Secondo viaggio missionario

Paolo, Silvano e Timoteo a Troas e a Filippi


ATTI DEGLI APOSTOLI
1
6:1-15

 

  

Giunse anche a Derba e a Listra; e là c'era un discepolo, di nome Timoteo, figlio di una donna ebrea credente, ma di padre greco.

Di lui rendevano buona testimonianza i fratelli che erano a Listra e a Iconio.

Paolo volle che egli partisse con lui; perciò lo prese e lo circoncise a causa dei Giudei che erano in quei luoghi; perché tutti sapevano che il padre di lui era greco.

Passando da una città all'altra, trasmisero ai fratelli, perché le osservassero, le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani che erano a Gerusalemme.

Le chiese dunque si fortificavano nella fede e crescevano ogni giorno di numero.

Poi attraversarono la Frigia e la regione della Galazia, perché lo Spirito Santo vietò loro di annunciare la parola in Asia; e, giunti ai confini della Misia, cercavano di andare in Bitinia; ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; e, oltrepassata la Misia, discesero a Troas.

Paolo ebbe durante la notte una visione: un macedone gli stava davanti, e lo pregava dicendo: «Passa in Macedonia e soccorrici».

Appena ebbe avuta quella visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là, ad annunciare loro il vangelo.

Perciò, salpando da Troas, puntammo diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; di là ci recammo a Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione della Macedonia; e restammo in quella città alcuni giorni.

Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e sedutici parlavamo alle donne là riunite.

Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, ci stava ad ascoltare.

Il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo.

Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, entrate in casa mia, e alloggiatevi».

E ci costrinse ad accettare.

 (Atti 16:1-15)

***

Giunse anche a Derba e a Listra; e là c'era un discepolo, di nome Timoteo,

figlio di una donna ebrea credente, ma di padre greco.

Di lui rendevano buona testimonianza i fratelli che erano a Listra e a Iconio.

Paolo volle che egli partisse con lui; perciò lo prese e lo circoncise

a causa dei Giudei che erano in quei luoghi; perché tutti sapevano che il padre di lui era greco.

 

Il nome Timoteo significa: Uno che onora Iddio.

Come per Barnaba, probabilmente era il nome “nuovo” di Timoteo, viste le sue caratteristiche evidenziate dai suoi confratelli di Listra e Iconio.

Fu uno dei frutti della predicazione di Paolo (cfr 1 Timoteo 1:2), sicuramente in seguito al suo passaggio a Listra e Iconio durante il primo viaggio missionario di Paolo e Barnaba (Atti 14:1-18).

Il suolo che Paolo ha bagnato col proprio sangue (cfr Atti 14:19), produce fiori e frutti per la gloria di Dio.

Era figlio di madre ebrea e di padre pagano (cfr 2 Timoteo 1:5 e il nostro passo); dalla mamma e dalla nonna fu istruito nelle Scritture del l'Antico Testamento (cfr 2 Timoteo 3:15).

Questo è un bellissimo esempio di una madre ed una nonna cristiane Eunice e Loide, donne fedeli che hanno saputo esercitare il compito di madre e nonna cristiane!

Era un giovane di grandi speranze nella fede (cfr 1 Timoteo 1:18), ricevette l'imposizione delle mani dagli anziani di Listra (cfr 1Timoteo 4:14) ed ora era invitato da Paolo a seguirlo nel campo della missione.

Aveva delle caratteristiche adatte al ministero di Paolo, essendo di sangue misto, greco e giudeo, conosceva le due culture molto bene e pertanto poteva essere un ottimo mezzo di comunicazione.

Lavorò molto con Paolo, era con lui mentre scriveva la lettera ai romani (cfr Romani 16:21); fu il suo messaggero inviato alla sia chiesa di Corinto (cfr 1 Corinzi 4:17) che alla chiesa di Tessalonica (cfr 1 Tessalonicesi 3:2-6).

Fu presso di Paolo mentre egli era in prigione e mentre scriveva la lettera ai filippesi:

Paolo e Timoteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono in Filippi, con i vescovi e con i diaconi, grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.

(Filippesi 1:1-2)

 

Paolo disse di lui cose eccezionali:

Ora spero nel Signore Gesù di mandarvi presto Timoteo per essere io pure incoraggiato nel ricevere vostre notizie.

Infatti non ho nessuno di animo pari al suo che abbia sinceramente a cuore quel che vi concerne.  

