale avete
ricevuto istruzioni; se viene da voi, accoglietelo), e
Gesù, detto Giusto.
Questi provengono dai circoncisi, e sono gli unici che collaborano con me
per il regno di Dio, e che mi sono stati di conforto.
(Colossesi
4:10-11)
Epafra, mio compagno di prigionia in Cristo Gesù, ti saluta.
Così pure Marco, Aristarco, Dema,
Luca, miei collaboratori.
(Filemone 23-24)
-
Secondo
non è menzionato se non in questo testo.
-
Gaio
o Caio era
di Derba, della Licaonia, e
non può quindi essere identificato col Gaio ospite di Paolo a Corinto (cfr
Atti19:29).
- Timoteo
era di Listra e sappiamo già
molto di lui, sarà uno dei discepoli più legati a Paolo.
- Tichico
è spesso
ricordato da Paolo:
E’ con Paolo quando
scriverà la lettera agli efesini e ne fu probabilmente il “messo”, insieme
alla lettera ai colossesi e quella a Filemone (cfr riferimento a Onesimo):
Affinché anche voi sappiate come sto e quello che faccio,
Tichico, il caro fratello e fedele servitore nel Signore, vi informerà
di tutto.
Ve l'ho mandato apposta perché abbiate conoscenza del nostro stato ed egli
consoli i vostri cuori.
(Efesini 6:21-22)
Tutto ciò che mi riguarda ve lo farà sapere
Tichico, il caro fratello e fedele
servitore, mio compagno di servizio nel Signore.
Ve l'ho mandato appunto perché conosciate la nostra situazione ed egli
consoli i vostri cuori; e con lui ho mandato il fedele e caro fratello
Onesimo, che è dei vostri.
Essi vi faranno sapere tutto ciò che accade qui.
(Colossesi 7-9)
Lo troviamo ancora a
servizio dell'apostolo (che lo aveva mandato ad Efeso), quando scriverà la
seconda lettera a Timoteo e la lettera a Tito (le ultime lettere di Paolo):
Cerca di venir presto da me, perché
Dema, avendo amato questo mondo, mi ha lasciato e se n'è andato a
Tessalonica. Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. Solo
Luca è con me. Prendi Marco e conducilo con te; poiché mi è molto utile per
il ministero. Tichico l'ho mandato a Efeso.
(2 Timoteo 4:9-12)
Quando ti avrò mandato Artemas o
Tichico, fa' il possibile per
venire da me a Nicopoli, perché ho deciso di passarci l'inverno.
(Tito 3:12)
-
Trofimo
era
di Efeso e lo troveremo in compagnia di Paolo negli ultimi
viaggi dell'apostolo, ma rimasto malato a Mileto:
Erasto è rimasto a Corinto; Trofimo l'ho lasciato ammalato a Mileto.
(2 Timoteo 4:20)
I sette fratelli
andarono per la medesima strada di Paolo, attraverso la Macedonia fino a
Troas; ma
Paolo si fermò a Filippi, per
incontrarvi Luca, che
probabilmente si era fermato a Filippi per tutti gli anni che passarono
dalla sua ultima citazione di presenza (cfr Atti 16).
Da questo momento Luca
non si staccherà più da Paolo.
***
Trascorsi i giorni
degli Azzimi, partimmo da Filippi e, dopo cinque giorni, li raggiungemmo a
Troas, dove ci trattenemmo sette giorni.
Paolo si ferma
a Filippi per passare la
Pasqua con i fratelli e poi prosegue con Luca il viaggio fino ad incontrare
gli altri fratelli a Troas, dopo cinque giorni
di cammino.
A
Troas, tutti i fratelli si
fermano
sette giorni.
***
Il primo giorno della
settimana, mentre eravamo riuniti per spezzare il pane, Paolo, dovendo
partire il giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso
fino a mezzanotte.
Luca ci regala in
questa descrizione uno splendido “spaccato della vita comunitaria dei primi
cristiani”, possiamo cogliere la loro
semplicità e desiderio di “vivere insieme”, proprio come dice il Salmo:
Ecco quant'è buono e quant'è piacevole che i fratelli vivano insieme!
(Salmo 133:1)
…Il primo giorno della
settimana Il primo giorno della settimana è la Domenica.
