Secondo viaggio missionario: Preparazione

Barnaba e Marco - Paolo e Sila


ATTI DEGLI APOSTOLI
15:
30-41

 

  

Essi dunque presero commiato e scesero ad Antiochia, dove, radunata la moltitudine dei credenti, consegnarono la lettera.

Quando i fratelli l'ebbero letta, si rallegrarono della consolazione che essa portava loro.

Giuda e Sila, anch'essi profeti, con molte parole li esortarono e li fortificarono.

Dopo essersi trattenuti là diverso tempo, i fratelli li lasciarono ritornare in pace a coloro che li avevano inviati. [Ma parve bene a Sila di rimanere qui.]

Paolo e Barnaba rimasero ad Antiochia, insegnando e portando, insieme a molti altri, il lieto messaggio della Parola del Signore.

Dopo diversi giorni, Paolo disse a Barnaba: «Ritorniamo ora a visitare i fratelli di tutte le città in cui abbiamo annunciato la Parola del Signore, per vedere come stanno».

Barnaba voleva prendere con loro anche Giovanni detto Marco.

Ma Paolo riteneva che non dovessero prendere uno che si era separato da loro già in Panfilia, e non li aveva accompagnati nella loro opera.

Nacque un aspro dissenso, al punto che si separarono; Barnaba prese con sé Marco e s'imbarcò per Cipro; Paolo, invece, scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore.

E percorse la Siria e la Cilicia, rafforzando le chiese.  (Atti 15:30-41)

 

***

 

Essi dunque presero commiato e scesero ad Antiochia, dove, radunata la moltitudine dei credenti, consegnarono la lettera.

Quando i fratelli l'ebbero letta, si rallegrarono della consolazione che essa portava loro.

 

…Essi dunque

cioè: Paolo, Barnaba, Tito, gli altri partiti da Antiochia per Gerusalemme in occasione della Conferenza, e i delegati della chiesa di Gerusalemme: Sila e di Giuda.

 

si rallegrarono della consolazione

Si rallegrarono per la consolazione (che ne ebbero); insomma: la lettura della lettera li riempì di gioia e di coraggio.

Cosa portò loro gioia?

Due cose fondamentali:

-       Era stato riconosciuto ufficialmente che la Porta era stata aperta anche ai gentili ed era chiaro per tutti che Dio non ha riguardi personali; ma che in qualunque nazione chi lo teme e opera giustamente gli è gradito. Questa è la parola ch'egli ha diretta ai figli d'Israele, portando il lieto messaggio di pace per mezzo di Gesù Cristo. Egli è il Signore di tutti. (Atti 10:34-36)

-       Erano liberi di servire il Signore senza essere assoggettati alla schiavitù della Legge mosaica, come d’altronde avevano imparato a conoscere il Signore nel Vangelo per mezzo della predicazione di Paolo, Barnaba ed i fratelli profeti e dottori di Antiochia.

 

***

Giuda e Sila, anch'essi profeti, con molte parole li esortarono e li fortificarono.

 

È chiaro che il profeta qui non è solamente uno che “predice l'avvenire”, come nel caso di Agabo:

In quei giorni, alcuni profeti scesero da Gerusalemme ad Antiochia.                 

E uno di loro, di nome Agabo, alzatosi, predisse mediante lo Spirito che ci sarebbe stata una grande carestia su tutta la terra; la si ebbe infatti durante l'impero di Claudio.

I discepoli decisero allora di inviare una sovvenzione, ciascuno secondo le proprie possibilità, ai fratelli che abitavano in Giudea. (Atti 11:27-29)

 

Giuda e Sila, profeti, sotto l'azione dello Spirito Santo, esortano e fortificano i fratelli.

Ora vi è diversità di doni, ma vi è un medesimo Spirito.

Vi è diversità di ministeri, ma non v'è che un medesimo Signore.

Vi è varietà di operazioni, ma non vi è che un medesimo Dio, il quale opera tutte le cose in tutti.

Ora a ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per il bene comune.

Infatti, a uno è data, mediante lo Spirito, parola di sapienza; a un altro parola di conoscenza, secondo il medesimo Spirito; a un altro, fede, mediante il medesimo Spirito; a un altro, doni di guarigione, per mezzo del medesimo Spirito; a un altro, potenza di operare miracoli; a un altro, profezia; a un altro, il discernimento degli spiriti; a un altro, diversità di lingue e a un altro, l'interpretazione delle lingue; ma tutte queste cose le opera quell'unico e medesimo Spirito, distribuendo i doni a ciascuno in particolare come vuole. (1 Corinzi 12:4-11)

 

***

Dopo essersi trattenuti là diverso tempo, i fratelli li lasciarono ritornare in pace a coloro che li avevano inviati.

 [Ma parve bene a Sila di rimanere qui.]

Paolo e Barnaba rimasero ad Antiochia, insegnando e portando,

insieme a molti altri, il lieto messaggio della Parola del Signore.