Poiché tutti cercano i loro propri interessi, e non quelli di Cristo Gesù.

Voi sapete che egli ha dato buona prova di sé, perché ha servito con me la causa del vangelo, come un figlio con il proprio padre.

Spero dunque di mandarvelo appena avrò visto come andrà a finire la mia situazione; ma ho fiducia nel Signore di poter venire presto anch'io. (Filippesi 2:19-24)

 

Fu sempre presso di Paolo mentre egli era in prigione e mentre scriveva la lettera ai colossesi:

Paolo, apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Timoteo ai santi e fedeli fratelli in Cristo che sono in Colosse, grazia a voi e pace da Dio, nostro Padre. (Colossesi 1:1-2)

 

Lo troviamo ancora presso di Paolo mentre egli era in prigione e mentre scriveva la lettera a Filemone:

Paolo, prigioniero di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, al caro Filemone, nostro collaboratore, alla sorella Apfia, ad Archippo, nostro compagno d'armi, e alla chiesa che si riunisce in casa tua, grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.

(Filemone 1:1-3)

L’autore della lettera agli ebrei ne parla come anch’esso stato in prigione:

Sappiate che il nostro fratello Timoteo è stato messo in libertà; con lui, se viene presto, verrò a vedervi. (Ebrei 13:23)

 

***

…lo prese e lo circoncise a causa dei Giudei che erano in quei luoghi; perché tutti sapevano che il padre di lui era greco

 

Questo avvenimento, posto in contrapposizione agli insegnamenti dello stesso Paolo nella lettera ai galati (cfr Galati 2:3) stride non poco, ma dobbiamo vedere oltre per poter capire il gesto nella sua sostanza.

Paolo era profondamente convinto di quanto scritto ai galati e questo gesto non è sintomo di debolezza ma di forza.

Consideriamo bene ed a fondo le cose:

-          In Gerusalemme, Paolo si trova davanti dei cristiani di origine giudea ai quali egli non doveva né poteva cedere; qui, invece, ha davanti dei giudei non convertiti che egli ha paura di respingere, di scandalizzare.

La riuscita della sua missione, qui, dipende in gran parte dalla possibilità di continuare ad evangelizzare i giudei; ma tutto questo gli è impedito se si porta dietro un incirconciso.

Non dimentichiamo che a Gerusalemme si domandava la circoncisione come necessaria alla salvezza (cfr Atti 15:1) e Paolo, su questo fondamento si batte con tutte le sue forze affinchè Tito non fosse circonciso; se avesse ceduto avrebbe tradito l'evangelo.

Ma qui il motivo che lo spinge a circoncidere Timoteo nasce dalle circostanze speciali in cui l'apostolo si trova; e non deriva da necessità dottrinale, che qualcuno cerchi di imporre e che comprometta l'integrità del Vangelo.

 

Possiamo comprendere questo atto alla lice di quanto scrisse lo stesso Paolo ai corinzi:

Poiché, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti, per guadagnarne il maggior numero; con i Giudei, mi sono fatto giudeo, per guadagnare i Giudei; con quelli che sono sotto la legge, mi sono fatto come uno che è sotto la legge (benché io stesso non sia sottoposto alla legge), per guadagnare quelli che sono sotto la legge; con quelli che sono senza legge, mi sono fatto come se fossi senza legge (pur non essendo senza la legge di Dio, ma essendo sotto la legge di Cristo), per guadagnare quelli che sono senza legge.

Con i deboli mi sono fatto debole, per guadagnare i deboli; mi sono fatto ogni cosa a tutti, per salvarne ad ogni modo alcuni.

E faccio tutto per il vangelo, al fine di esserne partecipe insieme ad altri.

 (1 Corinzi 9:19-23)

Questo è un bellissimo esempio di maturità cristiana!

 

***

Passando da una città all'altra, trasmisero ai fratelli, perché le osservassero, le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani che erano a Gerusalemme.

Le chiese dunque si fortificavano nella fede e crescevano ogni giorno di numero.

 

Paolo ed i suoi compagni, dopo aver trasmesso ai fratelli le decisioni prese nella conferenza di Gerusalemme, perché le osservassero, lasciano la Licaonia ed entrano in paesi dove il Vangelo non era stato ancora predicato.