Luca non ci dice nulla dei primi sei giorni passati a Troas, si
concentra solo su questo ultimo giorno nel quale avvenne un episodio che
evidentemente vuole trasmetterci qualcosa di importante.
Il settimo giorno della settimana
finiva alle sei
di sera; e il primo giorno cominciava allora; al tramonto del sole
sul settimo giorno.
Quindi, per intenderci
bene, ed a chiamare le cose con la nostra moderna e comune terminologia, la
riunione di cui parla il testo fu tenuta il Sabato sera,
e visto che questa riunione era anche il saluto dei fratelli in quanto
doveva partire il giorno seguente
e difatti dopo aver ragionato lungamente
sino all'alba, partì… …possiamo ritenere che Paolo di fatto partì la
domenica mattina.
…mentre eravamo riuniti
Luca dunque era
presente in questa assemblea al
terzo piano di una casa a
Troas e descrive come i nostri
fratelli sono riuniti per la celebrazione del culto, che si svolgeva in
semplicità e secondo gli insegnamenti che lo stesso Paolo impartiva nelle
sue lettere (cfr 1 Corinzi 14:26-40)
…per spezzare il pane
La chiesa di Troas,
insieme ai nostri fratelli in viaggio, si era riunita con uno scopo
principale:
spezzare il pane.
Anche
se avevano l’opportunità di avere con
loro il grande apostolo Paolo, lo scopo della riunione era
spezzare il pane.
A volte noi perdiamo di
vista la bellezza e l’importanza di riunirci per
spezzare il pane,
l’aspetto principale delle nostre riunioni è piuttosto la predicazione della
Parola, la lode, il canto… …il
momento dello spezzare il pane è,
ahimè, un momento accessorio… …quando
è ancora presente!
Questo atto, parte
integrante e sostanziale del culto, è il modo più antico di indicare la
commemorazione della morte del Signore (cfr
Atti 2:46).
Il momento del ricordo
dell’Opera della Croce, simboleggiata nello
spezzare il pane,
deve essere ciò che ci attrae e lo
scopo che ci raduna, altrimenti… dobbiamo rivedere qualcosa!
Paolo dava alle chiese che formava delle precise istruzioni circa il
momento del culto e la conduzione dell’assemblea, nonché l’amministrazione
dello
spezzare il pane:
Ora vi lodo perché vi ricordate di me in ogni cosa, e
conservate le mie istruzioni come ve le ho trasmesse. Ma voglio che
sappiate che il capo di ogni uomo è
Cristo, che il capo della donna è l'uomo, e che il capo di Cristo è Dio.
Ogni uomo che prega o profetizza a capo coperto fa disonore al suo capo; ma
ogni donna che prega o profetizza senza avere il capo coperto fa disonore al
suo capo, perché è come se fosse rasa.
Perché se la donna non ha il capo coperto, si faccia anche tagliare i
capelli! Ma se per una donna è cosa vergognosa farsi tagliare i capelli o
radere il capo, si metta un velo.
Poiché, quanto all'uomo, egli non deve coprirsi il capo, essendo immagine e
gloria di Dio; ma la donna è la gloria dell'uomo; perché l'uomo non viene
dalla donna, ma la donna dall'uomo; e l'uomo non fu creato per la donna, ma
la donna per l'uomo.
Perciò la donna deve, a causa degli
angeli, avere sul capo un segno di autorità.
D'altronde, nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo senza la
donna.
Infatti, come la donna viene dall'uomo, così anche l'uomo esiste per mezzo
della donna e ogni cosa è da Dio.
Giudicate voi stessi: è decoroso che una donna preghi Dio senza avere il
capo coperto?
Non vi insegna la stessa natura che se l'uomo porta la chioma, ciò è per
lui un disonore?
Mentre se una donna porta la chioma, per lei è un onore; perché la chioma
le è data come ornamento.
Se poi a qualcuno piace
essere litigioso, noi non abbiamo tale abitudine; e neppure le chiese di
Dio.
Nel darvi queste istruzioni non
vi lodo del fatto che vi radunate, non per il meglio, ma per il peggio.