 

Erano parecchi i profeti e i dottori, in Antiochia come detto precedentemente:

Nella chiesa che era ad Antiochia c'erano profeti e dottori: Barnaba, Simeone detto Niger, Lucio di Cirene, Manaem, amico d'infanzia di Erode il tetrarca, e Saulo. (Atti 13:1)

 

E qui vediamo, che nonostante la presenza di due “colonne” come Paolo e Barnaba, l’insegnamento era praticato insieme a molti altri… …qui stride parecchio lo stato di molte chiese del nostro secolo dove l’insegnamento è delegato ad un “pastore” o ad un gruppo limitatissimo di persone.

Come impoveriamo, agendo in questo modo, la Chiesa del Signore!

L’apostolo Paolo stesso amava “essere consolato dagli altri fratelli”:

Dio, che servo nel mio spirito annunciando il vangelo del Figlio suo, mi è testimone che faccio continuamente menzione di voi chiedendo sempre nelle mie preghiere che in qualche modo finalmente, per volontà di Dio, io riesca a venire da voi.

Infatti desidero vivamente vedervi per comunicarvi qualche dono, affinché siate fortificati; o meglio, perché quando sarò tra di voi ci confortiamo a vicenda mediante la fede che abbiamo in comune, voi e io. (Romani 1:9-12)

 

Ed insegna che l’ammonizione, l’edificazione e la consolazione è reciproca nella Chiesa non unilaterale:

Ora, fratelli miei, io pure sono persuaso, a vostro riguardo, che anche voi siete pieni di bontà, ricolmi di ogni conoscenza, capaci anche di ammonirvi a vicenda. (Romani 15:14)

                                                                       

Perciò, consolatevi a vicenda ed edificatevi gli uni gli altri, come d'altronde già fate.   (1 Tessalonicesi 5:11)

 

Viviamo tutto questo?

Paolo e Barnaba, insieme agli altri fratelli della chiesa di Antiochia, insegnano e portano,

il lieto messaggio della Parola del Signore.

 

Il messaggio della Parola del Signore è un messaggio lieto per coloro che cercano la verità… …per gli altri è un messaggio molto spiacevole…   …da evitare… …come consideriamo noi il messaggio della Parola del Signore?

 

E’ illuminante il passo profetico di Osea:

Chi è saggio ponga mente a queste cose! Chi è intelligente le riconosca!

Poiché le vie del SIGNORE sono rette; i giusti cammineranno per esse, ma i trasgressori vi cadranno. (Osea 14:9)

 

Il lieto messaggio della Parola di Dio è un messaggio che divide e fa male a chi è estraneo al “corpo di Cristo”, ma è rigenerante, ristorante e fortificante per coloro che sono da Dio.

Paolo parlerà di questo duplice effetto della Sua predicazione ai fratelli di Corinto:

Ma grazie siano rese a Dio che sempre ci fa trionfare in Cristo e che per mezzo nostro spande dappertutto il profumo della sua conoscenza.

Noi siamo infatti davanti a Dio il profumo di Cristo fra quelli che sono sulla via della salvezza e fra quelli che sono sulla via della perdizione; per questi, un odore di morte, che conduce a morte; per quelli, un odore di vita, che conduce a vita.  E chi è sufficiente a queste cose?

Noi non siamo infatti come quei molti che falsificano la parola di Dio; ma parliamo mossi da sincerità, da parte di Dio, in presenza di Dio, in Cristo. (2 Corinzi 2:14-17)

 

Anche Pietro ne parla in tale modo:

Accostandovi a lui, pietra vivente, rifiutata dagli uomini, ma davanti a Dio scelta e preziosa, anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo. Infatti si legge nella Scrittura: «Ecco, io pongo in Sion una pietra angolare, scelta, preziosa e chiunque crede in essa non resterà confuso».

Per voi dunque che credete essa è preziosa; ma per gli increduli «la pietra che i costruttori hanno rigettata è diventata la pietra angolare, pietra d'inciampo e sasso di ostacolo».

Essi, essendo disubbidienti, inciampano nella parola; e a questo sono stati anche destinati.

Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa; voi, che prima non eravate un popolo, ma ora siete il popolo di Dio; voi, che non avevate ottenuto misericordia, ma ora avete ottenuto misericordia.   (1 Pietro 2:4-10)

 

***

Dopo diversi giorni, Paolo disse a Barnaba: «Ritorniamo ora a visitare i fratelli di tutte le città in cui abbiamo annunciato la Parola del Signore, per vedere come stanno».

 

Paolo scrivendo ai corinzi rivela quali sofferenze e preoccupazioni aveva per le chiese, non era semplice curiosità la sua:

Spesso in viaggio, in pericolo sui fiumi, in pericolo per i briganti, in pericolo da parte dei miei connazionali, in pericolo da parte degli stranieri, in pericolo nelle città, in pericolo nei deserti, in pericolo sul mare, in pericolo tra falsi fratelli; in fatiche e in pene; spesse volte in veglie, nella fame e nella sete, spesse volte nei digiuni, nel freddo e nella nudità.  Oltre a tutto il resto, sono assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che mi vengono da tutte le chiese. (2 Corinzi 11:28)

 

Come apostolo di Cristo, Paolo porta, oltre al peso delle sofferenze proprie, un peso di paterna quotidiana sollecitudine per tutte le chiese e per i loro membri.

