Il discorso di Stefano – lapidazione del primo martire


ATTI DEGLI APOSTOLI
7:1 / 8:1

 

 

Il sommo sacerdote disse: «Le cose stanno proprio così?»

Egli rispose: «Fratelli e padri, ascoltate. Il Dio della gloria apparve ad Abraamo, nostro padre, mentr'egli era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Carran, e gli disse:

"Esci dal tuo paese e dal tuo parentado, e va' nel paese che io ti mostrerò".

Allora egli lasciò il paese dei Caldei, e andò ad abitare in Carran; e di là, dopo che suo padre morì, Dio lo fece venire in questo paese, che ora voi abitate.

In esso però non gli diede in proprietà neppure un palmo di terra, ma gli promise di darla in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui, quando egli non aveva ancora nessun figlio.

Dio parlò così: "La sua discendenza soggiornerà in terra straniera, e sarà ridotta in schiavitù e maltrattata per quattrocento anni.

Ma io giudicherò la nazione che avranno servita", disse Dio; "e dopo questo essi partiranno e mi renderanno il loro culto in questo luogo".

Poi gli diede il patto della circoncisione; così Abraamo, dopo aver generato Isacco, lo circoncise l'ottavo giorno; e Isacco generò Giacobbe, e Giacobbe i dodici patriarchi.

I patriarchi, portando invidia a Giuseppe, lo vendettero, perché fosse condotto in Egitto; ma Dio era con lui, e lo liberò da ogni sua tribolazione, e gli diede sapienza e grazia davanti al faraone, re d'Egitto, che lo costituì governatore dell'Egitto e di tutta la sua casa.

Sopraggiunse poi una carestia in tutto l'Egitto e in Canaan; l'angoscia era grande, e i nostri padri non trovavano viveri.

Giacobbe, saputo che in Egitto c'era grano, vi mandò una prima volta i nostri padri.

La seconda volta, Giuseppe fu riconosciuto dai suoi fratelli, e così il faraone venne a sapere di che stirpe fosse Giuseppe.

Poi Giuseppe mandò a chiamare suo padre Giacobbe e tutta la sua parentela, composta di settantacinque persone.

Giacobbe discese in Egitto, dove morirono lui e i nostri padri; poi furono trasportati a Sichem, e deposti nel sepolcro che Abraamo aveva comprato con una somma di denaro dai figli di Emmor in Sichem.

Mentre si avvicinava il tempo del compimento della promessa fatta da Dio ad Abraamo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto, finché sorse sull'Egitto un altro re, che non sapeva nulla di Giuseppe.

Costui, procedendo con astuzia contro il nostro popolo, maltrattò i nostri padri, fino a costringerli ad abbandonare i loro bambini, perché non fossero lasciati in vita.

In quel tempo nacque Mosè, che era bello agli occhi di Dio; egli fu nutrito per tre mesi in casa di suo padre; e, quando fu abbandonato, la figlia del faraone lo raccolse e lo allevò come figlio.

Mosè fu istruito in tutta la sapienza degli Egiziani e divenne potente in parole e opere.

Ma quando raggiunse l'età di quarant'anni, gli venne in animo di andare a visitare i suoi fratelli, i figli di Israele.

Vedendo che uno di loro era maltrattato, ne prese le difese e vendicò l'oppresso, colpendo a morte l'Egiziano.

Or egli pensava che i suoi fratelli avrebbero capito che Dio voleva salvarli per mano di lui; ma essi non compresero.

Il giorno seguente si presentò a loro, mentre litigavano, e cercava di riconciliarli, dicendo: "Uomini, voi siete fratelli; perché vi fate torto a vicenda?"

Ma quello che faceva torto al suo prossimo lo respinse, dicendo: "Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Vuoi uccidere me come ieri uccidesti l'Egiziano?"

A queste parole Mosè fuggì, e andò a vivere come straniero nel paese di Madian, dove ebbe due figli.

Trascorsi quarant'anni, un angelo gli apparve nel deserto del monte Sinai, nella fiamma di un pruno ardente.

Mosè guardò e rimase stupito di questa visione; e, come si avvicinava per osservare meglio, si udì la voce del Signore: "Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe". Mosè, tutto tremante, non osava guardare.

Il Signore gli disse: "Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove stai è suolo sacro.

Certo, ho visto l'afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito i loro gemiti e sono disceso per liberarli; e ora, vieni, ti manderò in Egitto".

Questo Mosè che avevano rinnegato dicendo: "Chi ti ha costituito capo e giudice?", proprio lui Dio mandò loro come capo e liberatore con l'aiuto dell'angelo che gli era apparso nel pruno.

Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nel paese d'Egitto, nel mar Rosso e nel deserto per quarant'anni.

Questi è il Mosè che disse ai figli d'Israele: "Dio vi susciterà, tra i vostri fratelli, un profeta come me".

Questi è colui che nell'assemblea del deserto fu con l'angelo che gli parlava sul monte Sinai e con i nostri padri, e che ricevette parole di vita da trasmettere a noi.

Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, lo respinsero, e si volsero in cuor loro verso l'Egitto, dicendo ad Aaronne: "Facci degli dèi che vadano davanti a noi, perché di questo Mosè, che ci ha condotti fuori dall'Egitto, non sappiamo che cosa sia avvenuto".

E in quei giorni fabbricarono un vitello, offrirono sacrifici all'idolo e si rallegrarono per l'opera delle loro mani.

Ma Dio si ritrasse da loro e li abbandonò al culto dell'esercito del cielo, come sta scritto nel libro dei profeti: "Mi avete forse offerto vittime e sacrifici per quarant'anni nel deserto, o casa d'Israele? Anzi, vi portaste appresso la tenda di Moloc
e la stella del dio Refàn; immagini che voi faceste
per adorarle.

Perciò io vi deporterò di là da Babilonia".

I nostri padri avevano nel deserto la tenda della testimonianza, come aveva ordinato colui che aveva detto a Mosè di farla secondo il modello da lui veduto.