Poiché, prima di tutto, sento che quando vi riunite in assemblea ci sono
divisioni tra voi, e in parte lo credo; infatti è necessario che ci siano
tra voi anche delle divisioni, perché quelli che sono approvati siano
riconosciuti tali in mezzo a voi.
Quando poi vi riunite insieme,
quello che fate, non è mangiare la cena del Signore; poiché, al pasto
comune, ciascuno prende prima la propria cena; e mentre uno ha fame, l'altro
è ubriaco.
Non avete forse le vostre case per mangiare e bere? O disprezzate voi la
chiesa di Dio e umiliate quelli che non hanno nulla? Che vi dirò? Devo
lodarvi? In questo non vi lodo.
Poiché ho ricevuto dal Signore
quello che vi ho anche trasmesso; cioè, che il Signore Gesù, nella notte in
cui fu tradito, prese del pane, e dopo aver reso grazie, lo ruppe e disse:
«Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me».
Nello stesso modo, dopo
aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è il nuovo patto
nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne berrete, in memoria di me.
Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi
annunciate la morte del Signore, finché egli venga».
Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore
indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore.
Ora ciascuno esamini se stesso, e
così mangi del pane e beva dal calice; poiché chi mangia e beve, mangia
e beve un giudizio contro se stesso, se non discerne il corpo del Signore.
Per questo motivo molti fra voi sono infermi e malati, e parecchi muoiono.
Ora, se esaminassimo
noi stessi, non saremmo
giudicati; ma quando siamo giudicati,
siamo corretti dal Signore, per non essere condannati con il mondo.
Dunque, fratelli miei, quando vi riunite per mangiare, aspettatevi gli uni
gli altri.
Se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi riuniate per attirare su
di voi un giudizio.
Quanto alle altre cose, le regolerò quando verrò.
(1 Corinzi 11:2-34)
Che dunque, fratelli? Quando vi
riunite, avendo ciascuno di voi un salmo, o un insegnamento, o una
rivelazione, o un parlare in altra lingua, o un'interpretazione,
si faccia ogni cosa per
l'edificazione. Se c'è chi parla in altra lingua, siano
due o tre al massimo a farlo, e l'uno
dopo l'altro, e qualcuno interpreti. Se non vi è chi interpreti,
tacciano nell'assemblea e parlino a se stessi e a Dio.
Anche i profeti parlino in due o tre
e gli altri giudichino; se una
rivelazione è data a uno di quelli che stanno seduti, il precedente taccia.
Infatti tutti potete profetare a uno
a uno, perché tutti imparino e tutti siano incoraggiati.
Gli spiriti dei profeti sono sottoposti ai profeti, perché Dio non è un Dio
di confusione, ma di pace.
Come si fa in tutte le
chiese dei santi, le donne tacciano nelle assemblee, perché non è loro
permesso di parlare; stiano
sottomesse, come dice anche la legge. Se vogliono imparare qualcosa,
interroghino i loro mariti a casa; perché è vergognoso per una donna parlare
in assemblea.
La parola di Dio è
forse proceduta da voi? O è forse pervenuta a voi soli?
Se qualcuno pensa di
essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo sono
comandamenti del Signore. E se qualcuno lo vuole ignorare, lo ignori.
Pertanto, fratelli, desiderate il profetare, e non impedite il parlare in
altre lingue; ma ogni cosa sia fatta
con dignità e con ordine.
(1 Corinzi
14:26-40)
Io voglio dunque che gli uomini
preghino in ogni luogo, alzando mani pure, senza ira e senza dispute.
Allo stesso modo, le donne si
vestano in modo decoroso, con pudore e modestia: non di trecce e d'oro o
di perle o di vesti lussuose, ma di
opere buone, come si addice a
donne che fanno professione di pietà.
La donna impari in
silenzio con ogni sottomissione. Poiché non permetto alla donna
d'insegnare, né di usare autorità sul marito, ma stia in silenzio.
Infatti Adamo fu formato per primo, e poi Eva; e Adamo non fu sedotto; ma la
donna, essendo stata sedotta, cadde in trasgressione; tuttavia sarà salvata
partorendo figli, se persevererà nella fede, nell'amore e nella
santificazione con modestia.