Sono molte le chiese fondate da Paolo, e la loro crescita e le loro condizioni spirituali gli stanno a cuore in modo assillante.

Le preghiere dell'apostolo per le chiese, per i loro conduttori e per i loro membri stanno ad attestare quanto fosse vero l’affetto che provava per tutti.

Ma Paolo aveva una coscienza pura in quanto sapeva di aver portato loro non una sua convinzione, non se stesso ma la Parola del Signore, come scriverà ai fratelli di Corinto:

Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù quale Signore, e quanto a noi ci dichiariamo vostri servi per amore di Gesù… (2 Corinzi 4:5)

 

***

Barnaba voleva prendere con loro anche Giovanni detto Marco.

Ma Paolo riteneva che non dovessero prendere uno che si era separato da loro già in Panfilia,

e non li aveva accompagnati nella loro opera.

Barnaba voleva mettere suo cugino alla prova un'altra volta; vedeva nella diserzione di Giovanni detto Marco (cfr Atti 13:13) delle circostanze attenuanti, che Paolo non voleva riconoscere.

Paolo riteneva che per un'opera come quella che stavano per intraprendere, necessitavano caratteri forti; e che un atto di debolezza qualunque avrebbe potuto compromettere ogni cosa; quindi, di portarsi nuovamente Marco non ne voleva sapere.

 

***

Nacque un aspro dissenso, al punto che si separarono; Barnaba prese con sé Marco e s'imbarcò per Cipro; Paolo, invece, scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore.

E percorse la Siria e la Cilicia, rafforzando le chiese.

 

La contesa non fu lunga, ma senza dubbio aspra e dura.

Pare, dall’accenno alla raccomandazione dei fratelli, che i fratelli della chiesa di Antiochia, nella contesa fra Paolo e Barnaba, prendessero piuttosto la parte di Paolo.

Luca, che da ora innanzi si occupa esclusivamente dei movimenti di Paolo, non ci dice più nulla degli altri missionari.

E’ da notare che ognuno dei due apostoli prende questa volta le mosse dalla sua provincia natale. Paolo, dalla Cilicia; Barnaba, dall'isola di Cipro (cfr Atti 15:39).

Questa è l’ultima citazione di Barnaba nel libro degli atti degli apostoli.

Per Paolo, questo secondo viaggio doveva essere non un viaggio evangelistico, ma quello che chiamiamo oggi con modo, moderno una "missione interna"; una visita pastorale intesa a raffermare nella fede quelli che già credevano nel Signore.

Ma l'uomo propone e Dio dispone; e Dio ha in serbo per il suo apostolo delle cose molto più grandi di quelle che egli possa immaginare.

La diatriba tra Paolo e Barnaba offre diverse riflessioni:

- si può notare come Paolo possa aver agito con eccessivo rigore;

- si può notare Barnaba possa mostrare invece una certa debolezza per il cugino, motivata appunto dai legami di sangue.

Quello che è interessante che Dio per mezzo di Luca non nasconde questo avvenimento, ognuno dei due abbonda nel proprio senso; e la contesa mostra un qualcosa della fragilità umana, anche negli apostoli.

Luca e in generale la Parola di Dio, mettono in evidenza sia le debolezze che le virtù degli uomini di Dio.

La Parola è sincera; non ha riguardi personali; non vuole che una cosa: la Verità, tutta la Verità, nient'altro che la Verità.

 

Vi sono però altre osservazioni da fare:

1)      La burrasca passa ed il cielo tornerà bello e sereno.

I due apostoli, momentaneamente separati, torneranno assieme per lavorare a tutt'uomo alla gloria di quel Maestro, "per il quale hanno messo e son disposti a mettere ancora, la vita a repentaglio" (cfr Atti 15:26).

 

Paolo farà ancora riferimento a Barnaba, quale apostolo, scrivendo ai corinzi:

… O siamo soltanto io e Barnaba a non avere il diritto di non lavorare?

(1 Corinzi 9:6)

Ed anche Paolo e Marco torneranno assieme:

Vi salutano Aristarco, mio compagno di prigionia, Marco, il cugino di Barnaba (a proposito del quale avete ricevuto istruzioni; se viene da voi, accoglietelo), e Gesù, detto Giusto.

Questi provengono dai circoncisi, e sono gli unici che collaborano con me per il regno di Dio, e che mi sono stati di conforto. (Colossesi 4:10-11)

 

E l'affetto di Paolo per il giovane amico diventerà più caldo e più forte che mai:

Quanto a me, io sto per essere offerto in libazione, e il tempo della mia partenza è giunto.

Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede.

Ormai mi è riservata la corona di giustizia che il Signore, il giusto giudice, mi assegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti quelli che avranno amato la sua apparizione.

Cerca di venir presto da me, perché Dema, avendo amato questo mondo, mi ha lasciato e se n'è andato a Tessalonica. Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia.