I nostri padri, guidati da Giosuè, dopo averla ricevuta, la trasportarono nel paese posseduto dai popoli che Dio scacciò davanti a loro.

Là rimase fino ai tempi di Davide, il quale trovò grazia davanti a Dio, e chiese di poter preparare lui una dimora al Dio di Giacobbe.

Fu invece Salomone che gli costruì una casa.

L'Altissimo però non abita in edifici fatti da mano d'uomo, come dice il profeta: "Il cielo è il mio trono, e la terra lo sgabello dei miei piedi.

Quale casa mi costruirete, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo?
Non ha la mia mano creato tutte queste cose
?"

Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d'orecchi, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo; come fecero i vostri padri, così fate anche voi.

Quale dei profeti non perseguitarono i vostri padri?

Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti i traditori e gli uccisori; voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non l'avete osservata».

Essi, udendo queste cose, fremevano di rabbia in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui.

Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra, e disse: «Ecco, io vedo i cieli aperti, e il Figlio dell'uomo in piedi alla destra di Dio».

Ma essi, gettando grida altissime, si turarono gli orecchi e si avventarono tutti insieme sopra di lui; e, cacciatolo fuori dalla città, lo lapidarono.

I testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo.

E lapidarono Stefano che invocava Gesù e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito».

Poi, messosi in ginocchio, gridò ad alta voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». E detto questo si addormentò.

E Saulo approvava la sua uccisione.

 

***

Il discorso di Stefano è il discorso più lungo e dettagliato di tutto il libro degli Atti degli apostoli, evidentemente anche per Luca è un esempio fondamentale.

Lo fu sicuramente per Paolo che fu segnato indelebilmente dalla testimonianza di Stefano che fu per lui, uno esempio di parole e di vita, pur avendolo conosciuto per pochi minuti.

Rendiamoci conto del filo delle idee contenute nel discorso di Stefano:

- non intende fare un'apologia personale;

- non confuta le false interpretazioni che si sono date delle sue idee;

- non spiega il suo metodo d'insegnamento;

- si attiene strettamente ai fatti;

- ammette senza riserva le rivelazioni divine che erano a base della fede dei giudei;

- ne ricapitola tutta la serie da Abramo fino a Mosè, e ne rileva particolarmente la evoluzione progressiva per la quale, da individuali e locali che erano da prima, queste rivelazioni penetrano in sfere sempre più alte;

- pone in evidenza il principio che il culto del vero Iddio è indipendente da ogni forma locale e temporale; che Dio, cioè, non è mai stato confinato esclusivamente in Gerusalemme, nel tempio, difatti:

a) L'Eterno era stato con Abramo in Mesopotamia ed Abramo l'aveva adorato in quel luogo (cfr Atti 7:2-8);

b) era stato con Giacobbe, con Giuseppe e con Mosè in Egitto, ed era stato da loro adorato in quel luogo (cfr Atti 7:9-24,30-38);

c) era stato con Israele durante tutto il viaggio nomade del tabernacolo mobile, ed aveva sempre accettato il culto del popolo (cfr Atti 7:44-46);

d) alla dedicazione del tempio, nella stessa preghiera dedicatoria era stato apertamente detto che Dio non è confinato nel tempio, ma che ha il cielo per trono e la terra per “panchetto dei suoi piedi” (cfr Atti 7:47-50);

e) arriva a paragonare il tempio al “vitello d’oro” (cfr Atti 7:41), ovvero quell’opera delle loro mani alla quale rendono il culto e si rallegrano.

 

Ed in tutto il discorso, con crescente energia, apostrofa il popolo che fu sempre ed ostinatamente ribelle alla volontà di Dio:

- ai giorni nei quali i patriarchi vendettero il loro fratello, in Egitto;

- quando gli israeliti rinnegarono Mosè che s'offriva a liberarli;

- nel deserto, quando adorarono il vitello d'oro e le divinità siderali;

- nel paese di Canaan, dove perseguitarono i profeti;

Sempre e dappertutto, Iddio li trovò sordi alle sue esortazioni e ribelli ai suoi comandamenti, essi rinnegarono Mosè (cfr v. 35) e rinnegarono tutti i profeti (v. 52).

La morte di Gesù è l’ultimo anello di questa lunga catena di atti di ribellione, che comincia sotto il Sinai, dove gli angeli stessi si erano presentati in persona a dare autorità alle parole del profeta (v. 52-53).

Per capire bene lo spirito e l'opportunità di questo discorso con cui Stefano sostiene la libertà e la spiritualità del cristianesimo.

E’ bene tenere presente le accuse degli avversari, che consistevano nel fatto che Stefano predica che la fede in Gesù implica di fatto l'abbandono del culto nel tempio e dei riti mosaici.

 

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Egli rispose: «Fratelli e padri, ascoltate. Il Dio della gloria apparve ad Abraamo, nostro padre, mentr'egli era in Mesopotamia, prima che si stabilisse in Carran, e gli disse:

"Esci dal tuo paese e dal tuo parentado, e va' nel paese che io ti mostrerò".

Allora egli lasciò il paese dei Caldei, e andò ad abitare in Carran; e di là, dopo che suo padre morì, Dio lo fece venire in questo paese, che ora voi abitate.

In esso però non gli diede in proprietà neppure un palmo di terra, ma gli promise di darla in possesso a lui e alla sua discendenza dopo di lui, quando egli non aveva ancora nessun figlio.

Stefano descrive la chiamata di Abraamo, in quanto la promessa inizia da lì ed è per tutte le nazioni.

Stefano descrive la chiamata di Abraamo come un “uscita” da un paese, proprio come la Chiesa è chiamata ad uscire dal mondo carnale.

Dio fu con Abraamo in Mesopotamia e non nel tempio.

Dio fu con Abraamo in Caran e non nel tempio.

E’ più importante il tempio o la presenza di Dio?