(1 Timoteo 2:8-15)
Dagli insegnamenti di Paolo, possiamo apprezzare che il momento
del culto e la conduzione dell’assemblea, dovevano essere vissuti più o meno
così:
- lo scopo del culto è la
edificazione (costruire qualcosa di spirituale), ovvero
indurre al bene, rafforzare nella vita religiosa e
morale, con il buon esempio, con un
retto costume di vita, o con parole
(definizione tratta da
Treccani).
Su questa base Paolo dà delle precise istruzioni:
La donna è chiamata ad esprimere la sua
posizione spirituale:
- nei fatti esteriori come segno di sottomissione alla autorità
(coprendosi il capo per pregare o
profetizzare con il velo a causa degli
angeli);
- nel contegno con le parole (non usando autorità verso il marito o
comunque l’uomo che è il suo capo,
tacendo nelle assemblee);
- nel contegno
spirituale con una vita ricca
di opere buone, come si addice a donne che
fanno professione di pietà, e non sfoggiando abiti e monili (simbolo
della ricerca della vanità di questo mondo), ma comportandosi
in modo decoroso, con pudore e
modestia.
L’uomo è chiamato ad esprimere la sua posizione
spirituale:
- nei fatti esteriori non
prevaricando il fratello di autorità pari alla sua dimostrando così di
essere sottomesso anch’egli all’autorità (gli uomini preghino in ogni luogo,
alzando mani pure, senza ira e senza dispute).
- nel contegno con le parole esaltando il Nome del Signore con
insegnamenti, rivelazioni, esercizio
dei doni di edificazione ispirati dallo Spirito Santo.
- nel contegno
spirituale con una vita sobria, non dandosi a comportamenti smodati (ubriachezze).
- l’edificazione durante il culto non era opera dedicata solo ad alcuni:
-
La parola di Dio è forse proceduta da voi? O è forse pervenuta a voi soli?
-
Quando vi riunite, avendo ciascuno di voi…
- …tutti potete profetare a uno a uno, perché tutti imparino e tutti siano
incoraggiati
…ma ogni cosa sia fatta
con dignità e con ordine.
Parte integrante della riunione era lo spezzare il pane,
quasi fosse “il centro del culto”;
è infatti:
- il momento dove si
discerne il corpo del Signore;
- il momento dove ci si esamina:
Ora ciascuno esamini se stesso, e
così mangi del pane e beva dal calice…
- e di conseguenza è il momento per essere corretti dal Signore:
Ora, se esaminassimo
noi stessi, non saremmo
giudicati; ma quando siamo giudicati,
siamo corretti dal Signore, per non essere condannati con il mondo.
Quasi a presagire quanto questi insegnamenti saranno disattesi nella
cristianità, Paolo scrive:
Se qualcuno pensa di
essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo sono
comandamenti del Signore. E se
qualcuno lo vuole ignorare, lo ignori.
***
…dovendo partire il
giorno seguente, parlava ai discepoli, e prolungò il discorso fino a
mezzanotte
Paolo,
dovendo partire il giorno seguente,
voleva impartire più istruzioni possibile ai fratelli che, probabilmente
sapeva di non potere più rivedere di persona.
***
Nella sala di sopra,
dov'eravamo riuniti, c'erano molte lampade; un giovane di nome Eutico, che
stava seduto sul davanzale della finestra, fu colto da un sonno profondo,
poiché Paolo tirava in lungo il suo dire; egli, sopraffatto dal sonno,
precipitò giù dal terzo piano, e venne raccolto morto.
Questo
tirare in lungo il suo dire di
Paolo, fa accadere un evento che Luca ci trasmette nei dettagli.
Da una lettura
superficiale di questo passo si potrebbe concludere che
Eutico rischiò di morire a
causa del lungo e noioso discorso tirato avanti dall’apostolo Paolo… …forse
non avremmo mai il coraggio di dirlo ma a volte pensiamo proprio questo
degli incontri che frequentiamo nelle nostre assemblee… …la nostra presenza
al culto è un offerta… …un sacrificio… …un “obolo” da offrire per “mettersi
a posto con Dio e con la propria coscienza”… …forse per questo ogni tanto ci
sentiamo “autorizzati” ad
abbandonare la comune adunanza per poterci “permettere” uno
svago!