Solo Luca è con me.

Prendi Marco e conducilo con te; poiché mi è molto utile per il ministero.

(2 Timoteo 4:6-11)

 

2)      La contesa dei due apostoli fu un beneficio morale per Marco; fu una salutare disciplina.

-          La severità di Paolo lo dovette trarre al ravvedimento, lo dovette umiliare, lo dovette mettere in guardia contro altre possibili diserzioni; la bontà, la condiscendenza, il tatto di Barnaba dovettero salvarlo dallo scoraggiamento.

-          Barnaba dovette esser felice quando, più tardi, i fatti provarono che non aveva avuto torto di dare una prova di fiducia a Marco, prendendolo con sè, a costo di separarsi da Paolo.

-          Paolo dovette esser felice di potersi, stringere di nuovo il fratello maturato.

 

3)      Dio sa sempre far concorrere all'avanzamento del regno di Cristo anche gli errori e le debolezze dei figliuoli di Dio, seppe anche dall'evidente male della contesa trarre più d'un bene:

Paolo e Barnaba, finora, avevano lavorato assieme in una direzione sola; ora, dopo la contesa, ecco due viaggi, simultaneamente, in due direzioni diverse; e non basta; invece di due missionari, ecco quattro missionari al lavoro; invece di una coppia, cioè, ecco due coppie di missionari, che partono nel medesimo tempo per luoghi differenti.

 

La scelta di portarsi Sila, fu comunque una scelta benedetta da Dio e si dimostrò saggia per diversi motivi:

-          era un rappresentante autorevole della chiesa di Gerusalemme, incaricato di portare le risultante della conferenza ad Antiochia ed era conosciuto;

-          era cittadino romano e pertanto libero di circolare senza troppi problemi (Cfr Atti 16:38);

-          era un profeta (cfr Atti 15:32);

-          era istruito e conosceva il greco e probabilmente diventò il segretario di Paolo, nonché di Pietro:

Perché il Figlio di Dio, Cristo Gesù, che è stato da noi predicato fra voi, cioè da me, da Silvano e da Timoteo…  (2 Corinzi 1:19)

Paolo, Silvano e Timoteo alla chiesa dei Tessalonicesi che è in Dio Padre e nel Signore Gesù Cristo: grazia a voi e pace.

(1 Tessalonicesi 1:1)

 

Paolo, Silvano e Timoteo, alla chiesa dei Tessalonicesi, che è in Dio nostro Padre e nel Signore Gesù Cristo, grazia a voi e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo. (2 Tessalonicesi 1:1-2)

 

Per mezzo di Silvano, che considero vostro fedele fratello, vi ho scritto brevemente, esortandovi e attestando che questa è la vera grazia di Dio; in essa state saldi. (1 Pietro 5:12)

***

Riflessioni su Barnaba

Tra gli innumerevoli personaggi positivi di cui ci parla la Bibbia, in particolare nel Nuovo Testamento, spicca un uomo straordinario.

Egli si rese disponibile a farsi guidare dallo Spirito Santo che lo spinse a compiere alcuni degli atti che cambiarono il corso della vita della nascente Chiesa, cominciando da quella locale in Gerusalemme.
Stiamo parlando di “Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Barnaba(At 4:36a).

In realtà Barnaba era un soprannome con diversi significati:

·     alcuni credono che possa significare Figlio dell’esortazione, o della consolazione” (Atti 4:36b),

·     altri traducono il suo significato dall’aramaico “bar nàbìah che significa “figlio del profeta”;

·     altri ancora ritengono sia piuttosto la traduzione di un nome pagano, di derivazione babilonese, reso con “figlio del dio Nabu (lo stesso dio presente nella radice del nome del re Nabucodonosor).

 

Il soprannome di Barnaba “Figlio dell’esortazione” con cui era conosciuto tra i credenti non era casuale, e nemmeno gli era stato assegnato dagli apostoli per una certa simpatia, ma perché probabilmente manifestava costantemente nella sua vita atteggiamenti di consolazione e d’incoraggiamento, che sono il reale significato del suo soprannome.

Questa attitudine, l’incoraggiamento, non era l’unica nota positiva di questo straordinario credente, infatti, Luca nel libro degli Atti, lo descrive come “un uomo dabbene, e pieno di Spirito Santo e di fede”.

Con la guida dello Spirito Santo, cercheremo di conoscere meglio questo testimone del quale la Scrittura ci ha trasmesso la conoscenza, con l’intento di raccoglierne l’esempio che ci ha lasciato, nello stesso modo in cui lui avrà sicuramente osservato e seguito il “perfetto esempio di incoraggiamento”, cioè la figura e la persona del Signore Gesù Cristo.

Barnaba era un ebreo, della tribù di Levi, ed era nativo dell’isola di Cipro, allora sotto dominio greco.

La storia biblica, nel libro degli Atti, ce lo presenta la prima volta a Gerusalemme, pochi momenti dopo la morte e la resurrezione del Signore Gesù Cristo.