 

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Dio parlò così: "La sua discendenza soggiornerà in terra straniera, e sarà ridotta in schiavitù e maltrattata per quattrocento anni.

Ma io giudicherò la nazione che avranno servita", disse Dio; "e dopo questo essi partiranno e mi renderanno il loro culto in questo luogo".

Non in Gerusalemme, ma qui sul monte Sinai; quindi, fino dal tempo della promessa del paese di Canaan, l'invito ad adorare Iddio non è confinato a Gerusalemme, né al tempio; come potevano dunque gli avversari accusare Stefano di bestemmia quand'egli non faceva che ripetere una cosa antica e nota?

 

Dio fu con il popolo anche in Egitto e non solo nel tempio.

E’ più importante il tempio o la presenza di Dio?

 

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Poi gli diede il patto della circoncisione; così Abraamo, dopo aver generato Isacco, lo circoncise l'ottavo giorno; e Isacco generò Giacobbe, e Giacobbe i dodici patriarchi.

I patriarchi, portando invidia a Giuseppe, lo vendettero, perché fosse condotto in Egitto; ma Dio era con lui, e lo liberò da ogni sua tribolazione, e gli diede sapienza e grazia davanti al faraone, re d'Egitto, che lo costituì governatore dell'Egitto e di tutta la sua casa. Sopraggiunse poi una carestia in tutto l'Egitto e in Canaan; l'angoscia era grande, e i nostri padri non trovavano viveri.

Giacobbe, saputo che in Egitto c'era grano, vi mandò una prima volta i nostri padri.

La seconda volta, Giuseppe fu riconosciuto dai suoi fratelli, e così il faraone venne a sapere di che stirpe fosse Giuseppe.

 

Patriarca, nel suo primo significato, significa "fondatore di una famiglia, di una dinastia, di una patria".

…Dio era con lui

Era con Giuseppe anche in Egitto; quindi, Giuseppe poteva adorare il suo Dio anche lontano da Gerusalemme, perché il culto di Dio non è confinato in un luogo soltanto.

 

Dio fu con Giuseppe in Egitto e non nel tempio.

E’ più importante il tempio o la presenza di Dio?

 

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Poi Giuseppe mandò a chiamare suo padre Giacobbe e tutta la sua parentela, composta di settantacinque persone.

Giacobbe discese in Egitto, dove morirono lui e i nostri padri; poi furono trasportati a Sichem, e deposti nel sepolcro che Abraamo aveva comprato con una somma di denaro dai figli di Emmor in Sichem.

Mentre si avvicinava il tempo del compimento della promessa fatta da Dio ad Abraamo, il popolo crebbe e si moltiplicò in Egitto, finché sorse sull'Egitto un altro re, che non sapeva nulla di Giuseppe.  

Costui, procedendo con astuzia contro il nostro popolo, maltrattò i nostri padri, fino a costringerli ad abbandonare i loro bambini, perché non fossero lasciati in vita.

In quel tempo nacque Mosè, che era bello agli occhi di Dio; egli fu nutrito per tre mesi in casa di suo padre; e, quando fu abbandonato, la figlia del faraone lo raccolse e lo allevò come figlio.

Mosè fu istruito in tutta la sapienza degli Egiziani e divenne potente in parole e opere.

I giovani egizi e specialmente quelli che s'avviavano per la carriera ecclesiastica, frequentavano allora l'università di Eliopoli ed imparavano la teologia, la medicina, il diritto, le matematiche, l'astronomia e la storia naturale.

Questi dati sono stabiliti con certezza dagli studi più recenti della egittologia e possiamo immaginare come Mosè si preparasse, senz'accorgersene, a diventare il legislatore ed il condottiero del suo popolo non soltanto per la traversata del deserto, ma anche per i secoli avvenire.

 

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Ma quando raggiunse l'età di quarant'anni, gli venne in animo di andare a visitare i suoi fratelli, i figli di Israele.

Vedendo che uno di loro era maltrattato, ne prese le difese e vendicò l'oppresso, colpendo a morte l'Egiziano.

Or egli pensava che i suoi fratelli avrebbero capito che Dio voleva salvarli per mano di lui; ma essi non compresero.

Il giorno seguente si presentò a loro, mentre litigavano, e cercava di riconciliarli, dicendo: "Uomini, voi siete fratelli; perché vi fate torto a vicenda?"

Ma quello che faceva torto al suo prossimo lo respinse, dicendo: "Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Vuoi uccidere me come ieri uccidesti l'Egiziano?"

A queste parole Mosè fuggì, e andò a vivere come straniero nel paese di Madian, dove ebbe due figli.

Trascorsi quarant'anni, un angelo gli apparve nel deserto del monte Sinai, nella fiamma di un pruno ardente.

Mosè guardò e rimase stupito di questa visione; e, come si avvicinava per osservare meglio, si udì la voce del Signore: "Io sono il Dio dei tuoi padri, il Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe". Mosè, tutto tremante, non osava guardare.

Il Signore gli disse: "Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove stai è suolo sacro.

Certo, ho visto l'afflizione del mio popolo in Egitto, ho udito i loro gemiti e sono disceso per liberarli; e ora, vieni, ti manderò in Egitto".

La citazione è tratta da Deuteronomio 18:15 che Pietro aveva già usata in Atti 3:22. L'applicazione a Cristo delle parole citate, è qui solo adombrata; più sotto, ai versetti Atti 7:51-52, sarà fatta in modo chiaro e lampante.

…nell'assemblea del deserto

Letteralmente: nella chiesa nel deserto.

"La nuova Chiesa, vuol dire Stefano, non è altro che la evoluzione storica del popolo di Dio; la società dei credenti in Cristo."

Stefano divide la vita di Mosè in tre periodi di quarant'anni ognuno:

1) 40 anni, in Egitto;

2) 40, in Madian;

3) 40, conducendo il popolo.

Dio fu con Mosè in Egitto e non nel tempio.

Dio fu con Mosè in Madian e non nel tempio.