Timoteo viene subito messo all’opera da Paolo, egli si unisce a Paolo nel trasmettere gli insegnamenti degli apostoli, questa sua attitudine all’insegnamento è un dono particolare dato dallo Spirito Santo a Timoteo che Paolo valorizzerà al massimo.

E’ importante notare che le chiese dunque si fortificavano nella fede e crescevano ogni giorno di numero; è utile qui fermarsi e fare un esame di coscienza sincero: succede anche nella nostra chiesa locale questo?

Se non succede… …chiediamoci onestamente: come mai?

 

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Poi attraversarono la Frigia e la regione della Galazia, perché lo Spirito Santo vietò loro di annunciare la parola in Asia; e, giunti ai confini della Misia, cercavano di andare in Bitinia; ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro; e, oltrepassata la Misia, discesero a Troas.

 

Se si fossero diretti verso l'ovest, sarebbero entrati nella provincia dell'Asia proconsolare, della quale Efeso era il capoluogo.

Se verso il nord, avrebbero attraversato la Frigia e la Galazia; e questa è la via, che lo Spirito indica loro. 

Lo stesso fatto si rinnova poi in Galazia.

Così, senza fermarsi, e traversata rapidamente la Misia, giungono sulla costa, a Troas, città moderna, costruita non lontano dalle rovine dell'antica Troia.

La città di Troas è ricordata in altri passi:

 

-          Durante il terzo viaggio missionario:

Cessato il tumulto, Paolo fece chiamare i discepoli e, dopo averli esortati, li salutò e partì per la Macedonia.

Attraversate quelle regioni, rivolgendo molte esortazioni ai discepoli, giunse in Grecia.

Qui si trattenne tre mesi.

Poi, dato che i Giudei avevano ordito un complotto contro di lui mentre stava per imbarcarsi per la Siria, decise di ritornare attraverso la Macedonia.

Lo accompagnarono Sòpatro di Berea, figlio di Pirro, Aristarco e Secondo di Tessalonica, Gaio di Derba, Timoteo e, della provincia d'Asia, Tichico e Trofimo. Questi andarono avanti e ci aspettarono a Troas. (Atti 20:1-5)

 

-          Nella seconda lettera ai corinzi quando Paolo esorta di perdonare l’autore dello scandalo di Corinto:

Or se qualcuno è stato causa di tristezza, egli ha rattristato non tanto me quanto, in qualche misura, per non esagerare, tutti voi.

Basta a quel tale la punizione inflittagli dalla maggioranza; quindi ora, al contrario, dovreste piuttosto perdonarlo e confortarlo, perché non abbia a rimanere oppresso da troppa tristezza.

Perciò vi esorto a confermargli il vostro amore; poiché anche per questo vi ho scritto: per vedere alla prova se siete ubbidienti in ogni cosa.

A chi voi perdonate qualcosa, perdono anch'io; perché anch'io quello che ho perdonato, se ho perdonato qualcosa, l'ho fatto per amor vostro, davanti a Cristo, affinché non siamo raggirati da Satana; infatti non ignoriamo le sue macchinazioni.

Giunto a Troas per il vangelo di Cristo, una porta mi fu aperta dal Signore, ma non ero tranquillo nel mio spirito perché non vi trovai Tito, mio fratello; così, congedatomi da loro, partii per la Macedonia. (2 Corinzi 2:5-13)

 

-          Nella seconda lettera a Timoteo:

Quando verrai porta il mantello che ho lasciato a Troas da Carpo, e i libri, specialmente le pergamene. (2 Timoteo 4:13)

 

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Paolo ebbe durante la notte una visione: un macedone gli stava davanti, e lo pregava dicendo: «Passa in Macedonia e soccorrici».

Appena ebbe avuta quella visione, cercammo subito di partire per la Macedonia, convinti che Dio ci aveva chiamati là, ad annunciare loro il vangelo.

 

Sembrerebbe che questa fase del viaggio missionario stia un po’ sfuggendo di mano ai nostri mandati, lo Spirito Santo li spinge in luoghi diversi da quelli che loro si erano proposti, fino a manifestarsi per mezzo di una visione, è inutile che cerchiamo di renderci conto esatto dei dettagli di questa visione, l'importante è che la visione risolve, nella mente dell'apostolo, tutte quante le incertezze del viaggio.

E’ bello notare che finalmente, dopo la visione di Paolo, Luca parla di una particolare “convinzione” nella meta indicata dallo Spirito Santo.