Fonti antiche riferiscono che Barnaba, chiamato apostolo più volte dal libro stesso degli Atti pur non appartenendo ai dodici, fu addirittura uno dei settantadue discepoli di cui si parla negli Evangeli.

Il suo primo atto ricordato nella Parola è un gesto di generosità e di altruismo per i “fratelli credenti”  più poveri dell’allora neonata chiesa di Gerusalemme:

Egli era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l’importo deponendolo ai piedi degli apostoli  (Atti 4:37).

 

Barnaba fece ciò con vero amore e volontariamente, seguendo l’impulso della “grazia” e ripieno dello Spirito Santo.

Non sappiamo se il suo slancio fu conseguente al conoscere i bisogni della chiesa a Gerusalemme, che stava attraversando una situazione critica dal punto di vista economico a causa delle persecuzioni.

Forse era necessario che chi avesse delle disponibilità le mettesse in comunione, ad esempio anche per il bene della testimonianza ma non ne abbiamo la certezza; oppure la spinta era derivata da una scelta personale, o addirittura collettiva, di avere ogni cosa in comune.

Egli mise in pratica i comandamenti ricevuti dal nostro “maestro divino” e che sono indicati molto bene dall’apostolo Giovanni (ancora prima che Giovanni li scrivesse):

Ma se qualcuno possiede dei beni di questo mondo e vede il suo fratello nel bisogno e non ha pietà di lui, come potrebbe l’amore di Dio essere in lui?  (1 Giovanni 3:17)

 

Luca, nel seguito del libro degli Atti, aggiunge a questa primo cenno del carattere e della persona di Barnaba altre informazioni utili, e così lo descrive come “un uomo dabbene, e pieno di Spirito Santo e di fede” (cfr Atti 11:24), ed è grazie a queste qualità che la sua autorità nella chiesa locale di Gerusalemme cresce, e di questa autorevolezza ben presto ce ne sarà bisogno.

Infatti, in quel periodo poco tempo dopo la Pentecoste, i cristiani di Gerusalemme sono in apprensione perché in città era tornato Saulo da Tarso, conosciuto da tutti come un fariseo zelante, nonché un persecutore spietato.

Saulo (Paolo) arrivò a Gerusalemme, dopo aver messo in subbuglio Damasco a seguito della sua conversione e predicando nel nome di Gesù.

Paolo era in una situazione difficile, non era più dei Giudei, dai quali si era dissociato; non era ancora della Chiesa, che di lui diffidava:

Paolo, venuto a Gerusalemme, cercava di unirsi con i discepoli, ma tutti avevano paura di lui, non credendo ancora che fosse un discepolo”  (Atti 9:26)

 

Barnaba vide questo “novizio” e chissà cosa avrà pensato di lui, della sua fama terribile, e che dire poi della sua conversione?

E se fosse tutto un trucco per distruggere la chiesa di Gerusalemme dall’interno?

Questi interrogativi avranno riempito la testa di Barnaba, e non sappiamo cosa poi gli fece cambiare idea.

Dalla sua storia personale successiva sappiamo che non era un tipo facilmente influenzabile, e quindi cosa successe?

La capacità di ascoltare di Barnaba è stata importante, sia nell’ascoltare le indicazione dalla Parola di Dio, sia nell’ascoltare ciò che questo credente aveva da dire.

Era disponibile non solo a ricevere un “uomo di nessuno”, ma si rese disponibile anche ad ascoltarlo; d’altronde la Parola lo dice: “sia ogni uomo pronto ad ascoltare…” (Giacomo 1:19).

Quello che accadde fu che Barnaba fu l’unico che ascoltò Paolo e gli credette, mettendo in gioco il suo onore, e si diede da fare perché gli fosse dato credito e affinché fosse accolto nella Chiesa:

Allora Barnaba lo prese con sé, lo presentò agli apostoli e raccontò loro come durante il viaggio aveva visto il Signore che gli aveva parlato, e come in Damasco aveva predicato con coraggio nel nome di Gesù”  (Atti 9:27)

 

Barnaba “garantisce” per lui, basta la sua parola, ed infatti: Saulo, che poi si chiamerà Paolo, poté stare con loro e andava e veniva a Gerusalemme, parlando apertamente nel nome del Signore. (cfr Atti 9:28)

È bello vedere come Barnaba prese con sé Paolo, esattamente come qualche anno più tardi Aquila e Priscilla presero con loro Apollo per esporgli più approfonditamente la via di Dio (cfr Atti 18:26).

Personalmente trovo in Barnaba e in Aquila e Priscilla lo stesso sentimento amorevole nei confronti di un loro fratello “bisognoso” di cure e protezione e consolazione e poi di sostegno, e di incoraggiamento.

Barnaba aveva una qualità meravigliosa, purtroppo molto rara intorno a noi, ma che credo sia ancora oggi molto importante, egli sapeva INCORAGGIARE: sempre, comunque, senza se e senza ma!!

Barnaba a ragione possiamo dire fosse appartenente al gruppo di coloro che sanno “scoprire” e vedere il bene che germoglia, anche se i segnali di vita di quel bene sono quasi inesistenti.