Dio fu con Mosè e non nel tempio.

E’ più importante il tempio o la presenza di Dio?

 

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Questo Mosè che avevano rinnegato dicendo: "Chi ti ha costituito capo e giudice?", proprio lui Dio mandò loro come capo e liberatore con l'aiuto dell'angelo che gli era apparso nel pruno.

Egli li fece uscire, compiendo prodigi e segni nel paese d'Egitto, nel mar Rosso e nel deserto per quarant'anni.

Questi è il Mosè che disse ai figli d'Israele: "Dio vi susciterà, tra i vostri fratelli, un profeta come me".

Questi è colui che nell'assemblea del deserto fu con l'angelo che gli parlava sul monte Sinai e con i nostri padri, e che ricevette parole di vita da trasmettere a noi.

Giovanni scriverà:

Poiché la legge è stata data per mezzo di Mosè; la grazia e la verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo. (Giovanni 1:17)

Mosè e Gesù Cristo uomo, sono i due “mandati da Dio” per due scopi specifici.

Entrambi furono rinnegati dal popolo.

Proprio pensando a questo passo che dice:  Chi ti ha costituito capo e giudice?, Gesù disse ai due fratelli che volevano che Lui decidesse in merito alla loro diattriba ereditaria:

Or uno della folla gli disse: «Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità».

Ma Gesù gli rispose: «Uomo, chi mi ha costituito su di voi giudice o spartitore?» (Luca 12:13-14)

Come Mosè liberò il popolo dalla schiavitù del faraone compiendo prodigi e segni miracolosi, giudicandolo, Gesù ha compiuto la liberazione dell’uomo dalla schiavitù di satana con prodigi e segni, giudicandolo alla croce.

Come Mosè ricevette la Legge sul monte Sinai, Gesù confermò e spiego lo spirito della Legge sul monte delle beatitudini.

Come Mosè, scendendo dal monte era “trasfigurato” per essere stato alla presenza di Dio, Gesù fu TRASFIGURATO sul “monte santo”

…Questi è il Mosè che disse ai figli d'Israele: "Dio vi susciterà, tra i vostri fratelli, un profeta come me".

La venuta di Gesù Cristo era stata annunciata proprio da Mosè!

Dio fu con Mosè nel pruno nel deserto e non nel tempio.

Dio fu con Mosè sul monte Sinai e non nel tempio.

E’ più importante il tempio o la presenza di Dio?

 

***

Ma i nostri padri non vollero dargli ascolto, lo respinsero, e si volsero in cuor loro verso l'Egitto, dicendo ad Aaronne: "Facci degli dèi che vadano davanti a noi, perché di questo Mosè, che ci ha condotti fuori dall'Egitto, non sappiamo che cosa sia avvenuto".

Continua il parallelismo storico evidenziato da Stefano:

"Il popolo rinnegò Mosè e voi avete rinnegato Gesù il Cristo, nonostante Egli si sia mostrato un liberatore che redime da una schiavitù più tremenda ancora di quella d'Egitto".

 

***

E in quei giorni fabbricarono un vitello, offrirono sacrifici all'idolo e si rallegrarono per l'opera delle loro mani.

Ma Dio si ritrasse da loro e li abbandonò al culto dell'esercito del cielo, come sta scritto nel libro dei profeti: "Mi avete forse offerto vittime e sacrifici per quarant'anni nel deserto, o casa d'Israele? Anzi, vi portaste appresso la tenda di Moloc
e la stella del dio Refàn; immagini che voi faceste
per adorarle.

L’idolatria alla quale si abbandonò il popolo di Israele, Stefano la elenca come segue:

 

Il vitello d’oro

Il popolo vide che Mosè tardava a scendere dal monte; allora si radunò intorno ad Aaronne e gli disse: «Facci un dio che vada davanti a noi; poiché quel Mosè, l'uomo che ci ha fatti uscire dal paese d'Egitto, non sappiamo che fine abbia fatto».

E Aaronne rispose loro: «Staccate gli anelli d'oro che sono agli orecchi delle vostre mogli, dei vostri figli e delle vostre figlie, e portatemeli».

E tutto il popolo si staccò dagli orecchi gli anelli d'oro e li portò ad Aaronne.

Egli li prese dalle loro mani e, dopo aver cesellato lo stampo, ne fece un vitello di metallo fuso.

E quelli dissero: «O Israele, questo è il tuo dio che ti ha fatto uscire dal paese d'Egitto!»

Quando Aaronne vide questo, costruì un altare davanti al vitello ed esclamò: «Domani sarà festa in onore del SIGNORE!»

L'indomani, si alzarono di buon'ora, offrirono olocausti e portarono dei sacrifici di ringraziamento; il popolo sedette per mangiare e bere, poi si alzò per divertirsi. (Esodo 32:1-6)

 

Fecero un vitello in Oreb e adorarono un'immagine di metallo fuso; così sostituirono la gloria di Dio con la figura d'un bue che mangia l'erba.

Dimenticarono Dio, loro salvatore, che aveva fatto cose grandi in Egitto, cose meravigliose nel paese di Cam, cose tremende sul mar Rosso. (Salmo 106:19-22)

 

Anche quando si erano fatti un vitello di metallo fuso, dicendo: "Ecco il tuo Dio che ti ha fatto uscire dall'Egitto!", e ti avevano oltraggiato gravemente, Tu, nella tua immensa misericordia, non li hai abbandonati nel deserto: la colonna di nuvola che stava su di loro non cessava di guidarli durante il giorno, lungo il loro viaggio, e la colonna di fuoco non cessava di illuminare loro il cammino da percorrere di notte. (Neemia 9:18-19)

 

Stefano sta evidenziando come il tempio sia diventato per i suoi fratelli e padri, un “vitello d’oro”.

Quella è l’opera delle loro mani alla quale ormai loro offrono sacrifici, rendono il culto, identificano in quel luogo ed in quell’opera il loro Dio, e si rallegrano per esso.