Se questo è il nostro
modo di concepire il momento del culto e la comunione fraterna, forse
faremmo meglio a rivalutare
tutta la nostra posizione spirituale!
Luca, sospinto dallo
Spirito Santo ci ha fatto pervenire questo evento per il nostro
insegnamento… …cerchiamo di coglierlo!
Possiamo immaginare (ma
dobbiamo tenere conto che è una
nostra immaginazione in quanto la Scrittura non ci permette di asserire
queste supposizioni):
…c'erano molte lampade
Le finestre di allora
non avevano vetri, avevano solo le imposte, che molto probabilmente erano
aperte per il caldo dovuta sia al clima che alle
molte lampade accese e sia
per la presenza di molte persone nella stanza.
…un giovane di nome
Eutico, che stava seduto sul davanzale della finestra, fu colto da un sonno
profondo
Presente alla riunione
vi è anche un giovane di nome
Eutico (letteralmente
“Fortunato” “Felice”), seduto vicino alla finestra, probabilmente su una
sorta di davanzale.
Evidentemente questo giovane, non particolarmente coinvolto negli
insegnamenti che dava Paolo, per non patire il caldo prodotto dal calore
delle
molte lampade e dal calore prodotto dalle molte
persone, preferisce stare più comodo…
Eutico è più furbo
degli altri… sta al fresco…
Eutico è meno fanatico
degli altri… anche senza essere nelle vicinanze di Paolo può
sentire lo stesso… senza essere troppo coinvolto…
Eutico è un temerario… occupa le posizioni più panoramiche ed ha una vista sicuramente più
ampia degli altri…
Eutico ha gli occhi su
due fronti… uno dentro la sala di culto, l’altra all’esterno…
può fare paragoni più “completi”…
Il tempo che per gli altri passava velocemente in quanto completamente assorti nei
ragionamenti dell’apostolo (la prova sarà il perdurare
fino all’alba), per
Eutico non passa mai…
probabilmente dalla superficialità con la quale si era accomodato sul
davanzale della finestra (dove poteva distrarsi buttando un occhio a Paolo
ed un occhio a cosa c’era fuori), egli era passato alla noia… dalla noia al
sonno… Eutico, a causa
della sua superficialità non stava realizzando nulla!
Proprio come chi addormentandosi perde il senso della realtà e si
abbandona ai sogni, così il cristiano superficiale… sogna… si illude
che il sogno sia realtà e non è coinvolto nella conoscenza reale di Dio!
Ricordiamoci di cosa scriverà Giacomo:
Sappiate questo, fratelli miei carissimi: che
ogni uomo sia pronto ad ascoltare, lento a parlare, lento
all'ira; perché l'ira dell'uomo non compie la giustizia di Dio.
Perciò, deposta ogni impurità e residuo di
malizia, ricevete con dolcezza la
parola che è stata piantata in voi, e che può salvare le anime vostre.
Ma mettete in pratica la parola e
non ascoltatela soltanto, illudendo voi stessi.
Perché, se uno è ascoltatore della
parola e non esecutore, è simile a un uomo che guarda la sua faccia
naturale in uno specchio; e quando si è guardato se ne va, e
subito dimentica com'era. Ma
chi guarda attentamente
nella legge perfetta, cioè nella legge della libertà,
e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma
uno che la mette in pratica;
egli sarà felice nel suo operare.
(Giacomo 1:19-25)
Com’è il nostro cristianesimo?
E’ qualcosa di superficiale, noioso, non coinvolgente?
Preferiamo la comodità ed il fresco alle “sofferenze” che si sopportano
per conoscere meglio quanto il nostro Dio ha preparato per noi?
Nessuno di noi si senta esente da questi ammonimenti:
…chi pensa di stare in piedi guardi di
non cadere.
(1 Corinzi 10:12)
Certi invece sono i fatti, questo giovane,
vinto dal sonno,
cade dal terzo piano e i discepoli soccorritori
lo prendono morto.
Eutico è veramente
morto, ce lo certifica
Luca, che era un medico ed era presente e ce ne scrive.
***
Paolo scese, si gettò
su di lui e, abbracciatolo, disse: «Non vi turbate, perché la sua anima è in
lui».