Persone così sanno avvertire, “spiritualmente parlando”, la spinta alla crescita anche quando il germe è ancora sottoterra, nascosto e improduttivo.

Sanno vedere aldilà del presente e del contingente, che a volte è fatto di pochezza e miseria, ma come fece il Signore con Pietro sanno che Satana chiede di vagliare i credenti ma essi pregano affinché la fede di questi “bisognosi” non venga meno durante la prova (cfr Luca 22:31-32).

Un altro aspetto importante di Barnaba è che invece di dissodare e lavorare i terreni per le “proprie” ambizioni (o aspirazioni o fini o obiettivi), si dimostrò capace di evidenziare e mettere in risalto il bene negli altri spingendoli a germogliare e crescere, e partecipando attivamente ad attività comuni senza porsi il problema dei “meriti”.

Persone come Barnaba (e prima di lui Pietro, e successivamente Paolo) furono a pieno titolo credenti che, qualcuno, ha chiamato le “levatrici” della chiesa, cioè del popolo di Dio, che lo Spirito di Dio stava generando.

Barnaba è una figura di primo piano nella fervente comunità cristiana fiorita a Gerusalemme, dopo la Pentecoste,

Era sicuramente preparato, uomo dotato spiritualmente e adatto a compiere grandi cose nell’opera di Dio.

Nulla in lui era casuale, né il suo amore, né il suo offrirsi agli altri, né la sua disponibilità a spendersi, né la sua prontezza a farsi da parte.

Egli era un uomo che viveva ciò che aveva nel cuore, e che predicava ciò che viveva.

La sua descrizione scritta da Luca: un uomo dabbene, e pieno di Spirito Santo e di fede, è un dipinto meraviglioso delle sue qualità.

Era un uomo dabbene, cioè buono.

Ma di quella bontà che viene ed è prodotta da Dio stesso, perché “uno solo è il Buono” (cfr Matteo 19:17)!  Egli rispecchiava il suo Dio e lo manifestava intorno a sé.

Era ripieno di Spirito Santo e di fede.

Credo si possano trovare qui, in questi tre aspetti, il segreto della vita straordinaria di questo uomo di Dio:

·     Lo Spirito lo guidava,

·     la fede lo sosteneva

·     la bontà era la mano di Dio in lui “tesa” verso gli altri.

Erano queste le qualità necessarie per sostenere i gravosi compiti e combattimenti insiti nel “mandato”.

La Scrittura, proprio volendo presentare le sue “qualifiche” per quest’opera lo chiama apostolo, in senso generale, per ben tre volte (Atti 14:4,14; 1 Corinzi 9:5-6).

La sua disponibilità non era rivolta solo verso i bisognosi tra i suoi fratelli, ma si allargava anche a “chi” aveva il più grande “bisogno” e, cioè, quello di conoscere l’Evangelo la salvezza eterna in Cristo Gesù.

Al tempo della dispersione (la migrazione forzata dei Giudei da Gerusalemme a causa della persecuzione) avvenne che la predicazione dell’Evangelo avesse risultati straordinari, anche grazie alla prima grande evangelizzazione dei Gentili, in Antiochia che a quei tempi contava circa 500.000 abitanti.

Non avrà quindi esitato a seguire l’invito della Chiesa e degli apostoli di andare a “dare una mano” proprio ad Antiochia (cfr Atti 11:22-26).

Anche in questa occasione Barnaba ci dà un bell’esempio di ubbidienza e sottomissione.

Avrebbe potuto rimanere a Gerusalemme, dove viveva, ma egli preferì “ubbidire a Dio” partecipando al piano del suo Signore.


Da Gerusalemme ad Antiochia

Arrivato sul posto, Barnaba avvertì immediatamente che quello era un terreno adatto alla semina della Parola di Dio, e che questa semina era solo all’inizio!

Così “da uomo virtuoso qual era e pieno di Spirito Santo e di fede, si rallegrò ed esortava tutti a perseverare con cuore risoluto nel Signore” (Atti 11,23-24: si noti l’allusione al suo soprannome nella menzione della sua azione di “esortare”).

Barnaba era un uomo virtuoso, cioè pieno di virtù spirituali e con una fede capace di reagire alle indicazioni dello Spirito Santo.

Barnaba “partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e, trovatolo, lo condusse ad Antiochia” (Atti 11:25-26).

Rimasero insieme per un lungo periodo in quella comunità ed istruirono molta gente e, dopo un anno di lavoro per mezzo dello Spirito Santo, vi furono così tante conversioni da far notizia, come si direbbe oggi in gergo giornalistico.

Fu proprio lì, “ad Antiochia, che per la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani” (Atti 11:26).

Spesse volte proprio l’apostolo Paolo più avanti avrebbe fatto riferimento all’importanza e all’utilità della “formazione” dei credenti, e sappiamo che è questa una grossa spinta alla crescita sia personale che comunitaria (cfr Filippesi 1:9 e Colossesi 1: 9 a 11).