Questo è il peccato della divinazione, ovvero di dare un potere spirituale ad una cosa inanimata!

Per questo Dio li abbandonò al culto dell'esercito del cielo.

Ben diversa fu la reazione di Ezechia:

Egli fece ciò che è giusto agli occhi del SIGNORE, proprio come aveva fatto Davide suo padre.

Soppresse gli alti luoghi, frantumò le statue, abbatté l'idolo d'Astarte, e fece a pezzi il serpente di bronzo che Mosè aveva fatto; perché fino a quel tempo i figli d'Israele gli avevano offerto incenso; lo chiamò Neustan.

Egli mise la sua fiducia nel SIGNORE, Dio d'Israele; e fra tutti i re di Giuda che vennero dopo di lui o che lo precedettero, non ve ne fu nessuno simile a lui.

Si tenne unito al SIGNORE, non cessò di seguirlo, e osservò i comandamenti che il SIGNORE aveva dati a Mosè. (2 Re 18:3-6)

 

L'esercito del cielo

Come conseguenza dell’abbandono di Dio da parte del popolo, Dio li abbandonò al loro culto idolatrico.

Come conseguenza del peccato di divinazione, Dio lì abbandono all’adorazione dell’esercito del cielo.

L'esercito del cielo è composto del sole, della luna, delle stelle:

Siccome non vedeste nessuna figura il giorno che il SIGNORE vi parlò in Oreb dal fuoco, badate bene a voi stessi, affinché non vi corrompiate e non vi facciate qualche scultura, la rappresentazione di qualche idolo, la figura di un uomo o di una donna, la figura di uno degli animali della terra, la figura di un uccello che vola nei cieli, la figura di una bestia che striscia sul suolo, la figura di un pesce che vive nelle acque sotto la terra; e anche affinché, alzando gli occhi al cielo e vedendo il sole, la luna, le stelle, tutto l'esercito celeste, tu non ti senta attratto a prostrarti davanti a quelle cose e a offrire loro un culto, perché quelle sono le cose che il SIGNORE, il tuo Dio, ha lasciato per tutti i popoli che sono sotto tutti i cieli. (Deuteronomio 4:15-19)

 

Ma essi non vollero dargli ascolto, e irrigidirono il collo, come avevano fatto i loro padri, i quali non ebbero fede nel SIGNORE, nel loro Dio, e rifiutarono le sue leggi e il patto che egli aveva stabilito con i loro padri, e gli avvertimenti che egli aveva dato loro; andarono dietro a cose vane, diventando vani essi stessi; e andarono dietro alle nazioni circostanti, che il SIGNORE aveva loro proibito d'imitare; e abbandonarono tutti i comandamenti del SIGNORE, loro Dio; si fecero due vitelli di metallo fuso, si fabbricarono degli idoli d'Astarte, adorarono tutto l'esercito del cielo, servirono Baal; fecero passare per il fuoco i loro figli e le loro figlie, si applicarono alla divinazione e agli incantesimi, e si diedero a fare ciò che è male agli occhi del SIGNORE, provocandone lo sdegno. (2 Re 17:14-17)

 

Manasse aveva dodici anni quando cominciò a regnare, e regnò cinquantacinque anni a Gerusalemme.  Egli fece ciò che è male agli occhi del SIGNORE seguendo le abominazioni delle nazioni che il SIGNORE aveva scacciate davanti ai figli d'Israele.

Ricostruì gli alti luoghi che Ezechia suo padre aveva demoliti, eresse altari ai Baali, fece degli idoli di Astarte, e adorò tutto l'esercito del cielo e lo servì.

Costruì pure altari ad altri dèi nella casa del SIGNORE, riguardo alla quale il SIGNORE aveva detto: «In Gerusalemme sarà per sempre il mio nome!»

Costruì altari a tutto l'esercito del cielo nei due cortili della casa del SIGNORE. (2 Cronache 33:1-5)

 

«In quel tempo», dice il SIGNORE, «si toglieranno dai loro sepolcri le ossa dei re di Giuda, le ossa dei suoi prìncipi, le ossa dei sacerdoti, le ossa dei profeti, le ossa degli abitanti di Gerusalemme, e le si esporrà davanti al sole, davanti alla luna e davanti a tutto l'esercito del cielo, che essi hanno amato, hanno servito, hanno seguito, hanno consultato, e davanti a cui si sono prostrati; non si raccoglieranno, non si seppelliranno, ma saranno come letame sulla faccia della terra. (Geremia 8:1-2)

 

Il peccato d'Israele consisteva in questo: invece di adorare il Creatore, "il Signore degli eserciti," adorava la creatura, gli eserciti da Dio creati (cfr Romani 1:25).

Il peccato di Israele fu l’abbandonare il Signore, eppure l’avvertimento era stato chiaro:

State attenti a non lasciarvi ingannare, a non abbandonare la retta via e a non servire dèi stranieri prostrandovi davanti a loro. (Deuteronomio 11:16)

 

E la conseguenza è cattiva e amara:

Sappi dunque e vedi che cattiva e amara cosa è abbandonare il SIGNORE, il tuo Dio, e il non aver di me nessun timore», dice il Signore, DIO degli eserciti. (Geremia 2:19)

 

Moloch

Moloch era una divinità degli Ammoniti.

L'idolo così chiamato era una statua vuota, con una testa di bue e le braccia protese.

Su queste braccia si posavano i bambini vivi; sotto, o, secondo altri, dentro la statua stessa, si accendeva un gran fuoco: e il rullo dei tamburi copriva gli urli angosciosi delle vittime innocenti.

C’è chi dice che questo Moloch fosse il pianeta Saturno, creduto apportatore di sventura; e che i sacrifici umani offerti fossero intesi ad imbonirlo; c’è chi lo assimila a Baal; o al Sole.