E sarà proprio grazie a questa “convinzione” che i nostri missionari reggeranno davanti alle molteplici prove che dovranno sostenere e superare a Filippi.

È la prima volta che nei appare questo noi, che accenna a Luca, all'autore del libro e, da questo momento, testimone oculare delle cose che racconta.

 

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Perciò, salpando da Troas, puntammo diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; di là ci recammo a Filippi, che è colonia romana e la città più importante di quella regione della Macedonia; e restammo in quella città alcuni giorni.

 

I nostri viaggiatori attraversano la parte più settentrionale del mar Egeo e convinti della meta, puntano diritto su Samotracia, e il giorno seguente su Neapolis; di là si recano a Filippi.

Neapolis faceva ancora parte della Tracia; quindi Filippi era la prima città della Macedonia, alla quale arrivarono.

Filippi originariamente si chiamava Crenide (Fontane), era stata conquistata da Filippo il macedone che gli diede il suo nome.

Filippo, il padre di Alessandro il Grande, l'aveva ingrandita e aveva dato il proprio nome; Augusto, che vi aveva riportato una celebre vittoria su Bruto e Cassio, le aveva dato il jus italicum; il godimento, cioè, dei diritti e de privilegi posseduti dalle città d'Italia, e le aveva per conseguenza dato dei magistrati romani.

Già Cesare vi aveva stabilito una colonia romana.

La colonia romana era essenzialmente una posizione militare ed erano dei tratti di territorio conquistato, che si davano comunemente ai veterani delle patrie battaglie.

Quei tratti di territorio diventavano politicamente parti integrali di Roma, e tutti i decreti dell'imperatore o del senato vi avevano la stessa forza che nella capitale e godevano di particolari privilegi (pagavano meno tasse e potevano esercitare il diritto di proprietà fondiaria).

 

***

Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera;

e sedutici parlavamo alle donne là riunite.

 

Paolo, Silvano, Timoteo e Luca arrivano a Filippi ed aspettano l’occasione che il Signore sta preparando loro… …non hanno fretta di “svolgere” il compitino… …sono giorni di attesa e sicuramente di preghiera, sono convinti della chiamata in quel posto e vogliono che sia il Signore a preparare il buon terreno.

A Filippi c'erano così pochi giudei che non vi esisteva sinagoga, evidentemente, la comunità ebraica non era abbastanza numerosa da fornire il numero minimo di dieci capi famiglia giudei necessario per costituire una sinagoga.

Nondimeno, fuori dalla porta, lungo il fiume, che era il Gangite, trovano un luogo dove i giudei avevano l'abitudine di raccogliersi per pregare.

Quel luogo si chiamava la proseukh (proseuché) ed era posto a circa 2,5 Km ad ovest, fuori dalla città.

La proseuché era di forma circolare, senza tetto, fuori della città, e sempre sulla riva d'un fiume o lungo il mare, per render facili i riti d'abluzione.

Tertulliano (Ad nat. 1, 13) parla delle orationes litorales dei giudei e Giovenale accenna a questi, che in italiano si potrebbero chiamare oratori, nella Sat. 3:11-13 e 3.296.

L'assenza degli uomini da questo luogo di preghiera potrebbe dipendere dal fatto che Claudio aveva bandito i giudei da Roma e dalle colonie (cfr Atti 18:2); ed era quindi naturale che non ci fossero che donne ebree di nascita o proselite.

 

…sedutici parlavamo alle donne là riunite

Il sedersi era l'attitudine di Colui che si accingeva ad insegnare (cfr Atti 13:14; Luca 4:20).

 

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Una donna della città di Tiatiri, commerciante di porpora, di nome Lidia, che temeva Dio, ci stava ad ascoltare.

Il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo.

Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, entrate in casa mia, e alloggiatevi».

E ci costrinse ad accettare.

 

Tiatiri era una città della Lidia, provincia compresa nell'Asia proconsolare.

Era situata nella valle del Lico e come altre città dell'Asia Minore era famosa per i suoi lavori di tintoria, specialmente per la porpora o il "cremisi", e rivaleggiava in questo con Tiro e Mileto (Strabone, 13:4, e 14).

Si sono trovate, sul luogo delle iscrizioni accennanti ad una corporazione di venditori di porpora.