Da Antiochia “insieme” verso il mondo intero

Ad Antiochia matura il piano per una missione in terra pagana, diretta anzitutto alle comunità ebraiche, ma che poi si aprirà a tutti. Barnaba e Paolo sono designati all’impresa (Atti 13:2) direttamente dallo Spirito Santo.

Essi avevano con loro, come aiutante, un giovane indicato all’inizio come “Giovanni detto Marco”, cugino di Barnaba, che secondo antiche tradizioni cristiane sarà poi l’evangelista Marco.

Durante il primo viaggio missionario la guida dell’evangelizzazione ai Gentili passò da Barnaba a Paolo.

Questo primo viaggio missionario tocca Cipro e una parte dell’Asia Minore e portò grandi frutti spirituali ma anche fatiche, lotte e patimenti ai due, che vennero puntualmente riportati alla chiesa che li aveva mandati al loro ritorno, non solo per informarla ma per dare modo alla chiesa di gioire rendendo grazie a Dio, e vedendo il frutto delle loro preghiere. (Atti 14:27).


Ad Antiochia di nuovo, poi a Gerusalemme

Durante la pausa tra il primo e il secondo viaggio missionario i due testimoni non rimasero con le mani in mano. E come avrebbero potuto due uomini del calibro di Paolo e Barnaba?

Fu un lungo tempo quello trascorso ad Antiochia, sempre pronti a predicare e a lavorare per il Signore, ma ad un certo punto fu necessario mandarli a Gerusalemme (verso l’anno 49) per la necessità di dirimere una questione apparentemente pratica, ma che in realtà aveva a che fare con la sana dottrina.

Qualcuno stava insegnando che se un credente non giudeo non si faceva circoncidere non poteva essere salvato.

Si riteneva fosse necessario per costoro un passaggio “di transizione” dal paganesimo attraverso il giudaismo e le sue osservanze, per arrivare alla salvezza.

Questo punto di vista aveva creato discussioni, tant’è vero che si era deciso di indire un “concilio” proprio a Gerusalemme per discutere e dirimere la questione visti i diversi punti di vista in contrapposizione.

Paolo e Barnaba furono incaricati, assieme ad altri due delegati Giuda detto Barsabba e Sila meglio noto come Silvano, di riportare le decisioni di quell’ incontro ad Antiochia (Atti 15:22).

È da ricordare che l’allora Antiochia di Siria (ora in Turchia) era una metropoli cosmopolita con una presenza importante e viva di cristiani in costante e forte crescita.

Dopo il ritorno Paolo e Barnaba ritornarono alla loro abituale occupazione nella chiesa, e cioè essi erano impegnati “insegnando e annunciando la Parola del Signore” (Atti 15:35).


Da Antiochia “separati” verso il mondo intero

Ma la consacrazione iniziale ricevuta dallo Spirito Santo non poteva rimanere “ferma” in quella città, e così nuovamente Paolo propose di ritornare nelle chiese visitate, “per vedere come stavano i credenti” (Atti 15:36).

Che bell’attenzione verso i loro fratelli, e soprattutto che testimonianza dell’atteggiamento del vero incoraggiatore che già si trovava anche in Paolo.

Non era bastato loro di portare i fratelli lontani alla conoscenza dell’Evangelo, e neppure nello spingerli alla salvezza, dando loro i primi elementi della Parola.

Erano tante le spinte contrarie all’Evangelo, le passioni a cui il mondo li sottoponeva e l’istinto del Signore Gesù abitava anche in Paolo e Barnaba, per cui era necessario andare a consolare e “corazzare” quei cari.

Il motivo del secondo viaggio missionario, che doveva vedere partire i due, era semplice perché credo che entrambi avessero nel cuore e nella mente un amore per quelle comunità che essi “per mezzo del Vangelo avevano generato nel Signore Cristo Gesù” (1 Corinzi 4:15; 1 Tessalonicesi 2:7-8; 2 Corinzi 6:13).

Un amore che li portava quotidianamente a vivere “l’ansia per tutte le chiese” (2 Corinzi 11:28), perché nel loro cuore risuonavano i gemiti, i problemi, i dolori di tutte le comunità che vogliono vivere in Cristo Gesù.

Mosso da quest’ansia apostolica proprio Paolo disse a Barnaba: “Torniamo a visitare i fratelli in ogni città in cui abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno” (Atti 15:36).

Lo scopo principale di questo secondo viaggio era proprio il desiderio di rimettersi in contatto con quelle comunità da loro fondate, per conoscerne lo stato reale in cui si trovavano, per stimolarle a crescere maggiormente nella fede e nella carità, ed infine per rafforzare i legami di intimità di queste comunità con la Chiesa che aveva contribuito alla loro evangelizzazione.

L’ansia apostolica di Paolo fu subito condivisa da Barnaba ma un piccolo dettaglio si frappose ed impedì che i due apostoli intraprendessero insieme questo nuovo viaggio insieme (Atti 15:39).

Ritornando a lui, al nostro fratello Barnaba vediamo come fu pronto alla spinta di partire per un secondo viaggio e prese, come compagno, Giovanni Marco e, seguendo l’itinerario del primo viaggio, salpò per Cipro (Atti 15:39).