Il finale è lieto… ma
l’esperienza servò di ammonimento… e Luca, sospinto dallo Spirito Santo ce
lo ha fatto conoscere… ne comprendiamo il motivo?
Luca essendo medico certifica la morte di Eutico e si ferma… la
scienza non ha nulla da dare in più.
Poi assiste a questo miracolo e si convince ancora di più che l’Opera di
Dio è superiore all’opera umana, anche quella più nobile della medicina…
Luca seguirà da questo momento Paolo fino alla fine dei suoi giorni,
come possiamo leggere nella ultima lettera scritta da Paolo:
Cerca di venir presto da me, perché Dema, avendo amato questo mondo, mi ha
lasciato e se n'è andato a Tessalonica.
Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia.
Solo Luca è con me.
Prendi Marco e conducilo con te; poiché mi è molto utile per il ministero.
Tichico l'ho mandato a Efeso.
Quando verrai porta il mantello che ho lasciato a Troas da Carpo, e i
libri, specialmente le pergamene.
(2 Timoteo 4:9-13)
In questo testo di Eutico possiamo anche imparare a prestare il soccorso
ai fratelli, che pur “cadendo” per le proprie scelte inopportune, hanno più
che mai bisogno del nostro aiuto per rialzarsi.
Paolo non rimproverò Eutico, né sottolineò la sua caduta in modo esemplare
in senso negativo… l’esempio era alla portata di tutti e lui stesso aveva
compreso il pericolo scampato… ora è il momento del soccorso!
***
Poi risalì, spezzò il
pane e prese cibo; e dopo aver ragionato lungamente sino all'alba, partì.
Il giovane fu ricondotto vivo, ed
essi ne furono oltremodo consolati.
Quello che stupisce è
che questo avvenimento, nella sua impressionante impatto, non fa perdere di
vista l’oggetto del loro incontro.
Non segue una festa per
la resurrezione di Eutico, le emozioni non stravolgono il momento
spirituale… …i fratelli tornano nella
sala, spezzano il pane,
mangiano insieme e continuano la
riunione fino all’alba!
***
Quanto a noi, che
eravamo partiti con la nave, facemmo vela per Asso, dove avevamo intenzione
di prendere a bordo Paolo; perché egli aveva stabilito così, volendo fare
quel tragitto a piedi.
Quando ci raggiunse ad
Asso, lo prendemmo con noi, e arrivammo a Mitilene.
Di là, navigando,
arrivammo il giorno dopo di fronte a Chio; il giorno seguente approdammo a
Samo, e il giorno dopo giungemmo a Mileto.
Paolo aveva deciso di
oltrepassare Efeso, per non perdere tempo in Asia; egli si affrettava per
trovarsi a Gerusalemme, se gli fosse stato possibile, il giorno della
Pentecoste.
Luca dedica questa ultima parte del capitolo a descrivere nel dettaglio il
prosieguo del viaggio che fecero il mattino dopo l’incontro chiusosi
all’alba:
Luca ed i compagni di
Paolo si imbarcano a Troas e vanno ad Asso per mare, invece Paolo preferisce
proseguire via terra.
Asso
era nella Misia a venti miglia da Troas, per terra, ed a circa trenta
miglia per mare.
Mitilene
era la bella capitale dell'isola di Lesbo.
Bella per la sua
posizione, all'estremità orientale dell'isola stessa, e per lo splendore dei
suoi edifici. La città si chiama oggi Castro; e l'isola intera,
Metilio.
Chio,
chiamata anche Coos, è un'altra bellissima isola dell'Arcipelago, fra Lesbo
e Samo.
Dista cinque miglia
circa da terra ed oggi si chiama Scio.
Nel 1823 i turchi ne
massacrarono quasi tutti gli abitanti.
Samo
o Samos, è a circa sei miglia a sud di Chio ed è stata sempre famosa
per i suoi vini.
Mileto
era un
Porto di mare, ed
antica capitale della Ionia e distava ventotto miglia da Efeso.
Era originariamente
abitata da una colonia di cretesi; divenne molto potente e fu nota per il
suo magnifico tempio dedicato ad Apollo. I turchi la chiamano oggi Melas.