Tiatiri sarà una delle sette città nominate nell'Apocalisse alla quale è indirizzata una lettera:

«All'angelo della chiesa di Tiatiri scrivi: Queste cose dice il Figlio di Dio, che ha gli occhi come fiamma di fuoco, e i piedi simili a bronzo incandescente:

"Io conosco le tue opere, il tuo amore, la tua fede, il tuo servizio, la tua costanza; so che le tue ultime opere sono più numerose delle prime.

Ma ho questo contro di te: che tu tolleri Iezabel, quella donna che si dice profetessa e insegna e induce i miei servi a commettere fornicazione, e a mangiare carni sacrificate agli idoli.

Le ho dato tempo perché si ravvedesse, ma lei non vuol ravvedersi della sua fornicazione. Ecco, io la getto sopra un letto di dolore, e metto in una grande tribolazione coloro che commettono adulterio con lei, se non si ravvedono delle opere che ella compie. Metterò anche a morte i suoi figli; e tutte le chiese conosceranno che io sono colui che scruta le reni e i cuori, e darò a ciascuno di voi secondo le sue opere. Ma agli altri di voi, in Tiatiri, che non professate tale dottrina e non avete conosciuto le profondità di Satana (come le chiamano loro), io dico: Non vi impongo altro peso. Soltanto, quello che avete, tenetelo fermamente finché io venga.

A chi vince e persevera nelle mie opere sino alla fine, darò potere sulle nazioni, ed egli le reggerà con una verga di ferro e le frantumerà come vasi d'argilla, come anch'io ho ricevuto potere dal Padre mio; e gli darò la stella del mattino.

Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese". (Apocalisse 2:18-29)

 

Non abbiamo notizia di altre evangelizzazioni a Tiatiri e possiamo pensare che proprio Lidia, questa donna che temeva Dio, e ascoltava, abbia in qualche modo portato il Vangelo nella sua città!

 

…Il Signore le aprì il cuore, per renderla attenta alle cose dette da Paolo.

Ecco una richiesta di preghiera che possiamo fare al Signore…  aprire il cuore ed aiutare le persone e renderle attente alla predicazione della Parola.

 

… Dopo che fu battezzata con la sua famiglia, ci pregò dicendo: «Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, entrate in casa mia, e alloggiatevi».   E ci costrinse ad accettare.

La conversione di Lidia ( e della sua famiglia) è immediata come è direttamente disposta a ricevere il battesimo e rendersi utile alla causa del vangelo.

Paolo, sarà rimasto sicuramente colpito dalla sollecitudine di Lidia ed un suo insegnamento apostolico sarà proprio sull’esercizio dell’ospitalità che aveva visto in Lidia:

Quanto all'amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri.

Quanto all'onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente.

Quanto allo zelo, non siate pigri; siate ferventi nello spirito, servite il Signore; siate allegri nella speranza, pazienti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, provvedendo alle necessità dei santi, esercitando con premura l'ospitalità. (Romani 12:10-13)

 

La vedova sia iscritta nel catalogo quando abbia non meno di sessant'anni, quando è stata moglie di un solo marito, quando è conosciuta per le sue opere buone: per aver allevato figli, esercitato l'ospitalità, lavato i piedi ai santi, soccorso gli afflitti, concorso a ogni opera buona. (1 Timoteo 5:9-10)

Anche l’autore della lettera agli ebrei fa cenno al servizio dell’ospitalità:

Non dimenticate l'ospitalità; perché alcuni praticandola, senza saperlo, hanno ospitato angeli. (Ebrei 13:2)

Chi pratica l’ospitalità si renderà conto in seguito e con sua grande sorpresa, di aver qualche volta, ospitato  degli  angeli senza saperlo.

D’altro canto l’espressione usata da Lidia ci fa comprendere anche come l’accettare l’ospitalità è cosa da fare con prudenza… …se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, entrate in casa mia, e alloggiatevi.

 

L’esempio di Lidia

Lidia fu una delle prime convertite in quel luogo e sicuramente per lei è un onore avere il suo nome scritto nel libro di Dio, in modo che si leggerà sempre di lei nelle Scritture.

Era una negoziante di porpora, era una donna molto rispettata, viveva in una casa spaziosa e aveva probabilmente anche molti servi; era indubbiamente una “donna di successo” nei suoi affari, aveva le idee chiare e svolgeva il suo mestiere in modo onesto,  con entusiasmo e per uno scopo ben preciso.