Dio avvertì il popolo:

Non darai i tuoi figli perché vengano offerti a Moloc; e non profanerai il nome del tuo Dio. Io sono il SIGNORE. (Levitico 18:21)

 

Il SIGNORE disse ancora a Mosè: «Dirai ai figli d'Israele: "Chiunque dei figli d'Israele o degli stranieri che abitano in Israele sacrificherà uno dei suoi figli a Moloc dovrà essere messo a morte; il popolo del paese lo lapiderà. (Levitico 20:1-2)

 

Ma il popolo non ascoltò:

Acaz aveva vent'anni quando cominciò a regnare, e regnò sedici anni a Gerusalemme.
Egli non fece ciò che è giusto agli occhi del SIGNORE, suo Dio, come aveva fatto Davide suo padre; ma seguì l'esempio dei re d'Israele, e fece passare per il fuoco persino suo figlio, seguendo le pratiche abominevoli delle genti che il SIGNORE aveva cacciate davanti ai figli d'Israele; offriva sacrifici e incenso sugli alti luoghi, sulle colline, e sotto ogni albero verdeggiante.
(2 Re 16:2-4)

 

Ma essi non vollero dargli ascolto, e irrigidirono il collo, come avevano fatto i loro padri, i quali non ebbero fede nel SIGNORE, nel loro Dio, e rifiutarono le sue leggi e il patto che egli aveva stabilito con i loro padri, e gli avvertimenti che egli aveva dato loro; andarono dietro a cose vane, diventando vani essi stessi; e andarono dietro alle nazioni circostanti, che il SIGNORE aveva loro proibito d'imitare; e abbandonarono tutti i comandamenti del SIGNORE, loro Dio; si fecero due vitelli di metallo fuso, si fabbricarono degli idoli d'Astarte, adorarono tutto l'esercito del cielo, servirono Baal; fecero passare per il fuoco i loro figli e le loro figlie, si applicarono alla divinazione e agli incantesimi, e si diedero a fare ciò che è male agli occhi del SIGNORE, provocandone lo sdegno. (2 Re 17:14-17)

Hanno costruito gli alti luoghi di Tofet nella valle del figlio di Innom, per bruciarvi nel fuoco i loro figli e le loro figlie; cosa che io non avevo comandata e che non mi era venuta in mente. (Geremia 7:31)

Hanno costruito gli alti luoghi di Baal che sono nella valle dei figli di Innom, per far passare per il fuoco i loro figli e le loro figlie offrendoli a Moloc; una cosa che io non avevo comandata loro e non mi era venuto in mente che si dovesse commettere una tale abominazione, facendo peccare Giuda. (Geremia 32:35)

Giosia impedì per breve tempo questa pratica abominevole:

Profanò Tofet nella valle di Ben-Innom, affinché nessuno potesse più far passare per il fuoco suo figlio o sua figlia in onore di Moloc. (2 Re 23:10)

 

Refan.

I settanta, dai quali Stefano cita, hanno dato Refan (scritto con varia ortografia) per corrispondente del Chiun del testo ebraico (Kiyun).

Refan è il nome egizio di Saturno.

Il caldaico Kivano significa diritto, giusto, ed i classici rappresentano l'età di Saturno come l'età dell'oro e fanno l'elogio della giustizia che vi regnava sovrana.

Saturno significa l'eternità; è l'eternità personificata; il greco chronos, il tempo senza limiti.

Queste divinità erano per solito rappresentate per via di figure simboliche; altre volte consistevano in semplici pietre coniche o in qualche aereolito.

Si trasportavano qua e là in casse e si tenevano sotto tende speciali.

È da osservare che, nel testo Atti 7:42, questo culto idolatrico dell'esercito del cielo è dato come una severa ma giusta punizione della disubbidienza di cui si rese colpevole il popolo, quando adorò il vitello d'oro Atti 7:41.

 

***

Perciò io vi deporterò di là da Babilonia".

Dio fu con Daniele, Neemia, Esdra, Ester in cattività e non nel tempio.

E’ più importante il tempio o la presenza di Dio?

 

***

I nostri padri avevano nel deserto la tenda della testimonianza, come aveva ordinato colui che aveva detto a Mosè di farla secondo il modello da lui veduto.

La punizione per il popolo che aveva rinnegato Mosè fu la deportazione a Babilonia.

La punizione per il popolo che ha rinnegato Gesù Cristo sarà la deportazione in tutte le nazioni, fino al giorno che volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Giovanni 19:37).

Stefano parla anche del tabernacolo mosaico, o il santuario portatile degli antichi israeliti, che nei Settanta è sempre chiamato il "tabernacolo della testimonianza".

Intorno al tabernacolo, intorno a questa tenda mobile, costruita secondo il modello che Mosè aveva veduto sul Sinai (Atti 7:44 confr. con Esodo 25:40; Ebrei 8:5), il popolo si raccoglieva per il servizio divino e Dio si manifestava in quel luogo.

Stefano fa quindi notare anche che se il tabernacolo era portato qua e là; se Dio si muoveva con lui e se il culto che il popolo offriva al suo Dio oggi in un luogo, era legittimo ammettere che non era una bestemmia affermare che Dio non è confinato in un luogo, ma è da per tutto e da per tutto lo si può adorare.

 

***

I nostri padri, guidati da Giosuè, dopo averla ricevuta, la trasportarono nel paese posseduto dai popoli che Dio scacciò davanti a loro. Là rimase fino ai tempi di Davide, il quale trovò grazia davanti a Dio, e chiese di poter preparare lui una dimora al Dio di Giacobbe. Fu invece Salomone che gli costruì una casa.

L'Altissimo però non abita in edifici fatti da mano d'uomo, come dice il profeta: "Il cielo è il mio trono, e la terra lo sgabello dei miei piedi. Quale casa mi costruirete, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo?
Non ha la mia mano creato tutte queste cose
?"

…come dice il profeta: "Il cielo è il mio trono, e la terra lo sgabello dei miei piedi.