È l’ultima notizia che gli Atti ci danno di questo grande apostolo della Chiesa primitiva.

 

In realtà ci fu un altro litigio tra Paolo e Barnaba:

Quando Pietro arrivò ad Antiochia, trovò Barnaba che, per non perdere i tradizionalisti della comunità, si era messo assieme a lui a seguire ancora le prescrizioni antiche dando l’impressione di appoggiarle.

Paolo senza mezzi termini li definì “ipocriti” (Galati 2:11-14).

Ovviamente, e come in ogni caso, la Parola non nasconde qualche lato “grigio” o umano della personalità di questo grande uomo di Dio.

In quell’occasione non ubbidì alla voce dello Spirito Santo, ma preferì piuttosto seguire l’influsso religioso di altri, e così si astenne dal mangiare con i Gentili (Galati 2:13).

Questo dimostra che anche i grandi uomini di Dio, proprio perché uomini sono sottoposti alle passioni e alle tensioni umane come altri, e possono cadere quando non si lasciano guidare dallo Spirito Santo, e quando non vegliano sulla loro vita.

 

Il seguito della storia …

In Paolo il ricordo del suo “incoraggiante” amico rimase comunque talmente vivo e forte tanto che in ogni occasione possibile lo mandò a salutare.

Tempo dopo, e probabilmente dopo essersi riconciliato anche con Giovanni Marco, scrivendo sia ai Colossesi che a Filemone manda infatti i saluti anche “di Marco” (e ai Colossesi precisa: “il cugino di Barnaba”).

Inoltre nella prima lettera ai Corinzi, l’apostolo ricorda che anche Barnaba, come lui, si manteneva col suo lavoro (1 Corinzi 9:6).

 

Oggi c’è bisogno di uomini e donne come Barnaba nella Chiesa

Abbiamo visto come Barnaba fosse un uomo dedito all’incoraggiamento e alla consolazione.
Barnaba era l’uomo dell’incoraggiamento e con il desiderio di recuperare tutti e sempre, ed era così chiaro questo dono che i credenti avevano perfino dimenticato il suo nome originario, Giuseppe, tanto era noto per questa sua dote.

 

Sapeva vedere il bene, credeva al cambiamento nelle persone, dava fiducia.

Tutti noi credenti dovremmo cogliere il segreto, la sorgente del suo modo diverso di “vedere e guardare” gli altri.

Questo modo di essere “amorevole” è semplicemente un dono di Dio.

Persone come Barnaba non ambiscono a far “successo” o “carriera” in ambito spirituale.

Sono così innamorate della verità che, scoprendola, ne gioiscono e vogliono farne parte agli altri senza tenere nulla per sé.

Consapevoli di essere creature, trovano normale che Dio sia pronto a stupirle ad ogni angolo.

C’è bisogno di Barnaba nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, ed è fuori di dubbio che anche tra marito e moglie l’incoraggiamento è qualcosa di fondamentale.

 

Oggi molti vogliono essere uomini o donne “di punta”, ma pochi trovano gioia nell’incoraggiare e promuovere gli altri, sapendo quando è il momento di andare a “mettersi accanto” e poi disponibili anche “a stare dietro” spingendo avanti gli altri, soprattutto nella (e con ) la preghiera.

La preghiera, l’esempio e la disponibilità all’insegnamento sono ancora oggi i potenti mezzi che Dio vuole usare, ma vogliamo essere usati noi da Dio per il bene?

Il miglior bene che possiamo fare agli altri è pregare per loro!!

Abbiamo bisogno più che mai di Barnaba, di persone pacificate dentro, senza ambizione gerarchica, forse con qualche svarione, non perfette, ma persone che fanno “respirare” le chiese, che danno coraggio ai giovani o ai deboli nella fede, che promuovono il bene, e che sanno vederlo dove è magari appena germogliato.

Ci vuole un po’ di Barnaba in ogni anziano, in ogni responsabile, in ogni genitore, in ogni credente!

Che il Signore ci dia di veder morire dentro di noi i virus dell’invidia e della gelosia, veleno proveniente dal serpente antico e “uccisore” delle comunità!

Che il Signore faccia quotidianamente “seccare” la radice dell’egoismo che ci impedisce di vedere Dio all’opera nel mondo anche attraverso gli altri!

Possiamo anche noi cominciare adesso a crescere tendendo verso l’esempio perfetto del Signore Gesù Cristo.

C’è bisogno di dare fiducia e incoraggiamento oggi intorno a noi, seguendo il più grande esempio che abbiamo davanti a noi, e cioè quello del Signore Gesù Cristo.

Che ciascuno di noi possa essere definito e ricordato come: “un uomo dabbene (buono), e pieno di Spirito Santo e di fede”.

 

C’è bisogno di fratelli che, accantonato il desiderio di emergere, si impegnino in un ministerio di incoraggiamento degli altri, risvegliando e valorizzando doni trascurati.

 

 

Gianni Marinuzzi