Pur essendo una donna indipendente e dato che i suoi prodotti erano richiesti soprattutto da re e comunque da persone ricche di un certo livello, questo non aveva permesso che ne fosse assorbita completamente, ma trovava il tempo per cose di maggiore importanza;  ovvero temeva Dio e si riuniva per pregare insieme ad altre donne.

Quando Lidia a “quell’incontro di preghiera” sente parlare di Gesù apre il suo cuore e si ravvede, subito dopo sente la necessità di dire agli altri  ciò che stava succedendo in lei.

Infatti  si battezza, e quale modo migliore per testimoniare della propria fede,  per mostrare a tutti l’incontenibile felicità che regnava dentro di lei, ma soprattutto dimostrava che si identificava con la morte e la resurrezione di Cristo ed era una nuova creatura.

Con il suo entusiasmo Lidia, testimoniò di Gesù Cristo a tante persone e contribuì alla formazione della prima chiesa lì in quel luogo.

Per Lidia, l’essere diventata cristiana significava qualcosa di molto concreto e cioè: l’intera sottomissione alla supremazia di Cristo.

Oltre  a tutta se stessa sottomise anche la sua casa infatti “costrinse” Paolo e i suoi compagni a rimanere presso di lei e loro accettarono, segno che davvero questa donna si era davvero convertita.

Inoltre un altro aspetto fondamentale da non sottovalutare di Lidia è il fatto che non si vergognava di Cristo e  quindi neppure quando Paolo e Sila, coperti di ferite e contusioni, tornarono a casa sua dopo essere stati in prigione (cfr Atti 16:40).

Dio desidera che i cristiani aprano le loro case agli altri e si aiutino con i mezzi che Lui ci mette a disposizione.

Dio desidera che amministriamo con diligenza i beni materiali che ci ha affidato.

In qualche modo la casa di Lidia diventa il nucleo della nuova comunità di Filippi, la sua casa diventa una chiesa domestica, luogo accogliente, di adorazione e preghiera.

Della comunità nata in questa chiesa semplice Paolo ricorda, nella lettera ai Filippesi, alcuni membri:

- due donne, Evodia e Sintiche, che non andavano molto d’accordo, ma che sono ricordate come lottatrici per il Vangelo:

Esorto Evodia ed esorto Sintìche a essere concordi nel Signore.

Sì, prego pure te, mio fedele collaboratore, vieni in aiuto a queste donne, che hanno lottato per il vangelo insieme a me... (Filippesi 4:2-3)

- Clemente

...a Clemente e agli altri miei collaboratori i cui nomi sono nel libro della vita.

(Filippesi 4:3)

- Epafrodito, compagno di lavoro e di lotta di Paolo, inviato dalla comunità di Filippi ad aiutare Paolo, ma poi rinviato da Paolo in quanto seriamente ammalato accompagnato con parole di particolare stima:

Però ho ritenuto necessario mandarvi Epafròdito, mio fratello, mio compagno di lavoro e di lotta, inviatomi da voi per provvedere alle mie necessità; egli aveva un gran desiderio di vedervi tutti ed era preoccupato perché avevate saputo della sua malattia.

È stato ammalato, infatti, e ben vicino alla morte; ma Dio ha avuto pietà di lui; e non soltanto di lui, ma anche di me, perché io non avessi dolore su dolore.

Perciò ve l'ho mandato con gran premura, affinché vedendolo di nuovo vi rallegriate, e anch'io sia meno afflitto.

Accoglietelo dunque nel Signore con ogni gioia e abbiate stima di uomini simili; perché è per l'opera di Cristo che egli è stato molto vicino alla morte, avendo rischiato la propria vita per supplire ai servizi che non potevate rendermi voi stessi.

(Filippesi 2:25-30)

 

La comunità di Filippi nasce sotto il segno di questo primo atto di calda accoglienza di Lidia e pare che Paolo sia rimasto affettuosamente legato a questa comunità:

Ed è giusto che io senta così di tutti voi, perché io vi ho nel cuore, voi tutti che, tanto nelle mie catene quanto nella difesa e nella conferma del vangelo, siete partecipi con me della grazia.

Infatti Dio mi è testimone come io vi ami tutti con affetto profondo in Cristo Gesù.   (Filippesi 1:7-8)

Gianni Marinuzzi