Quale casa mi costruirete, dice il Signore, o quale sarà il luogo del mio riposo?
Non ha la mia mano creato tutte queste cose
?"

 

La citazione è tratta da Isaia 66:1-2.

La grande verità che Stefano proclama, era già stata proclamata nella stessa preghiera di dedicazione del tempio:

Ma è proprio vero che Dio abiterà sulla terra?

Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non ti possono contenere; quanto meno questa casa che io ho costruita!  (1Re 8:27)

L’uomo non può confinare Dio nel suo luogo misero e limitato.

Stefano sta qui esortando i suoi fratelli e padri ad aprire le loro menti ottuse e cieche alla gloria di Dio!

 

***

Gente di collo duro e incirconcisa di cuore e d'orecchi, voi opponete sempre resistenza allo Spirito Santo; come fecero i vostri padri, così fate anche voi.

Quale dei profeti non perseguitarono i vostri padri?

Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti i traditori e gli uccisori; voi, che avete ricevuto la legge promulgata dagli angeli, e non l'avete osservata».

 

Stefano non è preoccupato di sé e pertanto, ripieno dello Spirito Santo, non teme di parlare in modo franco, non cerca un “concordato”, o accettano la Verità o non la accettano.

È importante questo principio fondamentale del discorso: la Rivelazione è una; ma si evolve lentamente nell'oceano del tempo, e va dal particolare al generale.

Comincia dall'individuo, dal luogo ristretto, limitato; poi l'orizzonte s'allarga, ed ecco la nazione; poi l'orizzonte s'allarga ancora, ed ecco l'universo.

Gli ebrei strozzavano la Rivelazione al tempio.

Il tempio era tutto; l'ideale israelitico si riduceva a questo: contemplare l'umanità intera genuflessa attorno al tempio; attorno cioè al luogo, ch'era il solo, nel mondo, in cui Dio potesse esser trovato, cadendo in questo modo nel peccato di “divinazione”.

Stefano, nel suo discorso vuole fare comprendere al popolo di Israele che Dio ha un piano in progressiva rivelazione; le Sue benedizioni non sono limitate al tempio.

Israele non deve “opporre resistenza a Dio”.

Stefano addita con due appellativi significativi:

- gente di collo duro: ovvero ostinati e recidivi nel continuare a peccare (la loro risposta sarà coerente quando continueranno a lapidare Stefano cfr v. 59);

- incirconcisa di cuore e di orecchi: ovvero infedeli al patto e “sordi” a causa del loro “tapparsi le orecchie e dare in alte grida (la loro risposta sarà coerente quando si predisporranno a lapidare Stefano cfrv. 57);

 

***

Essi, udendo queste cose, fremevano di rabbia in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui.

La parola originale ( διαπριω) vuol dire, propriamente, segare, fendere con la sega; qui, nel senso figurato, vale accendersi d'ira, di rabbia, rodersi internamente.

Si tratta di uno scoppio di rabbia frenetica.

 

***

Ma Stefano, pieno di Spirito Santo, fissati gli occhi al cielo, vide la gloria di Dio e Gesù che stava alla sua destra, e disse: «Ecco, io vedo i cieli aperti, e il Figlio dell'uomo in piedi alla destra di Dio».

Non si tratta della ispirazione del momento, ma di uno stato permanente.

Stefano respira a pieni polmoni un'atmosfera, che non è più l'atmosfera viziata del mondo, ma è l'atmosfera santificata dalla continua presenza dello Spirito di Dio.

Stefano vede la gloria di Dio!

Egli aveva cominciato il suo discorso parlando "dell'Iddio della gloria" e finisce con la visione "della gloria di Dio" con una visione, che non è, dei sensi, ma dell'anima.

Stefano non sente il digrignare dei denti dei suoi nemici; non vede più il Sinedrio; dimentica che egli è un accusato dinnanzi a dei giudizi inesorabili e parziali.

Lo Spirito Santo lo porta sulle sue potenti e purissime ali verso i cieli, che si aprono davanti agli occhi della fede del martire, per mostrargli Gesù (il Figlio dell’uomo) in tutta la grandezza della sua divina maestà pronto a dargli aiuto (in piedi) nell'estremo momento della persecuzione.

Stefano ha lo sguardo del pellegrino, puntato in alto, nei cieli, dove c’è suo Padre, il suo Dio, la sua casa, il suo tempio, il suo premio, il suo tesoro!

Stefano sa dove guardare:

Anche noi, dunque, poiché siamo circondati da una così grande schiera di testimoni, deponiamo ogni peso e il peccato che così facilmente ci avvolge, e corriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta.

Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l'infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio.

Considerate perciò colui che ha sopportato una simile ostilità contro la sua persona da parte dei peccatori, affinché non vi stanchiate perdendovi d'animo. (Ebrei 12:1-3)

 

Stefano vede ciò che vide già Daniele:

Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d'uomo; egli giunse fino al vegliardo e fu fatto avvicinare a lui; gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto.

(Daniele 7:13-14)

 

Stefano vede quello che anche Giovanni vedrà:

Poi vidi, in mezzo al trono e alle quattro creature viventi e in mezzo agli anziani, un Agnello in piedi, che sembrava essere stato immolato, e aveva sette corna e sette occhi che sono i sette spiriti di Dio, mandati per tutta la terra.

Egli venne e prese il libro dalla destra di colui che sedeva sul trono. (Apocalisse 5:6-7)

***

 

Ma essi, gettando grida altissime, si turarono gli orecchi e si avventarono tutti insieme sopra di lui; e, cacciatolo fuori dalla città, lo lapidarono.

 

La risposta degli israeliti è pienamente conforme a quanto detto da Stefano, ostinati e sordi.

 

La scrupolosa legale osservanza della lettera prevede che il condannato per bestemmia sia portato fuori dalla città:

Il figlio di una donna israelita e di un Egiziano, trovandosi in mezzo a degli Israeliti, venne a diverbio con un figlio d'Israele.

Il figlio della israelita bestemmiò il nome del SIGNORE e lo maledisse; perciò fu condotto da Mosè.

La madre di quel tale si chiamava Selomit ed era figlia di Dibri, della tribù di Dan.

Lo misero in prigione, in attesa di sapere che cosa il SIGNORE ordinasse di fare.

E il SIGNORE parlò a Mosè, e gli disse: «Conduci quel bestemmiatore fuori dal campo; tutti quelli che lo hanno udito posino le mani sul suo capo e tutta la comunità lo lapidi. Poi dirai ai figli d'Israele: "Chiunque maledirà il suo Dio porterà la pena del suo peccato. Chi bestemmia il nome del SIGNORE dovrà essere messo a morte; tutta la comunità lo dovrà lapidare. Sia straniero o nativo del paese, se bestemmia il nome del SIGNORE, sarà messo a morte.

( Levitico 24:10-16 )

La legge, ad accentuare il fatto della grave responsabilità che pesa sui testimoni, esigeva che questi fossero i primi a prender parte all'applicazione della pena, nei casi di condanna a morte:

Il condannato sarà messo a morte in base alla deposizione di due o di tre testimoni; non sarà messo a morte in base alla deposizione di un solo testimone.

La mano dei testimoni sarà la prima a levarsi contro di lui per farlo morire, poi la mano di tutto il popolo; così toglierai via il male di mezzo a te. ( Deuteronomio 17:6-7)

Gesù si riferisce a quest'articolo di legge, nel fatto della donna adultera:

E, siccome continuavano a interrogarlo, egli, alzato il capo, disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei»  ( Giovanni 8:7)

Stefano, proprio come il Suo Maestro:

- assiste alle grida altissime di chi vuole condannarlo:          …essi gridarono tutti insieme: «Fa' morire costui e liberaci Barabba!» (Luca 23:18)

- vede il suo popolo rifiutare di udire la Parola

- viene portato fuori dalla città per essere giustiziato

 

***

I testimoni deposero i loro mantelli ai piedi di un giovane, chiamato Saulo.

La veste ampia, svolazzante che i giudei portavano a modo di mantello impediva ai testimoni la libertà dei movimenti; quindi è che "le misero giù ai piedi di Saulo".

Saulo è qui nominato per la prima volta, Luca ha voluto citare la sua precedente ostinatezza al vangelo per poi esaltarne l’opera compiuta.

Di Saulo sappiamo che:

- veniva dalla tribù di Beniamino (cfr Filippesi 3:5);

- gli avevano dato il nome d'un re: Saul.

- suo padre, probabilmente come liberto, aveva ottenuto, dopo un certo tempo di schiavitù passato a Roma, la cittadinanza romana (cfr Atti 22:28),successivamente si era stabilito in Cilicia, a Tarso, ove Saulo nacque (cfr Atti 22:3).

- ricevette l'educazione religiosa, l’educazione secolare nelle scuole di lettere e filosofia che a Tarso erano famose.

- il padre gli permise di passare alcuni anni a Gerusalemme alla scuola di Gamaliele (cfr Atti 22:3), per poi tornare a Tarso per darsi all'arte "delle tende o delle vele" (cfr Atti 18:3); alla manifattura, cioè, dei tessuti di pelo di capra, ch'era la principale industria di Tarso.

Ai giorni del martirio di Stefano Saulo era in Gerusalemme e faceva parte della Sinagoga "di quei di Cilicia" (cfr Atti 6:9).

Aveva aderito al partito dei farisei (cfr Filippesi 3:5); e quando ebbe udito la predicazione di Stefano che colpiva il farisaismo alle radici, uscì dal gelido riserbo consigliato dal suo maestro (cfr Atti 5:35,39), e si diede nella lotta aperta contro il cristianesimo.

 

***

E lapidarono Stefano che invocava Gesù e diceva: «Signore Gesù, accogli il mio spirito».

Poi, messosi in ginocchio, gridò ad alta voce: «Signore, non imputare loro questo peccato». E detto questo si addormentò.

…Signore Gesù, accogli il mio spirito

Stefano ha imparato “come morire” dal Maestro: Il Figlio rimette il suo spirito nelle mani del Padre (cfr Luca 23:46); il discepolo rimette il suo nelle mani del Figlio.

…Signore, non imputare loro questo peccato

Stefano ha imparato “come morire perdonando” dal Maestro: questa preghiera d'intercessione è l'eco della preghiera di Gesù crocifisso (cfr Luca 23:34).

…si addormentò,

Il Figlio di Dio non muore, si addormenta:

Ed ecco, la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si schiantarono, le tombe s'aprirono e molti corpi dei santi, che dormivano, risuscitarono; e, usciti dai sepolcri, dopo la risurrezione di lui, entrarono nella città santa e apparvero a molti. (Matteo 27:51-53)

Fratelli, non vogliamo che siate nell'ignoranza riguardo a quelli che dormono, affinché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza. Infatti, se crediamo che Gesù morì e risuscitò, crediamo pure che Dio, per mezzo di Gesù, ricondurrà con lui quelli che si sono addormentati.

Poiché questo vi diciamo mediante la parola del Signore: che noi viventi, i quali saremo rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo quelli che si sono addormentati; perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore.

Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole. (1 Tessalonicesi 4:13-18)

I primi cristiani avevano ragione di chiamare i loro luoghi di sepoltura: cimiteri (Κοιμητηριον) in greco, (latino coemeterium) che vuole dire luogo ove si dorme; luogo dove uno riposa.

E Saulo approvava la sua uccisione.

Era consenziente, cioè, aveva approvato, aveva, applaudito (cfr Atti 22:20).

Più tardi egli imparerà che chi applaudisce un misfatto non è, meno colpevole di colui che lo compie:

Essi, pur conoscendo che secondo i decreti di Dio quelli che fanno tali cose sono degni di morte, non soltanto le fanno, ma anche approvano chi le commette. (Romani 1:32)

Gianni Marinuzzi